Grandi venditori: qualità innate o che si possono imparare?

Molti pensano che, come per la maggior parte delle cose, o si hanno le qualità, o non si hanno, altri che, aldilà delle qualità intrinseche, nella vendita, come in altre arti, bisogna lavorare duro e studiare per diventare degli eccellenti finalizzatori.
Ci sono ottimi venditori anche tra coloro che non hanno un grande carisma, o che sono introversi.
Quali qualità debbono perciò essere naturali e innate, e quali si possono costruire e imparare?

Manager di se stessi

Diventare manager significa saper interpretare il presente, accettarne le situazioni negative, trasformando i problemi in opportunità (questa affermazione la ritroviamo praticamente in tutti i libri di management).
Ne conseguono le necessarie qualità nella leadership, del time management e del team building.
Ma nella pratica quotidiana cosa permette di costruire, e di mantenere, una buona immagine di sé?

Vendere è veramente diventato così complicato?

Concorrenza aggressiva, offerta indifferenziata, margini risicati, clienti sempre più informati e pigri, complicano la vita di chi, per vivere, deve vendere.
Quasi tutti i venditori, quando sono in crisi, tendono a lamentarsi ed a rimpiangere il passato ed i bei tempi andati.
I venditori sono le persone più furbe del mondo, tutti sanno già tutto: il problema è che il più delle volte non lo fanno.
C’è una bella differenza tra il sapere e il fare le cose.
Come facciamo, allora, a non complicarci la vita?

Sapersi distinguere nella vendita

Vendere più che un’attività creativa è una professione che richiede impegno e disciplina.
Testi, seminari, blog, ecc. ci ricordano quotidianamente che vendita inizia dal cliente, dai suoi bisogni, dalle sue esigenze e dai motivi che lo spingono all’acquisto, tutte cose che conosciamo e che ci vedono concordi, soprattutto quando vestiamo i panni di chi acquista.
Se tutti i venditori si ricordassero che altrettanto vero che “la gente compra in base alle sue idee, e non in base alle nostre”, vendere non solo sarebbe più facile, ma più proficuo per tutti.
Concorrenza aggressiva (chissà perché tutti hanno sempre almeno un concorrente aggressivo), offerta indifferenziata (prodotti e servizi sempre più simili), margini risicati, clienti sempre più informati e pigri, complicano la vita di chi, per vivere, deve vendere: oggi non è più un mondo difficile (come diceva una canzonetta), oggi il mondo della vendita, per molti attori, è diventato impossibile.
Come dicono i guru quali J. Gitomer, ci sono una cattiva e una buona notizia: la cattiva notizia è che il 30% di chi acquista ha come parametro di riferimento il solo prezzo, la buona notizia è che il restante 70% compra convenienza (valore + prezzo).
Se non abbiamo il prezzo, dobbiamo avere quantomeno valore e, quanto più l’offerta è indifferenziata, il valore deve essere più che nei prodotti e nelle soluzioni offerte, nella capacità di dare risposta alle domande, ai dubbi, alle ansie ed al bisogno di rassicurazione dei clienti.
Giunti a questo punto molti di coloro che leggono saranno portati a dire: belle parole, ma questa è solo teoria, il mondo la fuori è completamente diverso, queste cose vanno bene nei corsi di formazione, non nella vita reale.
Quasi tutti i venditori, quando sono in crisi, tendono a lamentarsi ed a rimpiangere il passato ed i bei tempi andati.
Un giorno un venditore andò dal suo capo e gli disse di essere in crisi (parlava di prodotti, prezzi, clienti, ecc.), il suo capo lo ascoltò per tutto il tempo e gli disse “Sei in crisi? O te ne tiri fuori o ti farai sbattere fuori”. Questa frase scosse il venditore che guardò impietrito chi gli stava di fronte, il quale dopo una breve pausa aggiunse “Affinché tu possa essere il meglio per gli altri, devi prima essere il meglio per te stesso”. E quando il venditore gli chiese come poteva fare, egli aggiunse “Devi cambiare la tua filosofia, se non ti piacciono i tuoi risultati, anziché lamentarti del mondo, ricordati che questi dipendono dalle tue azioni. Fissati 10 appuntamenti per settimana prossima e vai dai clienti con un solo obiettivo: ascoltare. Quando stai per dire la tua, fai una domanda di approfondimento su quello che ti hanno appena raccontato”. Il venditore annuì, queste cose le sapeva bene, ma era da tempo che non le applicava più, superato com’era dalla propria routine.
I venditori sono le persone più furbe del mondo, tutti sanno già tutto: il problema è che non lo fanno.
C’è una bella differenza tra il sapere e il fare le cose, quindi anziché pensare “lo so”, chiediamoci “quanto lo faccio bene e quanto posso ancora migliorare”.
E’ solo ponendoci queste domande che impareremo.
Ci sono venditori formidabili che raggiungono i loro risultati con relativa facilità; il segreto del loro successo è talmente semplice, che la maggior parte di chi fa della vendita una professione (soprattutto quelli mediocri) tende a sottovalutarlo o a darlo per scontato.
La loro “leadership con il cliente” non è quella teorica e pomposa che si legge nella maggior parte dei manuali di management, ma quella pragmatica che un Signor Rossi qualunque riconosce al suo fornitore, che il figlio riconosce ad un genitore, che un collaboratore riconosce al proprio manager.
Sono riconosciuti come persone affidabili, accessibili e disponibili a risolvere, e che oltre ad essere presenti “oggi”, ci trasmettono la certezza che, per noi, ci saranno sempre.
Sapersi distinguere è un’arte che gli altri ci riconoscono, ma che parte da noi, e dalla considerazione che abbiamo del mestiere di venditore.
Affinché ognuno di noi possa essere il meglio per gli altri, deve essere prima il meglio per se stesso.

Crearsi una rete di relazioni

Una volta sentii dire da una persona di successo qualcosa che assomigliava a “passo il 99% del mio tempo a creare contatti a livello locale, a costruire una forte presenza sul web, a stabilire dei rapporti utili con dei leader nel mio campo, a parlare ad aziende ed istituzioni e a partecipare alle attività delle associazioni benefiche. Passo il restante 1% a chiedermi qual è il mio lavoro”.

I contatti sociali sono davvero importanti in quanto possono costruire rapporti, creare vendite e generare successo; ovviamente contatti e atteggiamenti sbagliati possono ottenere effetti contrari e distruttivi.

Se le relazioni sono indispensabili, al punto di segnare molte volte la linea di demarcazione tra mediocrità e grandezza, quali sono i motivi per cui le persone tendono a non cogliere l’opportunità di crearsene delle nuove?

Eccone quattro:

1.      Pensano che ci voglia troppo tempo, e loro non hanno voglia di dedicare del tempo;

2.   Hanno un atteggiamento da “non mi pagano abbastanza per fare tutto questo” e sono pertanto destinate alla negatività ed alla mediocrità;

3.      Pensano che fare visite a sorpresa sia un ottimo modo per avvicinarsi al potenziale cliente;

4.      Vorrebbero, ma non sanno né come, né dove.

Se corrispondiamo al motivo numero 4, ciò che segue potrà esserci d’aiuto, se invece corrispondiamo ai tipi da 1 a 3, le informazioni che seguiranno non sono per noi, ma non preoccupiamoci, tanto sappiamo già tutto e questo sarebbe solo un tedioso ripasso.

Crearsi nuovi contatti vuol dire mettere in campo le proprie abilità personali, sociali e di vendita.

Per quanto il crearsi una rete di rapporti sociali è un aspetto obbligatorio per i venditori e gli imprenditori, è comunque la parte più piacevole degli affari.

Chiunque voglia fare carriera o voglia emergere deve crearne.

I grandi scienziati, gli ingegneri elettronici e i chirurghi (tanto per fare esempi) hanno i loro meeting annuali dove si incontrano e “chiacchierano”.

Le fiere internazionali, per quanto in calo di appeal rispetto al passato, attraggono acquirenti e venditori da tutto il mondo.

Quali sono i principi del crearsi una rete di relazioni?

  • Farsi conoscere da chi conta;
  • Ottenere più potenziali clienti;
  • Ottenere più contatti;
  • Vendere di più;
  • Costruire rapporti;
  • Avanzare e progredire nel proprio percorso professionale;
  • Costruirsi una reputazione (e dimostrare coerenza).

Cosa serve per stabilire contatti di successo?

  • Un “ottimo spot di 30 secondi” che attiri e incuriosisca il potenziale cliente/interlocutore, e che ci porti alla fase successiva, se c’è un interesse;
  • La nostra volontà di dedicare il tempo necessario per farlo e raggiungere l’eccellenza;
  • Un piano sul dove e il quando.

Preferire il faccia a faccia significa agire per instaurare rapporti che possano generare conoscenze, dalle quali giungere ad altre conoscenze.

Quante volte non abbiamo avuto alcuna intenzione di andare a quella noiosissima cena?

Eppure anche una noiosissima cena può essere l’occasione di creare nuovi contatti, magari facendoci conoscere da quelli che contano.

Tutto ciò è possibile solo se ci facciamo vedere.

Siamo persone che sanno adattarsi?

Se vogliamo “lavorare” bene con gli altri, dobbiamo essere disposti ad adattarci.
“L’inflessibilità è uno dei peggiori difetti umani. Puoi imparare a controllare l’impetuosità, a superare la paura con la fiducia, e la pigrizia con la disciplina. Ma per la rigidità di mente non esiste alcun antidoto. Essa porta i semi della sua propria distruzione”. (Anonimo)
Quanto di vero c’è nell’affermazione “se siamo disposti a cambiare e ad adattarci avremo sempre una possibilità di vittoria”?

Marketing di se stessi Vendere il punto di vista

Alcuni consulenti si rivolsero “uniti” al responsabile della società che vendeva le loro prestazioni a terzi chiedendo, per il nuovo anno, più del doppio rispetto al precedente.
Questo scosse molto il “boss”, che aveva già programmato il calendario e speso parole con i clienti.
Lasciò passare qualche giorno, li convocò e  disse loro di essere rimasto un po’ scosso dalla richiesta, ma che ne capiva il punto di vista.
Si avvicinò alla “flip chart” e tirando una riga centrale scrisse alla sinistra della stessa la parola vantaggi, e alla destra scrisse svantaggi.
Sotto la colonna vantaggi scrisse “più tempo disponibile” argomentando che certo sarebbe per loro interessante avere libere le circa 50 giornate a testa all’anno che tariffavano con lui, così da poterle impegnare in incarichi più remunerativi.
Poi sotto la colonna svantaggi scrisse “non posso permettermi di pagare una cifra così alta” aggiungendo che, pur rendendosi conto del rischio sui clienti, si vedeva costretto a ricorrere ad altri consulenti, probabilmente meno bravi, ma che però avrebbe potuto permettersi.
Concluse dicendo che si augurava che riflettessero con calma su vantaggi e svantaggi e gli facessero sapere la loro decisione, ed uscì dalla sala riunioni.
Dopo meno di un’ora i “professionals” si affacciarono alla porta del “boss”, proposero e si accordarono, sul più 20% circa rispetto l’anno precedente.
Il fattore critico di successo fu che il manager, anziché avanzare le sue ragioni, mise sul tavolo vantaggi e svantaggi dal punto di vista dei suoi interlocutori, evitando così litigi e drastiche prese di posizione, lasciando alla controparte una “dignitosa” via d’uscita.

Vivere il presente per vincere l’angoscia del futuro

Sebbene legata all’attesa che i nostri progetti si realizzino o meno, e quindi proiettata soprattutto al futuro, l’angoscia guarda anche al passato come suo territorio di appartenenza, al timore che certi ricordi dolorosi, certe scelte infelici, certi eventi negativi possano ripetersi con tutta la loro carica devastante.
Quando l’angoscia assume la figura di “ansia anticipatoria”, facendoci guardare al passato con tensione, non ci permette di vivere in modo leggero e spontaneo, costringendoci nell’ansia della paura di ripetere gli stessi fallimenti.
Possiamo vivere le nostre “debacle” passate al punto da opprimerci e rimanere come paralizzati, rinunciando a progettare, scegliere e desiderare per evitare qualsiasi rischio, oppure possiamo fare tesoro delle nostre scelte sbagliate, pronti a ripartire e a riprogettare il nostro futuro.
Credere che la vita presenti situazioni sempre nuove, significa non farsi bloccare.
In altre parole l’attesa del futuro può, e deve, essere frenata dalla paziente costruzione progettuale del presente.
L’ammonimento di Seneca a Lucilio conserva ancora tutta la sua forza:”Sarai meno schiavo del domani, se ti sarai reso padrone dell’oggi“.
L’impressionante accelerazione che le moderne tecnologie hanno impresso alla nostra vita, fa sì che molti di noi vivano un presente sospeso tra un passato nostalgico o doloroso e un futuro consumato ancor prima che si compia.
Siamo costretti a scegliere tra innumerevoli alternative, a maggior ragione in una società come la nostra che muta ad una velocità disorientante; pensiamo  ad un’ espressione tanto usuale, quanto decisiva: “Speriamo di aver fatto la scelta giusta!“.
L’ angoscia (che nella sua fase più acuta e crudele può trasformarsi in panico) si ciba dell’attesa e ci svuota di energie vitali, e riguarda soprattutto  il nostro rapporto con il mondo nella dimensione del futuro.
Ecco perché Pascal invitava perentoriamente a non rimpiangere gli errori del passato, a preoccuparsi ancor meno del futuro, e a vivere intensamente il presente come unico tempo veramente nostro.
Il presente costituisce veramente il centro temporale della nostra esistenza: in esso, infatti, noi disegniamo le nostre scelte, fabbrichiamo i nostri progetti, viviamo i nostri amori.
Ci sono, invece, persone che finalizzano la loro esistenza solo al domani, angosciandosi per il futuro, dimentiche del fatto che l’essere responsabili verso il presente, significa saper vivere l’attesa della realizzazione di un nostro progetto, rispettando il naturale ciclo del tempo.

Fare marketing e vendere secondo Henry Ford

Henry Ford ha detto “Se esiste un segreto del successo, direi che sta tutto nel riuscire a vedere dal punto di vista dell’altra persona, e uniformarsi al suo angolo di visuale”.
Questa regola appare così semplice ed ovvia che tutti dovrebbero ammetterne la validità a prima vista, eppure la maggior parte delle persone la trascura quasi sempre.
Prendiamo ad esempio l’attuale periodo e la congiuntura non favorevole, parlate con qualunque commerciante, manager o imprenditore e vi sentirete dire che c’è crisi e gli affari vanno a rotoli, senza essere sfiorati dal dubbio che, forse, non siamo interessati a comprare la loro merce.
Il mondo è pieno di gente attenta solo al proprio profitto, ecco perché le persone che danno in qualche modo la sensazione di occuparsi degli altri, hanno un successone.
Facciamo nostra questa affermazione “quelli che riescono a mettersi nei panni altrui, quelli che riescono a capire come la pensano gli altri, non dovranno mai preoccuparsi di quello che il futuro ha in serbo per loro”.

Perché mettersi nei panni altrui?

 

Perché parliamo volentieri di ciò che desideriamo?

Naturale: ciascuno prova interesse per ciò che desidera, anche se agli altri non importa niente.

Quindi, se vogliamo trattare con gli altri, cerchiamo di evitare di adattarli ai nostri gusti, e tentiamo di adattare noi ai loro.

La sola via sicura per influenzare una persona consiste nel conversare di quanto le interessa.

Vale per noi e vale anche per gli altri: l’azione sgorga direttamente dai nostri desideri fondamentali.

Quindi se dovessimo trovarci nel dover convincere qualcuno a fare qualche cosa, prima di parlare, aspettiamo un momento e chiediamoci “come posso fare affinché questa persona arrivi a desiderare la stessa cosa che voglio io”?

Questa domanda ci impedirà di infilarci in situazioni senza sbocco o di perderci in futili e controproducenti chiacchiere sui nostri desideri.

Ecco un semplice ma significativo esempio.

Alcuni consulenti si rivolsero “uniti” al responsabile della società che vendeva le loro prestazioni a terzi chiedendo, per il nuovo anno, più del doppio rispetto al precedente.

Questo scosse molto il “boss”, che aveva già programmato il calendario e speso parole con i clienti.

Lasciò passare qualche giorno, li convocò e  disse loro di essere rimasto un po’ scosso dalla richiesta, ma che ne capiva il punto di vista.

Si avvicinò alla “flip chart” e tirando una riga centrale scrisse alla sinistra della stessa la parola vantaggi, e alla destra scrisse svantaggi.

Sotto la colonna vantaggi scrisse “più tempo disponibile” argomentando che certo sarebbe per loro interessante avere libere le circa 50 giornate a testa all’anno che tariffavano con lui, così da poterle impegnare in incarichi più remunerativi.

Poi sotto la colonna svantaggi scrisse “non posso permettermi di pagare una cifra così alta” aggiungendo che, pur rendendosi conto del rischio sui clienti, si vedeva costretto a ricorrere ad altri consulenti, probabilmente meno bravi, ma che però avrebbe potuto permettersi.

Concluse dicendo che si augurava che riflettessero con calma su vantaggi e svantaggi e gli facessero sapere la loro decisione, ed uscì dalla sala riunioni.

Dopo meno di un’ora i “professionals” si affacciarono alla porta del “boss”, proposero e si accordarono, sul più 20% circa rispetto l’anno precedente.

Il fattore critico di successo fu che il manager, anziché avanzare le sue ragioni, mise sul tavolo vantaggi e svantaggi dal punto di vista dei suoi interlocutori, evitando così litigi e drastiche prese di posizione, lasciando alla controparte una “dignitosa” via d’uscita.

Henry Ford ha detto “Se esiste un segreto del successo, direi che sta tutto nel riuscire a vedere dal punto di vista dell’altra persona, e uniformarsi al suo angolo di visuale”.

Questa regola appare così semplice ed ovvia che tutti dovrebbero ammetterne la validità a prima vista, eppure la maggior parte delle persone la trascura quasi sempre.

Prendiamo ad esempio l’attuale periodo e la congiuntura non favorevole, parlate con qualunque commerciante, manager o imprenditore e vi sentirete dire che c’è crisi e gli affari vanno a rotoli, senza essere sfiorati dal dubbio che, forse, non siamo interessati a comprare la loro merce.

Il mondo è pieno di gente attenta solo al proprio profitto, ecco perché le persone che danno in qualche modo la sensazione di occuparsi degli altri, hanno un successone.

Molti anni fa mi imbattei in questa affermazione “quelli che riescono a mettersi nei panni altrui, quelli che riescono a capire come la pensano gli altri, non dovranno mai preoccuparsi di quello che il futuro ha in serbo per loro”.

Ho cercato di farla mia e di trasferirla alle persone a cui tengo di più.