Ottenere un appuntamento

Alcune settimane fa inviammo la newsletter “dal contatto sociale alla relazione” nella quale argomentavamo circa la possibilità di creare relazioni alle quali poter dare, e dalle quali poter trarre, il meglio, e sui presupposti che ne presiedono il “successo”.
Abbiamo ricevuto diverse richieste di chiarimento da differenti figure professionali in più settori, le quali, alla fine, possono essere sintetizzate in una domanda centrale “cosa fare e come fare per ottenere un appuntamento? ”.
Come già detto le persone si muovono su due direttrici principali: guadagno e risparmio.
Quindi se non hanno interesse non ci concederanno nessun appuntamento, proprio come se non riusciranno a percepire alcun valore dalla nostra persona e dalla nostra proposta.
Se non sappiamo come i nostri clienti, attivi o potenziali, utilizzano i nostri prodotti e servizi per accrescere i propri affari e trarre guadagni, ovvero cosa stiano cercando per la propria pianificazione di business, difficilmente comunicheremo loro con efficacia, e di conseguenza raggiungerli sarà pressoché impossibile o non utile.
Proviamo a prendere una nostra brochure o documento commerciale e leggendo proviamo ad evidenziare quanto di quello che diciamo è utile a soddisfare quanto detto al paragrafo precedente: quanto meno parliamo per loro, quanto meno parliamo con loro.
I clienti si attirano con domande o affermazioni che li inducano a sapere di più, non necessariamente su noi stessi, ma su quello che possiamo realmente fare per loro.
Trovare poi la persona giusta con la quale interloquire è fondamentale, ma tutto ciò è anche frutto di una domanda giusta.
È nella semplicità che risiede la vera potenza: ad esempio se voglio vendere semplicemente formazione chiedo “chi è il responsabile dello sviluppo delle risorse umane”, ma se è formazione commerciale quella che voglio proporre chiedo del “responsabile dello sviluppo della rete di vendita”.
Ad una struttura bancaria che aveva difficoltà ad entrare in contatto con nuova clientela business, e della quale chi si presentava lo faceva esattamente come fanno tutte le banche, ho semplicemente consigliato di fare, dopo la breve e doverosa presentazione, la seguente domanda “potrei parlare con chi si occupa dei profitti e della gestione economica finanziaria?”.
Nel 70% dei casi glielo passavano o quantomeno fornivano il nominativo per un successivo tentativo diretto.
In caso di domanda filtro tipo “per che cos’era?” il funzionario doveva dire poche parole, le stesse che avrebbe detto al Suo interlocutore per ottenere l’appuntamento, offrendo una serie di opportunità che non potevano non destare, quantomeno, l’interesse o la curiosità di chiunque fosse all’altro capo del filo.
I risultati furono lusinghieri: il 28% degli interlocutori raggiunti concesse l’appuntamento.
Un’altra regola fondamentale, quando si chiede l’appuntamento, è il tempo che “prendiamo” alla nostra controparte; deve essere ragionevolmente contenuto (tra i 20 e i 30 minuti) e deve essere preciso “. . . 20 minuti saranno sufficienti …” aggiungendo, eventualmente, la possibilità di prolungarlo a fronte del Suo interesse.
Anche se vendiamo prodotti e servizi, e potremmo essere portati a esplicitarne i plus, dovremmo ricordarci che, più dei vantaggi che possiamo offrire, occorre parlare dei guadagni che il cliente potrebbe conseguire grazie a noi.
I Clienti non vogliono sprecare il proprio tempo a sentire parlare di noi, se ci concedono tempo è meglio che sia per loro e per le risposte che possiamo dargli.
Le aziende, attraverso le loro strutture di marketing, investono in ricerche e sondaggi al fine di capire cosa vogliono i clienti, o quali possano essere i criteri in base ai quali questi scelgono e pesano i loro fornitori, e ne traggono, diciamo così, un modello di riferimento.
Quel modello, che viene passato alla forza vendita, è un’ottima base di partenza per porre domande al cliente, attivo o potenziale che sia.
Quello che purtroppo accade il più delle volte è che questo viene preso unicamente come base e spunto per assoli e monologhi sterili e fini a se stessi, al limite dell’imbonimento; se sapremo, al contrario, fare domande, offrendo risposte giuste per incontrarci, l’appuntamento, il più delle volte, sarà nostro.

Gestire lo stress: comprendere se stessi e gli altri

Come esseri umani tutti dobbiamo affrontare dei problemi, riuscire a comprendere noi stessi e ciò che ci preoccupa maggiormente è un passo importante per la risoluzione dei problemi della nostra vita e, inoltre, il nostro equilibrio psichico dipende dal modo con cui ci collaboriamo e instauriamo rapporti con gli altri; più una persona si isola, più è difficile che goda di una buona salute mentale.

Nel mondo competitivo in cui viviamo siamo spesso spinti a “essere come qualcun altro”, soprattutto se siamo cresciuti non accettandoci fino in fondo, avendo, quindi, con noi stessi un rapporto non soddisfacente.

Per un buon equilibrio e per un buon controllo dello stress è importante accettarsi come si è, individuando la nostra unicità e migliorando, o modificando, le nostre qualità.

Le convinzioni errate su se stessi e sugli altri possono generare aspettative non realistiche quali: voler piacere a tutti, credere che chi non condivide ciò che diciamo o facciamo si sbaglia, decidere che non ci sia più niente da fare di fronte a un qualunque rifiuto, pensare di non poter cambiare e non poter controllare la propria natura, fino al convincersi che  tutti pensano solo a se stessi, ecc.

Spesso, pur non rendendocene conto, abbiamo più punti di forza di quanti pensiamo di averne.

Un esempio di persona che sottovaluta i propri punti di forza è colei che non riesce ad accettare gli elogi senza doverli negare in qualche modo.

Il fatto poi di comprendere le necessità fondamentali degli altri ci aiuterà anche a capire come poter instaurare rapporti migliori con loro; i rapporti umani si sviluppano quando gli individui danno e ricevono in modo spontaneo.

I rapporti che si basano sul soddisfacimento delle necessità di una sola persona sono generalmente superficiali e di breve durata.

Ecco perché comprendere ed accettare se stessi è il primo passo verso l’instaurazione di rapporti positivi con gli altri.

Non è raro incontrare persone ossessionate dalla convinzione, peraltro distorta, di non piacere ad amici e familiari, in quanto, alla fin fine, sono loro a non apprezzare ed accettare se stesse, proiettando sugli altri la propria convinzione d’essere mediocre.

Di conseguenza, nei rapporti con gli altri, adottiamo “modelli” di comportamento insoddisfacenti, ma non riusciamo a modificarli perché sono parte integrante di noi stessi.

Interagire con gli altri può essere un’esperienza che genera sentimenti negativi, piuttosto che positivi.

La capacità di instaurare rapporti cordiali basati sul reciproco sostegno, senza per questo dover rinunciare alla propria integrità ed identità, è di fondamentale importanza.

Perché questo avvenga è importante avere la capacità di non collocare automaticamente le persone in caselle, evitare di avere con gli altri atteggiamenti combattivi (polemica e rigidità rendono i rapporti tesi), piuttosto che l’essere così compiacenti da sembrare falsi.

Le cattive abitudini sono difficili da abbandonare, ma possono essere sostituite.

Acquisire maggiore consapevolezza di se stessi aiuta a comprendere perché i rapporti sono difficoltosi.

Un primo passo importante per operare un cambiamento positivo consiste nell’accettare la propria responsabilità nei contrasti e nei problemi interpersonali.

Il marketing manager come negoziatore

A ogni “uomo di marketing” vengono costantemente chieste  strategie di vendita ed abilità negoziali.

Tutto ciò richiede dinamismo unito a capacità intuitive, d’ascolto e d’osservazione.

Sviluppare positivamente un cliente significa che i rapporti d’affari non sono mai statici, o migliorano, o peggiorano; non esistono rapporti stabili e invulnerabili alla concorrenza.

Dobbiamo accettare il fatto, peraltro scomodo, che quanto abbiamo compiuto ieri è già storia passata, ciò che conta è cosa faremo oggi e cosa faremo domani per il cliente.

E’ quindi la nostra abilità nel negoziare che determina se possiamo o no influenzare il nostro ambiente, usando correttamente le informazioni in nostro possesso e gestendo le pressione del “tempo e delle scadenze”; in altre parole conservando la padronanza in ogni situazione.

Ma se le regole del gioco sono così semplici, perché esistono grandi differenze tra un marketing manager e un altro, tra un negoziatore e un altro?

Molto dipende da come sono state sviluppate abilità quali l’intuizione, l’ascolto e l’osservazione.

Intuizione è la capacità di gettare utilissime occhiate nell’animo altrui; nella maggior parte degli incontri d’affari (e non solo in quelli) c’è da vedere più di quanto appare, c’è tutta una serie di dinamiche personali operanti appena sotto la superficie.

Simili tracce abbondano, ma la maggior parte delle persone è troppo occupata ad ascoltare se stessa per dar retta agli altri.

E’ inimmaginabile una persona di successo (negli affari, nel sociale, nel privato) che non abbia qualche intuito in fatto di esseri umani.

L’intuito esige che tutti i sensi siano ben vigilanti, che parliamo di meno ed ascoltiamo di più: osservare ed ascoltare, tenere occhi e orecchie ben aperti … e la bocca chiusa!

La capacità di ascoltare, permette di capire quello che l’altro sta dicendo; è anche più importante dell’intuizione … è molto diverso il modo di comportarsi di chi sa ascoltare e di chi non sa farlo, e lo sono anche i risultati.

La capacità di osservare, è la possibilità di formarsi impressioni basate più su ciò che si vede, piuttosto che su quello che si sente, per poter andare oltre le apparenze.

Non bisogna essere frettolosi, arrivando troppo in fretta alle conclusioni (ho visto fin troppe volte i cosiddetti maghi del linguaggio del corpo prendere delle cantonate galattiche) sopravvalutando gli aspetti convenzionali o leggendo significati dove non esistono.

Bisogna saper riconoscere l’enorme differenza, nella postura, tra una posizione e una posa.

Naturalmente il più fertile e proficuo campo d’osservazione sono gli occhi; gli occhi vi diranno ciò che uno sta pensando davvero, anche quando tutto il resto è orientato in un’altra direzione.

Ricordiamoci sempre che le parole possono tradire, i comportamenti no, e se l’intuito è la nostra capacità di “percepire oltre il presente”, il saper osservare ne è il miglior alleato.

Se ci concentriamo attentamente su quello che ci passa davanti potremo imparare una quantità di cose riguardo ai sentimenti, alle motivazioni e alle effettive necessità della controparte: ascoltare e osservare attentamente non significa solo recepire ciò che viene detto ma cercare di capire quello che viene omesso.

Un negoziato è qualcosa di più che uno scambio di oggetti o prestazioni materiali.

E’ un modo di agire e di comportarsi che può sviluppare comprensione, accettazione, rispetto e fiducia; quando gliene viene data la possibilità la maggior parte della gente cerca di essere accomodante.

Di chi è il cliente?

Si discute da sempre se il cliente è del venditore o dell’azienda.

In un work shop on line svolto nello scorso mese di febbraio alla domanda “dichi è il cliente?” sono emerse alcune interessanti  considerazioni di cui vogliamo farvi partecipi.

Si è scelto di mettere unicamente le iniziali dei partecipanti, unitamente al ruolo ed al settore di appartenenza, al fine di rispettare la privacy di coloro che hanno contribuito a questa discussione.