Il diario

La parola diario deriva dal latino diarium e ha la stessa radice della parola dies, che significa“giorno”. Un diario, infatti, si scrive quasi quotidianamente.

Anche il diario come l’autobiografia è un testo soggettivo, in quanto i pensieri, le esperienze, i problemi dell’autore ne sono al centro.

Come nell’autobiografia, narratore e protagonista coincidono, tuttavia, a differenza dell’autobiografia, l’autore non scrive per un destinatario esterno, ma per sé stesso, ciò è confermato dal fatto che quasi sempre la pubblicazione di questi testi è postuma, ossia avviene alla morte dell’autore.

 

Il linguaggio utilizzato è informale, cioè colloquiale, semplice, a volte le annotazioni sono frammentarie, prive di unità e organicità, proprio perché il diario personale non è pensato per la lettura da parte di un pubblico.

I tempi verbali più usati sono:

• il presente per le riflessioni;

•il passato prossimo per le narrazioni perché i fatti registrati sono accaduti da poco tempo.

Ma che cosa spinge a scrivere un diario? Probabilmente il bisogno di guardarsi dentro, di comprendere sé stessi, di fissare nel tempo fatti e riflessioni e soprattutto di comunicare i propri pensieri a qualcuno (il diario è spesso concepito come un amico immaginario) che non possa giudicarci per come realmente siamo.

Le caratteristiche formali del diario sono:

• la data, che si appone in alto a destra; qualche volta essa è accompagnata dall’indicazione dell’ora e del luogo;

• l’intestazione, ossia il nome dell’amico immaginario a cui ci si rivolge;

•una parte centrale di riflessione o narrazione di fatti;

•il congedo, cioè i saluti e la firma.

 

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