L’unico e solo percorso per diventare leader

Non è una domanda diversa da: “Come si diventa un ottimo genitore, o un ottimo consulente?”.
La risposta, per quanto banale, potrebbe essere “giorno dopo giorno, e per un  tempo ragionevolmente lungo“.
Il campo dello sviluppo della leadership è diventato un’industria da miliardi, di euro, con la sua pletora di libri, seminari, corsi, video, trainer e coach; purtroppo, credo che, molto di tutto ciò, sia semplicemente fuorviante e ingannevole.
Molti vogliono essere un leader, ma pochi sono effettivamente in grado di esserlo, e ancor meno vogliono accettare lo sforzo necessario per diventarlo, affidandosi a programmi che somigliano a diete improbabili quali “puoi mangiare tutto quello che vuoi e perdi 20 chili in una settimana” ovvero “leader di te stesso in 25 mosse” o “8 mosse per essere un leader migliore”.
Ricorrere a teorie semplificate, che invitano a consumare tutto ciò che sembra come una pillola magica per Leadership, è un’illusione.
Non ci sono pillole magiche per diventare leader, proprio come non ci sono pillole magiche per perdere peso, ottenere la piena forma, o diventare un ottimo genitore.
In parole povere il processo di leadership perché sia efficace, va allenato giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno.
La leadership è un processo (non una posizione).

Dobbiamo renderci conto che una parte della difficoltà della leadership è che alcune persone, pur essendo grandi visionari, non hanno le doti per influenzare gli altri a radunarsi intorno alla loro visione.
Altre, pur non essendo dotate di grandi visioni, sono molto influenti e di ispirazione per coloro che li circondano.

Quello che ho osservato nei miei anni di studio della leadership, è che ben pochi hanno tutti i doni e i talenti necessari, a cominciare  dalla fiducia in se stessi; è per questo che, i più intelligenti e avveduti, cercano di circondarsi di coloro che possono compensare le loro mancanze.

Sia chiaro, il mio intento è volto a incoraggiare il maggior numero possibile di persone ad esercitare la leadership tutte le volte che sia loro possibile, e il più a lungo possibile, anche se questo non significa necessariamente emergere come “leader”, ma semplicemente impegnarsi nell’esercizio della “leadership”.
Ricordiamoci, la performance umana non è altro che l’espressione della capacità e della volontà di svolgere un compito.
Capire cosa sta ostacolando le prestazioni e allenarsi sia a costruire le proprie competenze, che al motivarsi, aumenta la forza di volontà.
Cerchiamo di essere chiari: Non tutti possono diventare un leader, ma ognuno può impegnarsi in molto di più nella leadership!

Come trainer e coach sono convinto che, se vogliamo cercare di costruire seriamente le abilità e la volontà dei futuri dirigenti, dobbiamo presentare  loro le cose per come sono, così che che possano prepararsi al meglio nell’impegnarsi nell’esercizio della leadership, giorno dopo giorno, per un periodo prolungato di tempo, aumentando le probabilità di diventare, un giorno, grandi leader.

Acume di vendita e senso degli affari

Acume non significa conoscenza, vuol dire qualcosa di più.
Significa avere una visione, una percezione, una nitidezza.
I buoni venditori hanno acume nella vendita, hanno  abilità fondamentali quali il saper come superare le resistenze del compratore, ponendo domande efficaci, presentando soluzioni in forma di dialogo, e ottenendo l’impegno.
Ma hanno anche qualcosa di più, sanno  come tutte queste parti debbano lavorare insieme per poter fare buoni affari.
Sono sensibilità che si sviluppano nel corso del tempo.
Individuare su cosa puntare, sapere che cosa non funziona o funziona, creare i presupposti  affinché le loro controparti siano portate a confrontarsi e discutere, sono capacità di chi ha sviluppato il proprio acume nella vendita, e che gli permettono di creare offerte che altri venditori non sarebbero stati in grado di fare.
Queste qualità, però, non sono più sufficienti.
Ora più che mai, il venditore è sempre più un manager dal business.
Possedere le competenze di base di vendita rimane ancora il presupposto essenziale,  ma oggi è necessario, per il venditore, comprendere tutti gli aspetti generali del contratto.
Ha bisogno di un senso e di un fiuto degli affari che possono anche essere meno forti del proprio acume nella vendita, ma che devono eguagliare almeno il senso degli affari del direttore generale.

Domandiamoci

  1. In caso di vendita, siamo a disagio?
  2. Facciamo troppo affidamento su esperti e tecnici, anche per le domande più basilari?
  3. Ci chiediamo che cosa dobbiamo fare per sviluppare il nostro fiuto per gli affari?

Chiudere o Aprire?

 

Nessuno  potrà mai  dimenticare l’ammonizione di Blake per i venditori immobiliari in  “Americani”:  “ABC: A-Always  B-Be  C-closing” . . . chiudere sempre i contratti.

Blake  era  il  venditore,  brillantemente   interpretato  da  Alec Baldwin, inviato a migliorare i risultati di vendita di un gruppo di venditori di immobili  sotto performanti.
Uno  dei  motivi  per  cui  il personaggio  è così  attraente  sullo schermo è che è strettamente  abbinato  ai  comportamenti  di vendita di molti venditori in passato.

Questo è ciò che è stato insegnato e quello  che ci si  aspettava  da  loro.

Nel 1988, Neil Rackham (conferenziere e scrittore di  vendita e  marketing) ha  scritto un  libro intitolato “spin selling (situazione, problema, implicazione, beneficio) – la vendita spin”.

Rackham, che riteneva di avere trovato una correlazione diretta tra i comportamenti  di chiusura  e di vendita, con il suo “spin selling” tendeva a  confermare  la prassi  secondo  cui i  comportamenti  che  formulassero  più tentativi di chiusura, generassero più vendite  solo in presenza di un importo in dollari esiguo e i rischi fossero bassi, e che nelle vendite più importanti questa “insistenza” doveva essere surrogata da attività di apertura.
Proviamo a confrontare questi 2 atteggiamenti  complementari, che a  volte generano  contrasti nel venditore, soprattutto in presenza di vendite importanti o complesse.

L’atteggiamento closer  (chiudere) implica che,  durante tutto il processo di vendita, un venditore verifichi più volte la disponibilità a impegnarsi, ovvero che, per avere successo, egli punti su diverse richieste intermedie, al fine di facilitare la disponibilità e la convinzione all’acquisto da parte del cliente.
Molti  venditori, oggi,  ritengono questi  comportamenti da  “vecchia scuola”,  comunicando così il  disagio nei confronti di questo modello, che ritengono anche manipolatorio.
Incontrandoli e ascoltandoli  sorge spontaneo porre la  domanda “cosa succederebbe nella vita di un venditore se questi non riuscisse a ottenere impegni d’acquisto”?
Possiamo chiamarla chiusura, possiamo chiamarlo ottenere l’impegno,  ma è evidente che la predisposizione a “chiedere” è un attributo necessario ed essenziale del venditore.

Coloro che non sono inclini all’atteggiamento closer tendono a propendere e enfatizzare l‘atteggiamento opener di colui che ritiene che l’apertura sia molto più importante della chiusura.
Vero è che nell’attuale contesto l’apertura è  diventata una sfida  che ogni venditore  deve  essere  sempre più in grado di cogliere, ma resta il fatto che concentrarsi solo sull’aprire nella speranza che le  cose poi  vadano da sé, potrebbe dar luogo a cocenti delusioni.
Generare interesse, capacità di creare valore, generare nuovi appuntamenti per formulare nuove proposte sono attività indispensabili, ma non focali nel mantenere il controllo nella fase conclusiva della trattativa.

Il lavoro di Rackham che si basa, in sintesi, sul fatto che per una vendita di successo è il cliente, il compratore, che deve parlare, . . . condurre la conversazione per la maggior parte del tempo, questo è il “segreto” di SPIN selling. Come si fa a far parlare il cliente? Facendogli delle domande! Non semplici domande, domande “furbe”, poste in una specifica sequenza  . . . può essere, in parte, responsabile della mancanza di efficaci comportamenti di chiusura.

La vera abilità dei professionisti delle vendite è quello di essere in grado di  creare un  valore sufficiente  in ogni interazione,  capace di chiedere correttamente  l’impegno al cliente.

Domandiamoci

  1. Siamo tra coloro che cercano l’impegno del cliente in ogni interazione di vendita?
  2. Abbiamo la capacità di generare abbastanza interesse e abbastanza valore per il prospect?
  3. Cerchiamo di chiudere prima ancora di aver prodotto un valore sufficiente per la controparte?
  4. Impieghiamo più tempo nella ricerca di nuove opportunità per canalizzare le vendite di quello dedicato alla chiusura delle opportunità esistenti nella nostra pipeline?

Tutto è in movimento

In ogni relazione i rapporti, o migliorano, o peggiorano.
Bisogna affrontare il fatto, peraltro scomodo, che quanto abbiamo compiuto ieri per gli altri, è già storia passata.
Ciò che conta è cosa facciamo oggi, e cosa faremo domani, per loro.

Vendere: credo in me stesso?

Vendere più che un’attività creativa è una professione che richiede impegno e disciplina.
Concorrenza aggressiva, offerta indifferenziata, margini risicati, clienti sempre più informati e pigri, complicano sempre più la vita a chi oggi, per vivere, fa il venditore.
Oggi non è più un mondo difficile (come diceva una canzonetta), oggi il mondo della vendita è diventato impossibile.

Come ogni altro tipo di strategia, anche la strategia di vendita è, nel suo piccolo, una forma di genio: un’infinita capacità di soffrire!!!
Sviluppare positivamente un cliente significa che i rapporti d’affari non sono mai statici.
O migliorano, o peggiorano.
E’ la nostra abilità nel negoziare che determina se possiamo o no influenzare il nostro ambiente conferendoci un senso di padronanza sulla vita; siamo noi a decidere il modo di vedere, credere e reagire nei nostri confronti da parte dei clienti.
Ci sono domande alle quali ogni venditore dovrebbe rispondersi.
Credo in me stesso?
Investo parte del mio tempo per imparare qualcosa di nuovo?
Sono prezioso per i miei clienti?
Riesco a fornire le risposte e le soluzioni di cui hanno bisogno?
So cogliere le opportunità?
Accetto di rischiare?
Ho un atteggiamento positivo?
Non esistono segreti, ma principi, strategie ed azioni che differenziano il “vero venditore” da tutta una serie di brutte e bruttissime copie.