Comunicare significa ascoltare

Lo psicologo Carl Rogers (fondatore della terapia non direttiva) ha scritto: “La principale causa di blocco delle comunicazioni interpersonali è l’incapacità di ascoltare intelligentemente, con spirito di comprensione e con abilità  un’altra persona”.

Si può ritenere che non sia così importante saper ascoltare; ci si potrà chiedere se l’ascoltare dimostrando comprensione è veramente utile o è semplicemente una cortesia.

In realtà è tutte e due le cose: oltre ad essere una buona regola in sé, il sapere è di grande aiuto pratico.

Spesso l’insuccesso di ottenere comunicazioni discendenti efficaci dipende da cattive comunicazioni ascendenti.

Spesso non ci si rende neppure conto di essere un cattivo “ascoltatore”; l’ascoltare è molto di più che tenere le orecchie aperte.

Tuttavia colui che è dotato di una normale sensibilità nei confronti dei suoi interlocutori, riuscirà a migliorare la sua abilità di ascoltare, se si sforzerà di applicare fattori che conducono ad un buon ascolto.

H. Sherman (psicologo e terapista familiare) offre i seguenti 5 suggerimenti a tutti coloro che vogliono migliorare la loro abilità nell’ascoltare.

1.          Ascoltare i nostri interlocutori con la massima attenzione. Se l’interlocutore riceve l’impressione che noi non siamo sinceramente interessati a ciò che egli dice, non si preoccuperà di rivelarci i suoi veri pensieri. Non lasciamoci distrarre mentre egli parla; dobbiamo essere totalmente con lui se vogliamo che egli sia comunicativo.

2.          Fare delle domande esplorative, alle quali non sia possibile rispondere con un sì o con un no. Per esempio, invece di chiedere: “Le ha detto che non poteva?” chiediamo: “A questo punto cosa Le ha detto?”

3.          Usare l’ascolto per riflesso, che ci aiuterà sia a controllare se abbiamo capito ciò che il nostro interlocutore ci ha detto, sia ad incoraggiarlo a continuare. L’ascolto per riflesso consiste nel ripetere, in termini leggermente diversi, ciò che l’altra persona ha appena terminato di dire. Per esempio, il nostro interlocutore ci ha detto: “Questo tipo di problema non mi sembra facile”. La nostra reazione dovrà essere tale da incoraggiarlo a continuare, così da poter scoprire le ragioni che determinano questa sua affermazione. Diremo: “Perché lei ritiene che questo problema non sia facile?”. La sua risposta sarà probabilmente indirizzata a spiegarci le cause e i motivi che creano l’ostacolo.

4.          Captare il tacito messaggio. In ogni comunicazione vi sono due componenti principali: la più ovvia è il contenuto della conversazione, ma l’altra è costituita da sentimenti espressi o sottointesi attraverso il tono di voce, le riflessioni, le pause, ecc. Tutte e due le componenti sono importanti per il significato complessivo del messaggio e noi saremo tenuti a rispondere ad entrambi. Se riceviamo una comunicazione tacita e riteniamo sia opportuno metterla in evidenza e chiarirla, allora diremo qualche cosa che faccia riferimento ad essa, senza però esprimere né approvazione né disapprovazione. Riconoscendo e parlando di sensazioni che il nostro interlocutore ha tacitamente espresso, ci sarà possibile stimolare ulteriori comunicazioni, dandogli la possibilità di esprimersi liberamente.

5.          Evitare di dimostrare approvazione o disapprovazione durante il discorso. Dimostrandoci d’accordo o compiaciuti o dispiaciuti, per quanto egli dice, gli forniremo degli avvertimenti che lo indurranno a reprimere alcuni suoi pensieri o a sollevarne altri. Se vogliamo che continui a parlarci con franchezza, dobbiamo restare neutrali.

In definitiva è  opportuno rendersi disponibili anche a comprendere realmente ciò che l’altro sta dicendo, mettendo anche in luce possibili difficoltà di comprensione.

In questo modo è possibile stabilire rapporti di riconoscimento, rispetto e apprendimento reciproco. L’ascolto deve essere aperto e disponibile non solo verso l’altro e quello che dice, ma anche verso se stessi, per ascoltare le proprie reazioni, per essere consapevoli dei limiti del proprio punto di vista e per accettare il non sapere e la difficoltà di non capire.

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