I vantaggi economici della soddisfazione

La cosa che oggi conta maggiormente è la soddisfazione del cliente.

Il cliente non soddisfatto smetterà di servirsi da noi, e tutto quello che facciamo, e faremo, per raggiungere la qualità e fornire un servizio eccellente, non avrà alcuna importanza se non ci riconoscerà la sua soddisfazione.

E’ una verità tuttora assodata che i clienti soddisfatti aumentano la quantità e la frequenza degli acquisti, comprando sempre di più, tornando sempre più spesso, mandando, inoltre, i loro parenti e amici.

C’è un legame diretto tra vendite, servizio, soddisfazione e guadagni; più il cliente è soddisfatto e più spende, e più il cliente spende maggiore è il profitto per il suo fornitore.

Come è possibile sapere ciò che il cliente chiede, vuole o aspetta?

Basta chiedere: è molto semplice, facciamogli delle domande e poi diamogli ciò che desidera, e anche di più, così dalla soddisfazione potrà nascere l’entusiasmo.

Maturare questa consapevolezza rappresenta la condizione essenziale non solo per realizzare gli obiettivi di business, ma anche per garantire la continuità nel tempo.

La limitata differenziazione dei prodotti/servizi comporta la necessità di sostenere la propria offerta attraverso lo sviluppo della qualità del rapporto, puntando a massimizzare “il valore complessivo” percepito dal cliente.

La soddisfazione, come è noto, è una reazione emotiva, conseguente all’esperienza maturata ed è misurabile attraverso la differenza  riscontrabile tra attese risposte nel prodotto/servizio, e la percezione relativa all’esperienza d’uso.

Le aspettative, evidenziate in termini di prestazione attesa, sono influenzate dalla comunicazione messa in atto dall’azienda e dal contesto esterno: offerta dei concorrenti, passa parola, ecc..

La loro soddisfazione, o la loro delusione, sono il vero fattore critico di successo per chiunque.

C’è una stretta relazione tra soddisfazione e fedeltà.

Una ricerca effettuata dalla Anjoy Research Inc. asserisce che un aumento della fedeltà dal 60% al 65% (+5%) può portare ad una crescita del fatturato del 15%, ed a questo occorre aggiungere che la letteratura in materia ha mostrato come il costo di mantenimento di un cliente è di gran lunga inferiore (sino a 5 volte) rispetto al costo di acquisizione di uno nuovo.

Anche se in alcuni casi, in situazioni di forte competizione, il cliente può scegliere un nuovo fornitore indipendentemente dal giudizio di soddisfazione espresso nei confronti di quello tradizionale, in generale è possibile affermare che soddisfarne le esigenze e porsi nella sua ottica, nella maggioranza dei casi equivale a:

  • Fidelizzarlo
  • Mantenere ed accrescere le quote di mercato
  • Aumentare i profitti aziendali
  • Migliorare la propria immagine

In definitiva, capire le necessità ed i bisogni del cliente in tutte le “fasi del suo ciclo di vita”, prevenirli (ove possibile) e soddisfarli (prima degli altri) vuol dire metterlo in condizione di percepire la nostra attenzione nei suoi confronti, inducendolo a preferirci rispetto ai nostri competitor.

L’importanza di essere creativi

In tempi difficili come i nostri, solo un flusso incessante di innovazioni può garantire ad un’impresa di competere e prosperare.

Occorre creatività per aumentare l’efficienza e la produttività, per immaginare e attuare procedure operative più economiche e più efficaci, per migliorare la qualità di prodotti e servizi e per far fronte ai problemi sempre più ardui e costosi di un mondo esterno in rapidissima evoluzione.

Occorre creatività per sviluppare prodotti e processi nuovi, per concepire efficaci strategie di marketing, per lanciare campagne di vendita vincenti o per trovare armi sempre nuove contro sempre nuove situazioni e sfide esterne.

Oggi un’impresa incapace di rinnovarsi non può sopravvivere a lungo nel mondo degli affari.

Secondo analisi e ricerche si stima che circa il 90% del volume delle vendite delle aziende di successo sia costituito da prodotti che soltanto dieci/quindici anni fa erano ignoti al mercato.

La creatività ha un ruolo fondamentale nella filosofia, nel problem solving e nei processi decisionali di quasi tutte le funzioni aziendali: management, pianificazione, comunicazione, marketing, pubblicità, vendite, relazioni pubbliche, finanza, rapporti con i sindacati e con il personale, ricerca del personale, automazione dell’ufficio, ecc. ecc.

La caratteristica più importante delle imprese creative di successo è un management che si rifiuta di accettare passivamente le soluzioni già sperimentate e collaudate e le situazioni di fatto.

Invece di seguire ciecamente le procedure consolidate, e di percorrere stancamente rassicuranti strade battute, i manager creativi sono sempre disposti ad esaminare ed utilizzare le nuove idee creative, senza timore dei rischi, anche rilevanti, che esse comportano.

L’impresa cresce perché viene regolarmente nutrita con nuove idee.

Utile nella prosperità e nella stabilità, un costante ricorso alle innovazioni diviene necessario in tempi d’incertezza, quando valori ed obiettivi cambiano, e problemi nuovi sorgono di continuo.

In un mondo che diventa sempre più complesso, non è più possibile affidarsi ciecamente alle tecniche collaudate e all’analisi razionale: troppe tecniche collaudate si dimostrano ormai incapaci di risolvere i problemi, e le soluzioni razionali non garantiscono più la competitività.

La creatività non è solo una dote che aiuta a risolvere i problemi scolastici o a primeggiare nei giochi di società, è uno degli strumenti più efficaci per garantirsi la competitività attraverso il cambiamento costruttivo: in un contesto imprenditoriale illuminato, essa è sovrana.

Troppe aziende non fanno ancora abbastanza per incoraggiare l’innovazione; troppe procedure obsolete, e quindi da rinnovare, restano invece operative.

Il fatto è che in molte di esse l’innovazione non trova un clima favorevole: si va dall’indifferenza all’ostilità, non solo passiva, ma in molti casi attiva.

Un atteggiamento del genere finisce nello scontro frontale tra menti creative e menti esecutive.

Naturalmente la maggior parte dei dirigenti si dichiara, in buona fede, sempre ben disposta ad esaminare una nuova idea, ma l’esperienza insegna che nella maggior parte dei casi si tratta unicamente di pie intenzioni.

La frase classica è “Caspita, questa si che è una buona idea! Studiala bene nei dettagli e poi torna”.

Questo è il modo migliore per affossare qualunque idea; quanti collaboratori hanno il tempo, la preparazione, gli strumenti e le risorse per poter sviluppare l’idea?

Nella maggior parte delle aziende manca ancora oggi la consapevolezza dell’importanza della creatività, e quindi la sincera volontà di ascoltare ed appoggiare le idee nuove.

I più dei creativi, non sentendosi incoraggiati, finiscono per arrendersi pensando “è inutile non mi stanno neanche a sentire, non capiscono”, rientrando così nei ranghi, nella comoda e improduttiva routine.

I manager creativi affrontano il rischio ed avanzano nell’ignoto, perché sanno che, scavando nel deserto, un pozzo alla fine salta sempre fuori, sia esso d’acqua, che di petrolio.

Comunicare significa ascoltare

Lo psicologo Carl Rogers (fondatore della terapia non direttiva) ha scritto: “La principale causa di blocco delle comunicazioni interpersonali è l’incapacità di ascoltare intelligentemente, con spirito di comprensione e con abilità  un’altra persona”.

Si può ritenere che non sia così importante saper ascoltare; ci si potrà chiedere se l’ascoltare dimostrando comprensione è veramente utile o è semplicemente una cortesia.

In realtà è tutte e due le cose: oltre ad essere una buona regola in sé, il sapere è di grande aiuto pratico.

Spesso l’insuccesso di ottenere comunicazioni discendenti efficaci dipende da cattive comunicazioni ascendenti.

Spesso non ci si rende neppure conto di essere un cattivo “ascoltatore”; l’ascoltare è molto di più che tenere le orecchie aperte.

Tuttavia colui che è dotato di una normale sensibilità nei confronti dei suoi interlocutori, riuscirà a migliorare la sua abilità di ascoltare, se si sforzerà di applicare fattori che conducono ad un buon ascolto.

H. Sherman (psicologo e terapista familiare) offre i seguenti 5 suggerimenti a tutti coloro che vogliono migliorare la loro abilità nell’ascoltare.

1.          Ascoltare i nostri interlocutori con la massima attenzione. Se l’interlocutore riceve l’impressione che noi non siamo sinceramente interessati a ciò che egli dice, non si preoccuperà di rivelarci i suoi veri pensieri. Non lasciamoci distrarre mentre egli parla; dobbiamo essere totalmente con lui se vogliamo che egli sia comunicativo.

2.          Fare delle domande esplorative, alle quali non sia possibile rispondere con un sì o con un no. Per esempio, invece di chiedere: “Le ha detto che non poteva?” chiediamo: “A questo punto cosa Le ha detto?”

3.          Usare l’ascolto per riflesso, che ci aiuterà sia a controllare se abbiamo capito ciò che il nostro interlocutore ci ha detto, sia ad incoraggiarlo a continuare. L’ascolto per riflesso consiste nel ripetere, in termini leggermente diversi, ciò che l’altra persona ha appena terminato di dire. Per esempio, il nostro interlocutore ci ha detto: “Questo tipo di problema non mi sembra facile”. La nostra reazione dovrà essere tale da incoraggiarlo a continuare, così da poter scoprire le ragioni che determinano questa sua affermazione. Diremo: “Perché lei ritiene che questo problema non sia facile?”. La sua risposta sarà probabilmente indirizzata a spiegarci le cause e i motivi che creano l’ostacolo.

4.          Captare il tacito messaggio. In ogni comunicazione vi sono due componenti principali: la più ovvia è il contenuto della conversazione, ma l’altra è costituita da sentimenti espressi o sottointesi attraverso il tono di voce, le riflessioni, le pause, ecc. Tutte e due le componenti sono importanti per il significato complessivo del messaggio e noi saremo tenuti a rispondere ad entrambi. Se riceviamo una comunicazione tacita e riteniamo sia opportuno metterla in evidenza e chiarirla, allora diremo qualche cosa che faccia riferimento ad essa, senza però esprimere né approvazione né disapprovazione. Riconoscendo e parlando di sensazioni che il nostro interlocutore ha tacitamente espresso, ci sarà possibile stimolare ulteriori comunicazioni, dandogli la possibilità di esprimersi liberamente.

5.          Evitare di dimostrare approvazione o disapprovazione durante il discorso. Dimostrandoci d’accordo o compiaciuti o dispiaciuti, per quanto egli dice, gli forniremo degli avvertimenti che lo indurranno a reprimere alcuni suoi pensieri o a sollevarne altri. Se vogliamo che continui a parlarci con franchezza, dobbiamo restare neutrali.

In definitiva è  opportuno rendersi disponibili anche a comprendere realmente ciò che l’altro sta dicendo, mettendo anche in luce possibili difficoltà di comprensione.

In questo modo è possibile stabilire rapporti di riconoscimento, rispetto e apprendimento reciproco. L’ascolto deve essere aperto e disponibile non solo verso l’altro e quello che dice, ma anche verso se stessi, per ascoltare le proprie reazioni, per essere consapevoli dei limiti del proprio punto di vista e per accettare il non sapere e la difficoltà di non capire.

Fuori e dentro di noi

Vi è un affermazione che apprezzo particolarmente, attribuita ad un ex dirigente della Xerox “Il compito del leader non consiste solo nel prendere decisioni, ma nel compiere una sintesi che dia un significato alle cose”.

La capacità di sintesi è una qualità alla quale, nel mondo del lavoro, si attribuisce un enorme valore: vedere il quadro generale di elementi apparentemente non connessi, nei dati che pervengono di continuo, alla miriade di informazioni che giungono in una sola giornata.

Quanti quotidiani leggiamo, quante riviste, quanta televisione guardiamo, quanti telegiornali, quanti siti internet visitiamo, quante e-mail riceviamo?

Bene, riusciamo a trarre una sintesi da questa messe di informazioni, riusciamo ad individuare elementi ricorrenti e temi emergenti?

Troviamo un collegamento tra la prima pagina di un quotidiano, i messaggi di posta elettronica, gli ultimi dati di vendita, le nuove tendenze sociologiche, e a far previsioni sulle iniziative che noi, il nostro team e l’azienda dobbiamo intraprendere?

Questa è l’arte della sintesi.

I bravi leader, oggi, raccolgono i dati esterni e li interpretano attraverso un lavoro di sintesi, una sintesi che passa attraverso non più solo attraverso la semplice osservazione del mondo e dei suoi dati in continuo movimento, ma anche attraverso la capacità di sapersi ascoltare guardandosi dentro.

Nel mondo odierno è impossibile operare una sintesi di quanto si osserva all’esterno senza compiere un viaggio interiore.

Riflettiamo, come possiamo comprendere il mondo se non facciamo nessuno sforzo per comprendere noi stessi, stabilendo una relazione viva e dinamica tra il mondo e noi?

Concediamoci tempo per un viaggio interiore, impariamo ad ascoltarci e scoprirci.

Circa venti anni fa ero coinvolto in un progetto formativo multiculturale.

Eravamo tutti formatori provenienti da diverse nazioni europee, con cultura, formazione e storie diverse, ed il tema di riferimento era la “leadership”.

E’ stata una grande esperienza: lingue e linguaggi diversi, la necessità di affidarsi al non verbale per cogliere sfumature e messaggi che le barriere linguistiche talvolta ostacolavano, la disponibilità a mostrarsi, ad ascoltare ed ascoltarsi.

Furono quattro giorni intensi, sempre insieme, tranne il tempo (poco) destinato al riposo, ed alla fine ne scaturirono, per me, alcune decisioni personali mutuate in una serie di comportamenti:

  • Essere tollerante con tutti, ma non tollerare (per me) la mediocrità
  • Avere sempre fiducia nelle mie capacità, posso fare la differenza
  • Non rinunciare mai alla mia integrità
  • Vivere il “rischio” come normalità, senza rischi non vi sono benefici
  • Affrontare  l’isolamento, la separazione e l’intolleranza altrui
  • Entrare in contatto con mondi diversi dal mio, per scoprire me stesso
  • Accettare di cambiare e di mostrarmi diverso

A ben vedere nulla di trascendentale, ma riferirmi a queste modalità , capendo sempre più velocemente dove e perché ne sono distante, imparando a sbagliare di meno, mi permette di poter effettuare una sintesi molto più significativa di ciò che sta fuori e ciò che sta dentro di me, e di comprenderne la differenza.

Non importa che fai, dove sei, con chi  . . . quanto chi sei tu.

E non è mai troppo tardi per essere ciò che potremmo diventare.