Conosco una persona, un bravissimo piccolo imprenditore e manager di se stesso, che suole ripetere ad ogni piè sospinto, in diversi contesti e situazioni, “non è il prezzo che paghi, ma il valore che ne ricavi”, e questo che si tratti di un investimento nella propria attività, piuttosto che di una scelta ludica o di vita.
Lui mette sempre il valore al primo posto, non lo aggiunge dopo, ed ha pienamente ragione.
Non ho mai capito fino in fondo la filosofia del valore aggiunto, e per quanto si siano sforzati, pochi uomini di marketing sono riusciti a definirmela “concretamente”.
In genere il “valore aggiunto” è rappresentato da una serie di servizi minori che un’azienda offre intorno al “prodotto-servizio” principale, e che qualunque concorrente potrebbe copiare facilmente.
Bisognerebbe contrapporre a tutto ciò la vera filosofia antagonista del “valore prima”.
Personalmente cerco di mettere in mano valore ai miei Clienti, prima ancora di chieder loro di comprare qualcosa; siano esse idee, piuttosto che informazioni commerciali, cerco sempre di “donare” loro qualcosa.
Sono convinto che, prima o poi, come recita il proverbio, “si raccoglie ciò che si semina”, ed è per questo che, pur con tutti i miei limiti, cerco di “seminare valore”.
La semplicità, o la complessità, di questo “approccio commerciale” stanno nel dare, senza avere la pretesa di ricevere: “troviamo qualcosa che il nostro Cliente considera preziosa e diamogliela”.
Se quest’idea migliorerà i suoi affari, è solo questione di tempo e migliorerà anche i nostri.
Questo metodo per vendere, o meglio ancora “per convincere il Cliente a comprare” richiede attenzione e duro lavoro, e molti venditori non hanno “voglia”, e sembrano perciò impossibilitati a fare queste semplici cose che potrebbero rendere più facile la vendita.
Nei miei seminari consiglio sempre tre regole ad ogni tipo di venditore (di servizi, di beni durevoli, ecc.), tre “semplici banalità” che tutti conoscono, ma che in pochissimi applicano.
1. Facciamo “amicizia” prima di iniziare o non iniziare. (uso impropriamente il termine amicizia in quanto breve e intellegibile, ma è naturale che mi riferisco allo stabilire sincere relazioni umane). Quando incontriamo un potenziale cliente in una visita, cerchiamo di stabilire prima di tutto un qualche tipo di contatto, trovando argomenti comuni e, se possibile, ridendo insieme a loro. Mi vien voglia di alzarmi quando un cliente mi dice troppo in fretta “andiamo al sodo”, perché in realtà mi sta dicendo “quanto costi?”. Non aggiudichiamoci le vendite solo sui prezzi, altrimenti saremo sempre in affanno; lasciamo che sia qualcun altro a vendere solo il prezzo, aggiudichiamoci le vendite “sull’amicizia”.
2. Comportiamoci da professionisti, ma parliamo da “amico”. Troppi venditori ritengono di dover essere solo professionali per guadagnare in credibilità, e tendono a irrigidirsi o assumere “una parte” che il più delle volte appare distonica anche nel più formale dei contesti. Cerchiamo di agire in modo professionale, ma cerchiamo di diventare amichevoli. Il venditore formale, normalmente, fa la proposta, e se non chiude torna a casa a mani vuote. Il venditore più “simpatico” (e per simpatico intendo che ha fatto breccia nel proprio interlocutore) pur non chiudendo la vendita, torna “a casa” con un credito per la volta successiva, e per lui, a differenza del primo, il prezzo sarà solo una delle variabili in gioco.
3. La vendita è per il lavoro, il valore è per la fortuna. Questa filosofia viene usata raramente nelle vendite, eppure è quella dei venditori più vincenti e più pagati: quelli che sanno costruire dei rapporti, che non si preoccupano delle loro quote, ma si concentrano sul valore che possono fornire ai clienti.
Ho conosciuto venditori con esperienza pluriennale che, pur condividendo, almeno in teoria, i messaggi, mi hanno sempre risposto con buone dosi d’ironia dicendomi “queste cose sono trent’anni che le sappiamo – quello che lei mi dice l’ho già sentito vent’anni fa”.
Verissimo, c’è solo un piccolo problema, “non le fanno”!!!
Pensano ai loro prodotti (cosa hanno o non hanno in più dei concorrenti), ai prezzi (che sono sempre troppo alti rispetto alla concorrenza), all’investire gli altri con fiumi di parole, quasi azzerando la propria soglia di ascolto: sono troppo orientati a se stessi (e le loro aziende non sono da meno).
Come dire: sulla teoria siamo sempre tutti d’accordo, è la pratica che ci difetta.
E’ luogo comune, ma anche verità, che se tutto il resto è uguale, la gente preferisce fare affari con i propri “amici”, e anche quando tutto il resto non solo non è proprio uguale, ma appare meno vantaggioso, la gente preferisce comunque fare affari con i propri “amici”.