Trasformare i problemi in occasione di crescita

Per la maggior parte di noi sarebbe bene cambiare atteggiamento, e soprattutto strategia, nei confronti degli innumerevoli problemi che ci assillano nella vita quotidiana.

L’etimologia greca della parola problema – proballein, che significa “gettare oltre” – lascia intuire il reale significato dei problemi: qualcosa che ci fa andare oltre i nostri limiti, che ci aiuta a gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Ecco quattro semplici azioni per trasformare i problemi in occasioni di crescita.

Allarghiamo la nostra zona di conforto

Ciascuno di noi si sente a suo agio (confortato) a fare certe cose, mentre altre lo mettono a disagio. Alcuni di noi si sentono a proprio agio a cantare, o a ballare, mentre il parlare in pubblico può crearci grossi problemi. Altri hanno il problema opposto.

Nel primo caso, cantare e ballare sono dentro la nostra zona di conforto, che altro non è che uno spazio “immaginario” all’interno del quale ci sentiamo sicuri e a nostro agio.

Superando il problema, cioè imparando a parlare di fronte alla gente, piuttosto che ballare o cantare se il problema fosse il contrario, avremo ampliato la nostra zona di conforto; i problemi ci fanno migliorare perché espandono le nostre capacità e perché sono sfide che dobbiamo vincere.

Affrontiamo le sfide

Ecco cosa sono i problemi: sfide.

L’uomo medio ama le sfide, ma non i problemi che sono una brutta gatta da pelare.

La sfida è qualcosa di eccitante, di stimolante: consiglio quindi di chiamare sfide i nostri problemi.

Possiamo pensare, ma cosa cambia? E’ solo una questione di parole!

Le parole sono il  modo con cui etichettiamo la realtà ed attaccare un’etichetta piuttosto che un’altra può cambiare tutto: lo sanno bene i maghi del marketing: chiamare una bambola Barbie o Cunegonda non è la stessa cosa.

Troviamo le domande potenzianti

Quando abbiamo un problema, anzi una sfida, è meglio non passare tutto il tempo a rimuginarci su ed imprecare contro il destino.

Cerchiamone invece la soluzione: usiamo il 20% del tempo per analizzare il problema e l’80% per trovarne la soluzione, anziché, fare come la maggior parte delle persone che passa l’80% del tempo a piangere sul problema, piuttosto che a colpevolizzarsi, con domande del tipo: “ma perché proprio a me … perché sono così sfortunato … come ho fatto ad essere così stupido, ecc.?

A domande demotivanti, solitamente corrispondono risposte altrettanto distruttive: “Perché sei un idiota”, “Perché sei sfortunato”, “Perché tutti ti sono nemici”.

Risposte che ci fanno cadere le braccia, per non dire altro; che fanno apparire il problema una montagna altissima, insormontabile.

Se invece ci facciamo domande diverse del tipo: Cosa c’è di buono in questa sfida? Cosa posso imparare? Come posso vincerla? . . .  ci daremo, ed avremo, risposte diverse!!!

Facciamo a pezzi i problemi!

Non sempre basta porsi le domande giuste per risolvere i problemi: spesso serve anche farli a pezzi. Perché i problemi sono come una pietra dura: le domande la ammorbidiscono, ma poi ci vuole uno scalpello che la spacchi in tante parti.

Il nostro scalpello è la nostra capacità di spezzare i problemi grossi, quelli che sembrano troppo grandi per essere affrontati, in problemi di dimensioni più maneggevoli.

I problemi grossi sono infatti quasi sempre la somma di problemi più piccoli.

Il problema va affrontato come se fosse una montagna: se puntiamo subito alla vetta rischiamo di fallire, se invece articoliamo il nostro percorso in tappe ce la possiamo fare.

La differenza tra costruire e distruggere, tra una visione positiva e negativa, tra il credere in se stessi piuttosto che no,  il più delle volte sta proprio qui, anche in questi quattro piccoli accorgimenti.

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