Se i venditori cercassero sempre di concludere venderebbero molto di più.
Si dice che la vendita è come l’amore, poiché nell’amore, come nella vendita, bisogna chiedere per avere successo.
Concordate con queste affermazioni?
Se i venditori cercassero sempre di concludere venderebbero molto di più.
Si dice che la vendita è come l’amore, poiché nell’amore, come nella vendita, bisogna chiedere per avere successo.
Concordate con queste affermazioni?
Il cliente che se ne va senza aver comprato provoca spesso nel venditore uno stato di frustrazione che si ripercuote negativamente anche sulle trattative seguenti.
Sebbene sia la fase finale della trattativa di vendita, la conclusione è come la coda del serpente: comincia dalla testa.
La prima impressione che il venditore suscita sul cliente (ogni volta che lo incontra) è determinante e difficilmente qualsiasi metodo di conclusione darà buoni frutti se questa prima impressione sarà stata negativa.
Pertanto, nell’accogliere il cliente bisogna ricordarsi che una buona accoglienza costituisce l’avvio più sicuro per una felice conclusione dell’atto di vendita.
Vediamo adesso quali sono gli errori che, in fase di conclusione, non aiutano a vendere:
– tentare di concludere troppo in fretta senza accertarsi della disponibilità all’acquisto del cliente
– ripetersi o divagare (a volte il venditore, anche di fronte all’evidente interesse del cliente, invece di iniziare l’azione di chiusura, ritorna su argomentazioni già dette o si dilunga con inutili divagazioni rischiando di perdere la vendita);
– sottoporre una scelta così vasta da confondere le idee al cliente e rendergli difficile la decisione;
– lasciare in vista gli articoli rifiutati.
Questi sono invece i comportamenti che favoriscono la vendita:
– attendere sempre con ottimismo la reazione del cliente a ciò che gli sottoponiamo;
– non presentare mai più di un prodotto alla volta;
– se alla seconda presentazione non c’è quello di gradimento del cliente, prima di presentarne altri è ben approfondire con il cliente le sue esigenze e riassumerle brevemente prima di fare un’ulteriore proposta – tutto ciò molto utile quando si è certi di avere a disposizione il prodotto con i requisiti riassunti;
– chiudere immediatamente di fronte ad eventuali segnali di acquisto che il cliente potrebbe manifestare;
– tentare sempre di concludere poiché il venditore, che lascia uscire il cliente senza aver tentato la conclusione, ha lavorato per la concorrenza, cioè ha portato il cliente al desiderio di acquisto, desiderio che poi egli andrà a soddisfare da qualche concorrente.
Desidero enfatizzare l’importanza di questo comportamento “tentare sempre di concludere” perché abbastanza spesso non viene rispettato.
Se i venditori cercassero sempre di concludere venderebbero molto di più.
Con questo non voglio dire di sottoporre il cliente ad un’aggressione, che sarebbe del tutto negativa e controproducente, ma è anche sbagliato non tentare di concludere e arrendersi alla minima resistenza.
Si dice che la vendita è come l’amore, poiché nell’amore, come nella vendita, bisogna chiedere per avere successo.
Ad un bel giovanotto piace particolarmente una certa ragazza, ma proprio con quella ragazza non uscirà mai per il semplice motivo che non avrà il coraggio di chiederglielo.
Chiedere è tensione, chiedere può presupporre l’antipatica situazione di trovarsi di fronte ad un rifiuto … ma bisogna chiedere!
A questo punto possiamo dire che questo è il primo dei due comportamenti fondamentali che stanno alla base del successo di vendita: chiedere sempre.
Naturalmente di fronte a chiari e forti segnali di acquisto il miglior metodo è quello di lasciare l’iniziativa al cliente, ma quasi sempre l’iniziativa deve essere presa dal venditore.
Il secondo comportamento fondamentale è: chiedere in modo da limitare il più possibile l’eventualità di un rifiuto offrendo al cliente un’alternativa, cioè due possibilità positive.
Infatti una sola ed unica proposta rischia di essere rifiutata con maggior facilità.
Ci sono poi delle situazioni particolarmente difficili, in cui il cliente rimane silenzioso, non fa domande e non muove obiezioni.
E’ molto importante capire a cosa sono dovuti questi comportamenti e come reagire in modo appropriato.
Tali comportamenti possono essere motivati dal fatto che il cliente si sta dibattendo tra:
– due esigenze diverse, senza saper decidere quale delle due privilegiare;
– due prodotti a fronte della stessa esigenza.
In queste situazioni il venditore preparato riesce, con domande appropriate, anzitutto a far manifestare ai clienti il loro dilemma.
Altra situazione difficile si verifica quando il cliente chiede un parere alla persona che lo accompagna negli acquisti o a un altro cliente.
Inconsciamente il venditore commette l’errore di guardare con disappunto e ostilità la persona interpellata, la quale contraccambia con un parere sfavorevole.
Il venditore allora entra in un rapporto che rasenta il conflitto con l’intruso e rischia di perdere due clienti in una volta sola.
Quando il cliente si rivolge ad una terza persona per avere un parere, la prima regola è quella di guardarla con simpatia.
E’ più facile che diventi un alleato piuttosto che un nemico.
Se tuttavia il parere sarà negativo, è saggio astenersi dall’intervenire e lasciare al cliente la reazione.
Poiché, se ha chiesto un parere, è perché ha interesse per ciò che il venditore ha proposto e desidera più che altro una conferma.
Se questa non viene e nessuno si intromette, egli stesso sarà portato ad opporsi all’opinione sfavorevole e nel farlo, magari, si autoconvincerà all’acquisto.
Se la reazione del cliente non ci fosse e guardasse interrogativamente il venditore, quest’ultimo interverrà dicendo: “L’osservazione del signore è valida, però…”, “Sono d’accordo con il signore, tuttavia…”.
Questi comportamenti verbali che nella prima parte della frase danno ragione al cliente, poi, nella seconda, fanno avanzare le proprie argomentazioni, sono definiti “dell’accordo apparente”.
Essi sono molto utili perché evitano di entrare in pericolose situazioni conflittuali e consentono di manifestare e far accettare con maggiore facilità il proprio punto di vista.
Adesso è importantissimo analizzare i comportamenti corretti dopo che il cliente abbia preso la sua decisione.
In caso di assenso non lasciarsi sfuggire un lampo di trionfo negli occhi facendo sentire il cliente un perdente, perché questo trionfalismo potrebbe essere la causa di un’amara sconfitta.
Congratularsi invece per ciò che il cliente ha acquistato.
Nell’insuccesso non far trapelare il proprio risentimento diventando freddi, distaccati o addirittura ostili, ma mantenere lo stesso comportamento di cortesia e cordialità: non avrete effettuato una vendita, ma quasi sicuramente avrete acquistato il ritorno del cliente, poiché la vostra disponibilità, il vostro modo di essere e di fare saranno stati apprezzati.
Congedarsi sempre con un sorriso, anche con il cliente che ha voluto vedere molto e non ha acquistato niente.
Il sorriso è l’atteggiamento umano più ricco di comunicativa e con esso si deve aprire, condurre e concludere il rapporto di vendita. La vera cortesia che trapela da un sorriso sincero invoglia a tornare anche colui che non ha acquistato.
Nelle abitudini di ogni buyer, c’è il sottoporre i venditori, prima di formalizzare una vendita, al noto test dello sconto.
Questa prova ha lo scopo di appurare se il venditore stesso è convinto che il prezzo che ha formulato sia equo, considerando le caratteristiche del prodotto che sta vendendo.
L’agente, che sia pur inconsciamente ha la convinzione che il proprio prezzo sia troppo elevato, cadrà miseramente nella trappola; viceversa, chi avrà saputo sviluppare sicurezza, tranquillità nella bontà della propria offerta e certezza di riuscire in ogni caso a portare a casa l’ordine, probabilmente riuscirà a superare la prova.
Nel corso del processo di vendita, per quanto lungo e articolato sia, viene il momento nel quale il professionista della venditadeve annunciare il proprio prezzo.
Questo è un momento temuto da alcuni tra gli agenti, i venditori, i responsabili commerciali, in quanto spesso scatena l’ovvia obiezione del buyer: il tuo prodotto è troppo caro!.
Molti, tra i professionisti della vendita, vivono questa obiezione in modo negativo, la percepiscono come un’impossibilità a concludere la vendita, e pertanto cercano di non facilitarne l’emersione.
Pertanto, inconsciamente, resistono all’indicazione di fornire il prezzo di ciò che stanno vendendo oppure, al momento di enunciare il prezzo stesso, assumono un atteggiamento difensivo – imbarazzato.
In tutti i modi, dopo tempi anche lunghi dedicati alle fasi canoniche del processo di vendita, alla fine il fatidico momento arriva.
L’obiezione del buyer è più o meno sempre la stessa: “Caspita, non credevo che foste così cari!”.
Ciò che accade nei successivi secondi spesso determina se il venditore otterrà il contratto, oppure no, e a che condizioni.
La reazione dell’agente di vendita a questa apparente “dichiarazione di guerra” molto spesso è uno degli elementi più importanti della trattativa, uno degli aspetti che può farla fallire, come indirizzarla definitivamente sui binari di una positiva conclusione.
Quanto più la formazione che ha ricevuto il venditore è improntata a sviluppare le proprie competenze in autostima, conoscenza di sé, motivazione, determinazione, tanto meglio il test sarà superato.
Il termine “superare il test” ha una doppia valenza.
La prima, ovvia, è relativa ad ottenere l’ordine; la seconda, meno ovvia, è se la propria azienda concorderà a concedere il livello di prezzo che il buyer sta chiedendo.
La trattativa potrebbe arenarsi ad un punto morto, dal quale è praticamente impossibile uscire: il buyer dice che è disposto a chiudere il contratto, ma ad un prezzo inaccettabile per l’azienda del venditore.
I compratori professionisti fanno training per reagire con sorpresa all’enunciazione del prezzo da parte dei venditori, per valutare quanto questi ultimi siano saldi e determinati per quanto riguarda il delicato argomento del prezzo.
Non è altro che una tattica negoziale.
Alcune risposte che non consentono di superare il test dello sconto:
-A che prezzo stai pensando?
-Chiederò all’azienda sè è possibile fare un’eccezione.
-Saresti interessato se potessi applicare un sconto ulteriore del … ?
-Mi metti in difficoltà …
Il motivo per il quale queste risposte portano ad una diminuzione del potenziale di conclusione positiva della trattativa , da parte del venditore, è che tutte implicano la consapevolezza che il prezzo sia elevato.
D’altra parte, nella mente del buyer lavorano due convinzioni, reciprocamente esclusive: o il venditore fa il tentativo di ingannare il buyer con un prezzo troppo elevato, o il prezzo è equo.
Non ci sono altre possibilità.
Ciò ovviamente non si applica alle piccole ritarature di prezzo dovute al gioco negoziale delle concessioni finali.
I venditori di successo hanno imparato a gestire questa obiezione, effettuando autoformazione su sè stessi e strutturando delle contromosse idonee.
Sanno benissimo che non possono aspettarsi entusiasmo dal buyer, quando affrontano l’argomento prezzo, e sono preparati a far lavorare a loro vantaggio anche il proprio inconscio, adottando atteggiamenti che li supportino, anzichè sabotarli.
Spesso anticipano l’obiezione, ed hanno modalità efficaci per gestirla.
Ecco alcune delle azioni che producono i migliori risultati:
–Si posizionano fin dall’inizio della trattativa: “ … la nostra azienda non opera come l’azienda che concede i massimi sconti sul mercato, bensì come quella che fornisce il più elevato valore aggiunto. Mi auguro che ciò sia accettabile anche per voi.”
Se la risposta del buyer, anche inconscia e non esplicitata, è si, quest’ultimo avrà poi molte più difficoltà ad obiettare sul prezzo.
Se la risposta fosse no, in questo caso la trattativa probabilmente si sarebbe comunque arenata, prima o poi, proprio sul fattore prezzo.
In questo caso, è meglio saperlo prima di aver investito tempo, denaro e altre risorse nel processo.
–Il venditore non arretra: “La tua reazione non mi sorprende: è la stessa che, inizialmente, hanno avuto l’azienda x, y, z, prima di diventare nostri clienti”.
–Il venditore rafforza la propria posizione: “Dato che non siamo il fornitore dei massimi sconti, cosa credi abbia convinto i nostri 1.000 clienti a pagare un pò di più per il nostro prodotto?”
Un buyer nel settore dei beni di consumo durevoli, tempo fa ha fatto una confidato: “… io uso il test dello sconto ogni volta che parlo con un venditore.
E’ impressionante vedere come, nel processo di vendita, i venditori siano pronti ad arretrare e a dar via sconti extra, pur di aggiudicarsi il contratto.”
I conflitti sono costantemente presenti nella vita quotidiana: nei rapporti affettivi, nelle relazioni aziendali e all’interno dei gruppi.
Sono parte della socialità, non si possono eliminare, ma è necessario imparare a gestirli: questo significa negoziare.
Per alcuni autori le cause di conflitto sono riconducibili alle divergenze di interessi e al sentimento di rancore.
Un conflitto nasce e si manifesta a causa di una percezione distorta: le due parti in conflitto interpretano erroneamente le dinamiche cognitive, i meccanismi relazionali e soprattutto i movimenti emotivi che ne derivano.
Senza coinvolgimento emotivo basterebbe applicare la Teoria dei giochi che offre una soluzione semplice e rapida, ovvero dimostra, avvalendosi di basi logico-matematiche, che la cooperazione è sempre la scelta migliore per risolvere un conflitto, a patto che le parti coinvolte prendano in considerazione insieme le reciproche utilità.
Significa imparare ad uscire dal pensiero comune che la vincita di uno sia subordinata alla perdita dell’altro e quindi essere consapevoli che entrambe le parti possono vincere.
Gli aspetti determinanti in una negoziazione sono: l’influenzamento del sistema di credenze del negoziatore rispetto alla rappresentazione della situazione conflittuale, la scelta delle strategie e delle tattiche negoziali.
Questa idea è confermata da vari studi cognitivi e dalle teorie di approccio comportamentista, che analizzando il settore dei conflitti hanno evidenziato la forte influenza delle distorsioni nella percezione degli eventi e nella valutazione delle informazioni.
La rappresentazione del conflitto in termini vincita/perdita nasce da una visione divergente circa gli interessi.
Ogni vantaggio dell’altro è percepito come un proprio svantaggio.
E’ un conflitto che si connette al futuro.
Il rancore invece si riferisce al passato.
È la percezione pregiudiziale della differenza tra quanto si crede aver dato (molto) e quanto si pensa di aver ricevuto (poco) durante una relazione passata. Appare chiaro che la divergenza di interessi è più facile da gestire rispetto al rancore, la cui idea è “riparare un torto subito”, ed essendo legato al passato, quindi ancorato in profondità, crea maggiori difficoltà nella gestione della negoziazione.
Di conseguenza nella relazione negoziale è importante considerare l’arco temporale necessario e sufficiente ad annullare il più possibile i rancori: chiudere nel presente un negoziato quando la contro parte ha la percezione di scarsa soddisfazione può significare trovarsi nel futuro con la stessa contro parte che vuole un risarcimento per il danno subito o creduto tale.
Attenzione: non ha importanza la razionalizzazione della situazione, è la distorsione percepita dalle parti che monopolizza la negoziazione.
la gestione dei conflitti è connessa a due comportamenti: l’ascolto attivo e la consapevolezza emozionale.
L’ascolto attivo è l’accettazione della diversità dell’altro, soprattutto quando infastidisce, e laconsapevolezza emozionale significa comprendere che le nostre emozioni agiscono come distorsioni nella percezione degli altri e del contesto.
Seppure questa tesi abbia come presupposto la ricerca delle diversità per trovare aspetti negoziali creativi, e quindi sia efficace nelle negoziazioni di interessi, lo spunto interessante è porre l’accento sull’importanza di sviluppare la capacità di riconoscere consapevolmente i sistemi di credenze propri ed altrui, unica strada per poter trovare un accordo.
Nella letteratura della negoziazione la consapevolezza degli schemi di credenze non è considerata come elemento preparatorio, invece sarebbe interessante nel momento del conflitto riflettere sulla comprensione della diversità e soprattutto sulla inevitabile interpretazione emozionale con cui si spiega e definisce l’evento.
Imparare ad essere consapevoli e a gestire le interpretazioni e gli schemi può aprire nuovi spazi alla negoziazione.
Se non impariamo ad interpretare il conflitto come opportunità ed a gestire le diversità, continueremo a dibatterci nell’idea che negoziare sia una perdita di tempo e una guerra tediosa.
Entrare nella diversità che crea conflitto, affrontarla come una ricerca di un esploratore di mondi possibili potrebbe anche allargare la nostra visione del mondo.
1. Non Contrattare sulle Posizioni
2. Separare la Persona dal Problema
3. Focalizzarsi sugli Interessi, non sulle Posizioni
4. Inventare Alternative per un Mutuo Guadagno
5. Usare Criteri Oggettivi
Perché molte strategie di marketing falliscono in questo?
Spesso i clienti perdono attenzione durante la conversazione, l’interesse iniziale si trasforma in indifferenza e spesso, poco dopo la conversazione cade.
La pubblicità produce sempre meno risultati. Gli inserzionisti sanno che per ottenere lo stesso effetto, la stessa attenzione è necessario moltiplicare la frequenza e il numero delle inserzioni.
Aumentare l’esposizione pubblicitaria spesso non raggiunge i risultati sperati. Questo perché oltre tremila stimoli di acquisto ogni giorno richiamano la nostra attenzione. Lottano per conquistarla. Recenti ricerche affermano che l’uomo odierno riceve in un giorno la stessa quantità di messaggi che una persona vissuta negli anni ’50 riceveva in un anno.
L’ uomo moderno ha sviluppato un potente sistema di difesa da questo bombardamento mediatico.
La capacità selettiva del nostro sistema nervoso ha sviluppato efficacemente l’abilità di filtrare i messaggi realmente importanti per noi.
Senza questo formidabile strumento, verremmo sommersi, molto probabilmente diverremo pazzi, oppure difficilmente riusciremo a mantenere l’ equilibrio mentale.
Il problema del marketing oggi, consiste proprio nell’intasamento sensoriale causato dalla miriade di stimoli che ingombrano letteralmente i nostri sensi.
Per ottenerne l’attenzione dobbiamo dare al cliente un messaggio che interrompa il suo naturale flusso dei pensieri.
Ma cosa è in grado di distrarci dalle nostre faccende quotidiane, dai nostri pensieri e preoccupazioni?
Prendiamo la prima pagina di un quotidiano e guardiamo i titoli: sono sempre centrati sui problemi.
Gli editori dei quotidiani sanno bene che i problemi vendono meglio delle soluzioni.
Avrete certamente visto una persona camminare soprappensiero.
Al 99% quella persona aveva in mente qualche problema o qualche pensiero la stava tormentando.
Viviamo immersi nei problemi. Problemi con il business, i familiari, salute , problemi di tempo e molto altro ancora.
Riflettere su questo ci porta a comprendere che i problemi occupano il massimo spazio possibile nella nostra mente, problemi ai quali cerchiamo risposte e soluzioni.
Un problema può essere sfrattato solo da un altro problema
Ci hanno sempre detto che è necessario vendere le soluzioni, ma il fatto è che le soluzioni prese da sole non sono capaci di creare attenzione sufficiente nei potenziali clienti.
Questo perché per guadagnare l’attenzione dei nostri clienti dobbiamo fare leva sui problemi che questi sperimentano.
Confrontiamo due frasi:
A) I cibi biologici sono privi di sostanze chimiche e pesticidi. Scegliere prodotti biologici è importante per una corretta alimentazione del bambino in età prescolare.
B) Sai che pesticidi e sostanze chimiche contenute negli alimenti sono responsabili del 85% delle allergie nei bambini in età prescolare?
Perché la seconda frase ha il potere di attirare maggiormente l’attenzione rispetto alla prima?
La prima espressione è completamente orientata alla soluzione.
La seconda rende evidente uno specifico problema legato all’alimentazione dei bambini.
I problemi sono, per loro natura, degli attivatori emozionali che hanno il potere di distaccare le persone dalla “trance” della quotidianità e farli riflettere.
L’efficacia del marketing basato sui problemi
Se vogliamo generare l’attenzione dei clienti dobbiamo focalizzarci sui loro problemi.
Solo dopo che il problema è stato messo in evidenza, la soluzione offerta è in grado di essere colta con efficacia dal cliente.
Ma per costruire un messaggio di market efficace è indispensabile aggiungere un altro elemento:
Il “chi” della comunicazione di marketing.
Selezionare con precisione il target del nostro messaggio permette di aumentarne in maniera esponenziale l’efficacia.
Se osserviamo la frase di prima, questa mette in evidenza due elementi:
un problema preciso: “le allergie dei bambini” e,
un target altrettanto preciso: I genitori di bambini in età prescolare.
Un esempio:
l’83 per cento degli incendi domestici sono causati da corti circuiti in impianti elettrici con una età superiore ai 15 anni.
Se analizziamo la frase, notiamo come:
è indirizzata ad un problema specifico: possibilità di incendio
ha un target ugualmente preciso: proprietari di case costruite più di 15 anni fa.
Un target preciso rende il messaggio decine di volte più efficace
Spesso abbiamo il desiderio che i nostri possibili clienti siano i più numerosi possibile.
Se chiedi ad un imprenditore “Chi sono i tuoi potenziali clienti?”, molto spesso la risposta è “Tutti”.
La tentazione di avere il più ampio bacino di utenti possibile è un richiamo al quale spesso è difficile resistere.
Al contrario, scegliere una nicchia di mercato più piccola garantisce che il messaggio sia più preciso, potente e persuasivo.
Ed ora è arrivato il suo turno: la soluzione!
Adesso è arrivato il momento di aggiungere l’ultimo elemento: la soluzione.
Dopo che è stato delineato con precisione il problema ed il target di riferimento, la soluzione è la conclusione naturale del discorso.
I tre elementi della formula per l’attenzione: Problema + Target + soluzione
La soluzione deve essere presentata solo dopo che il messaggio è stato indirizzato ad un target preciso e mette in evidenza un preciso problema.
Questi tre elementi collocati in questa sequenza diventano un potente strumento di marketing
Ecco la formula nella sua interezza:
1) Fermare e catturare l’attenzione del cliente con un messaggio che è indirizzato ad un problema specifico che gli sta a cuore.
2) Includere e indirizzare il messaggio al tipo di cliente che il nostro servizio è in grado di aiutare: il nostro cliente ideale.
3) fare scaturire la soluzione (la nostra soluzione) come l’unica possibile al problema che i nostri potenziali clienti stanno vivendo. mettendo in evidenza come la nostra sia la migliore scelta praticabile.
Come applicare questa formula alla comunicazione ed al marketing?
Il primo elemento è la ricerca:
Quali sono i problemi che i clienti vorrebbero vedere risolti dai nostri prodotti (o servizi)?
Scriviamo su un foglio tutti i possibili problemi che hanno e che sono relativi ai nostri prodotti.
Più saremo precisi e specifici in questa fase, maggiore efficacia avrà il messaggio che saremo capace di creare.
Selezioniamo il destinatario del messaggio
Il ricevente è l’elemento della formula che deve essere analizzato con la maggiore attenzione possibile.
Spieghiamo la soluzione che offriamo al suo problema.
In che modo possiamo differenziare la nostra soluzione rispetto ai concorrenti?
Questa formula è semplice e funziona!