Come fare per avere informazioni dai nostri collaboratori

Veniamo a conoscenza, in ritardo e in modo indiretto, di alcuni problemi con un Cliente, piuttosto che di una problematica potenzialmente risolvibile con un collaboratore,.

Una linea di prodotti che si è rivelata fallimentare giunge per la prima volta alla nostra attenzione, in quanto oggetto di una deludente relazione trimestrale.

In ognuno di questi casi qualcuno avrebbe dovuto informarci prima.

Riflettiamo un momento: incoraggiamo gli altri a riferirci le cattive notizie, così come le buone?

Come fare per avere tutte le informazioni essenziali il più possibile vicino ad un “tempo reale”?

Quanto dei punti a seguire ci appartiene, totalmente o anche solo in parte?

  1. Siamo accessibili.

Se ci troviamo spesso fuori città o dall’ufficio o, più semplicemente, è difficile contattarci o incontrarci, è probabile che i nostri collaboratori finiscano con lo scoraggiarsi e rinuncino a tenerci informati; una porta chiusa è spesso un limite invalicabile.

  1. Facciamo in modo che le persone possano incontrarci in privato.

Le persone che lavorano con noi devono avere l’opportunità di incontrarci privatamente, specialmente quando le notizie che hanno da riferire potrebbero generare imbarazzo per loro o per noi stessi.

  1. Impariamo ad ascoltare.

Alcune persone pensano che i loro collaboratori semplicemente non li stiano tenendo sufficientemente informati; spesso si distraggono al punto da non assorbire gran parte delle informazioni che vengono loro recapitate.

  1. Formare i propri collaboratori a comunicare in modo efficace.

Mandateli a dei seminari o corsi di formazione dove possano imparare a trasmettere messaggi precisi, tempestivi e comprensibili

  1. Non “puniamo” chi ci porta cattive notizie.

Evitiamo di arrabbiarci con la persona che non ci porta buone notizie.

Dirigiamo la nostra attenzione verso ciò che può essere fatto per evitare che il problema si presenti di nuovo, piuttosto che inveire verso la persona che l’ha causato, o lo ha riportato.

  1. Non manifestiamo preoccupazione quando riceviamo cattive notizie.

Se i collaboratori pensano che le cattive notizie ci causino una certa angoscia, potrebbero anche volerci proteggere da ulteriori dispiaceri

  1. Facciamo si che i nostri collaboratori comprendano l’importanza del loro lavoro.

Quando i collaboratori hanno una visione ristretta del loro lavoro, possono non rendersi conto dell’importanza di avvisare gli altri per qualche cambiamento, sia positivo che negativo, avvenuto in esso.

Mostriamo alle persone in che modo i loro esiti positivi ed i loro insuccessi sono direttamente connessi ai nostri.

  1. Non infastidiamoci quando ci forniscono informazioni che già conosciamo.

Ci sono persone che diventano scortesi quando vien loro riferito qualcosa di cui sono già a conoscenza. Quasi aggrediscono i collaboratori con un  “Lo so!!!”.

Questo obbliga gli altri ad essere selettivi ed esitanti nel comunicare le notizie.

  1. Non infastidiamoci quando ci fanno delle domande.

Certe persone si spazientiscono con chi fa loro delle domande, specialmente se ritengono che questi dovrebbero già conoscere da soli le risposte.

Una volta provata la scottatura derivante da questo atteggiamento intollerante, gli altri tenderanno a manifestare una certa chiusura

Se rispondiamo positivamente almeno al 50% di questi requisiti, e soprattutto rispettiamo al 100% il punto 1), non dovremmo avere particolari problemi, ma in caso contrario ………

Le squadre si fidano di giocatori fidati

Non aver paura di quelli che discutono, ma di quelli che si imboscano” – Wolfram Von Eschenbach –

L’affidabilità è importante per il successo di ogni squadra.

Lo si capisce quando si hanno persone nel team su cui si può contare, lo capiamo quando facciamo conto sugli  altri e quando gli altri fan conto su di noi.

L’essenza dell’affidabilità può essere definita in:

1.      Motivazioni pure. Aristotele diceva “facciamo tutto mirando a qualcos’altro”. Che si sia o meno d’accordo, è meglio concedere alle persone, e alle loro motivazioni, quantomeno il beneficio del dubbio fino a prova contraria. Se nel team qualcuno antepone sistematicamente se stesso e il suo ordine del giorno, dimostra di non essere affidabile.

2.      Responsabilità. La capacità di assumersi responsabilità è qualità comune a tutte le persone di successo. Mentre la motivazione ci dice perché le persone sono affidabili, la responsabilità indica che vogliono essere affidabili.

3.      Un modo di pensare sano. L’affidabilità significa qualcosa di più del semplice desiderio di assumersi delle responsabilità; questo desiderio deve essere accompagnato da un buon discernimento per essere utile alla squadra.

4.      Un contributo costante. Se non possiamo contare sui compagni di squadra continuamente, allora non potremo mai contare su di loro. La costanza richiede più del talento, è quella qualità che ci permette di ultimare le cose per quanto si sia stanchi, distratti o sopraffatti. Winston Churchill ha detto “Non basta fare del nostro meglio, talvolta dobbiamo fare ciò che ci è richiesto”.

I nostri compagni di squadra possono contare su di noi?

Possono fidarsi delle nostre motivazioni?

Prendiamo decisioni valide su cui gli altri possono fare affidamento?

Offriamo buoni risultati con costanza, anche quando non ne abbiamo voglia?

Siamo giocatori fidati, o veniamo esclusi dagli altri quando arriva il momento critico?

Controlliamo le nostre motivazioni ed i nostri obiettivi, quanti portano vantaggio alla squadra (famiglia, azienda, sport, volontariato, ecc.) di cui facciamo parte, e quanti giovano solo a noi?

Spendiamo un po’ di tempo per allineare le priorità personali con quelle del team?

Se ci rendiamo conto che “la nostra parola” non è valutata affidabile come ci aspetteremmo, non cerchiamo di giustificarci, ma chiediamo gentilmente di farci degli esempi.

Se ci rendiamo conto di “non essere affidabili”, cominciamo a prendere nota degli impegni che assumiamo e verifichiamoli periodicamente nel loro itinere e nel modo con cui i portiamo a conclusione.

Gli altri sono uno specchio formidabile.

Facciamo aiutare da qualcuno a cui dover rendere conto, è sufficiente un compagno di cui abbiamo rispetto, che sia disposto ad aiutarci a mantenere gli impegni.

Non dobbiamo mai sottovalutare i vantaggi a lungo termine che l’affidabilità ci può procurare.

Sviluppare una personalità robusta

“Il dominio di sé, non solo è in se stesso una grande virtù, ma sembra che tutte le altre virtù derivino da esso il loro principale lustro” – Adam Smith –.

La virtù più importante che possiamo sviluppare per raggiungere il successo e realizzare i nostri progetti è l’abitudine all’autodisciplina, ovvero “far fare a noi stessi ciò che va fatto, quando va fatto, che ci piaccia o meno”; l’autodisciplina non solo è la chiave d’accesso all’autopadronanza ed all’autocontrollo, ma è in relazione diretta con l’autostima.

Ogni atto di autodisciplina rafforza contemporaneamente ogni altro comportamento controllato, di conseguenza, ogni suo cedimento ci indebolisce; è una questione di “pratica”.

Credo che l’abitudine mentale più utile che possiamo acquisire sia l’ottimismo, e se è vero che noi diventiamo ciò che pensiamo per la maggior parte del tempo, è anche vero che si impara ad essere ottimisti, così come si impara ad essere pessimisti.

Gli ottimisti pensano a cosa vorrebbero e a come fare per ottenerlo, a dove sono diretti e come arrivarci, e l’idea stessa di pensare a ciò che desiderano li rende felici e positivi, ostacoli e limiti aumentano la loro energia e sprigionano la loro creatività, “e se qualcosa va male? … pazienza, andrà meglio la prossima volta!!!”.

I pessimisti al contrario pensano all’opposto, pensano e parlano di ciò che non vogliono per la maggior parte del tempo, pensano alle persone che non apprezzano, ai problemi che hanno o hanno avuto in passato, e a chi dare la colpa per una determinata situazione. E più pensano a ciò che non vogliono e a chi incolpare dei loro problemi, più diventano negativi e astiosi, “e se qualcosa va male? … ecco lo sapevo, mai che me ne vada bene una!!!”.

Una branchia della medicina, la psiconeuroimmunologia, dice che la qualità del nostro pensiero ha un impatto enorme sulla forza del nostro sistema immunitario; recenti studi hanno sviluppato il profilo di quella che viene definita “personalità robusta” … si tratta di un soggetto che sembra rispondere positivamente ed efficacemente alle avversità e alle sconfitte: di fondo è ottimista e ha il pensiero rivolto al futuro.

Sembra che, sempre secondo gli studi, più siamo ottimisti, più il nostro corpo e la nostra mente siano forti e resistenti, maggiore sia la nostra energia ed i ritmi di ripresa dalla fatica più rapidi, ci ammaleremo raramente, e se dovesse accadere reagiremmo immediatamente.

L’abitudine all’ottimismo si acquisisce imponendosi di rivolgere i propri pensieri e le proprie parole a ciò che si vuole, distogliendoli da ciò che non si vuole.

Gli ottimisti si concentrano per raggiungere ciò che per loro ha importanza e valore, rilasciando un flusso costante di endorfine che donano loro una sensazione di felicità e benessere: ribadiamolo ancora una volta … l’ottimismo è un’abitudine e come tutte le abitudini si acquisisce mediante pratica e ripetizione, attività che qualcuno ha paragonato al “fitness mentale”.

Gli ottimisti vivono e si godono il presente, senza trascurare le prospettive di lungo termine.

Si proiettano in un futuro ideale tipo “chi/cosa vorrei essere-avere o fare idealmente nell’immediato futuro”, poi osservano il presente chiedendosi cosa possono fare da subito per cominciare ad accorciare la distanza tra dove sono e dove vorrebbero essere.

Vivere e godersi il presente, ma non trascurando l’abitudine di una prospettiva di lungo termine, permette una maggiore chiarezza rispetto a ciò che vogliamo per il nostro futuro, e quindi ci permetterà di prendere, nel presente, decisioni migliori e più appropriate.

Proprio come si raggiunge una buona forma fisica frequentando una palestra e svolgendo regolarmente gli allenamenti, ecco che, esercitando questi orientamenti con la nostra mente, acquisiremo una buona forma mentale, diventando positivi ed ottimisti.

Armonia con se stessi

La realtà dipende anche dell’idea che noi ce ne facciamo; non è il destino a costruire la nostra vita, ma siamo noi, col nostro atteggiamento.

Se siamo scontenti, delusi, scoraggiati, tutto ciò che intraprenderemo ne risentirà negativamente, se siamo ottimisti, fiduciosi, entusiasti, le probabilità di successo sono già alte in partenza.

L’atteggiamento non influisce direttamente sugli eventi, ma indirettamente, attirando la simpatia e il consenso delle persone (ovvero l’esatto contrario) che col passare del tempo si tradurranno in effetti concreti.

L’idea che abbiamo di noi stessi e del mondo diventa determinante per lo sviluppo del nostro futuro, in cui mettere il luce aspetti sempre nuovi di noi stessi, per creare realtà sempre più adatte al presente, e non a modelli passati.

Per raggiungere un luogo che non conosciamo, dobbiamo accettare il rischio di prendere un cammino che non conosciamo.

La qualità della nostra vita va misurata in base a quanto sappiamo assaporare pienamente tutto ciò che l’esistenza ci offre, quando risvegliamo i sensi, rispettiamo i sentimenti, valorizziamo le idee, diamo forma ai sogni e agli ideali.

L’importante è procedere con un atteggiamento di apertura e disponibilità, di attenzione interna ed esterna, attenzione a sé e agli altri, a ciò che vogliamo dalla vita e a ciò che la vita vuole da noi.

Si comincia da se stessi, per arrivare agli altri, e poi tornare a sé, e ancora agli altri, in un circolo virtuoso che si autoalimenta costantemente.

Per benessere si intende quel rapporto di armonia tra mente, corpo e spirito, che porta a vivere un senso di soddisfazione, di pienezza, e, in ultima istanza, di felicità

Laddove si riesce a creare una continuità, basata sull’essere, tra la vita privata e quella professionale, trovandosi nelle condizioni di poter mettere a frutto le proprie inclinazioni, talenti, potenzialità, potremo esprimerci fluidamente nel fare, vivendo in modo soddisfacente e automotivante.

Vivere meglio con se stessi (e con gli altri) è possibile ed è molto più semplice di quanto si possa pensare.

Mettersi in gioco, essere più consapevoli, aperti, ricettivi, disponibili al cambiamento, sono le chiavi di volta.

Perseguire l’armonia con se stessi necessita di obiettivi qualitativi, non quantitativi.