Quando vi è crisi la domanda ricorrente è “come posso vendere quando nessuno compra?”, ovvero “come posso vendere quando i consumatori, spaventati dalla crisi, sono meno propensi a spendere, anche a causa di una minore sicurezza e fiducia nel futuro”?
Pensare al “nessuno compra” anziché al “perché la gente compra” rischia di far precipitare il venditore in un pensiero negativo che lo allontanerebbe irrimediabilmente dal “creare un’atmosfera che invogli la gente a comprare”.
In momenti in cui si modificano i bisogni dei consumatori, la domanda giusta da porsi è: “come rispondo alle nuove esigenze, in un nuovo contesto”?
Vivere la crisi come opportunità di sviluppo, vuol dire vivere la vendita come necessità di ottimizzare il momento di contatto e di relazione con a clientela, inteso come una vera e propria “partnership”, modificando il proprio processo di fidelizzazione, tenendo conto dei suoi bisogni concreti e materiali, ma anche di quelli interiori, nonché delle aumentate resistenze emotive all’acquisto.
Le aziende pensano a come re-ingegnerizzare il loro prodotti, al fine di produrre beni e servizi più economici, ma tutto ciò richiede investimenti importanti e tempo, elementi che molte “società” non hanno propriamente a disposizione.
Anche una diffusa liberalizzazione di servizi e infrastrutture potrebbe generare un volano virtuoso, ma richiederebbe una volontà politica capace di reggere e vincere una conflittualità intensa.
Ancora oggi, e non sappiamo se, purtroppo o per fortuna, vi è ancora una risposta che non si concentra tanto sulla qualità dei prodotti, ne sull’efficienza della loro catena, quanto sulla capacità di vendere in maniera superiore, soprattutto pensando ai beni durevoli, complessi e tecnologici.
Partendo dall’assunto che non è un prodotto eccellente che fa un’azienda sana, ma è la sua capacità di vendere e fare profitti su prodotti e servizi, sarebbe forse più economico, veloce e produttivo ricercare un’ottimizzazione delle modalità di vendita, per le quali è difficile, se non impossibile, trovare un qualunque processo innovativo, significativamente efficace, negli ultimi 20/30 anni.
Per quanto, nella congiuntura in cui siamo, più che la capacità dei singoli, sarebbe richiesta un’azione di tipo sistemico, ancora oggi le vendite sono affidate alle abilità di manager e venditori, al loro fiuto commerciale, ed al loro equilibrio interiore, ed alle risposte che sanno darsi e dare.
In questi momenti credere in se stessi è più che mai indispensabile, un vero impegno quotidiano di auto convincimento ed auto incoraggiamento.
Credere nelle proprie possibilità (capacità – prodotto – azienda) genera fiducia, ed avere fiducia ci da la forza di credere di poter riuscire.
Ricercare le opportunità dove tutti vedono i limiti, mantenendo un atteggiamento positivo ed intravedendo le possibilità anche in situazioni che sembrano negative e d’ostacolo, è la premessa per predisporsi a risolvere i problemi.
Avere un atteggiamento positivo non è una caratteristica comune, è facile incontrare gente che tende a sviluppare un cinismo sfinente e irreversibile; criticare e criticarsi è inversamente proporzionale all’avere successo ed è una gran perdita di tempo.
Oggi più che mai la vittoria che chiamiamo successo va alla persona più equilibrata, preparata, fiduciosa in sé stessa, disciplinata e responsabile, che vede le opportunità laddove tutti vedono i rischi.
Il saggio dice “l’uomo non fallisce quando cade, ma quando smette di rialzarsi”.