La cattiva gestione del processo di vendita è la principale disfunzione di ogni forza vendita.
Mentre la maggioranza delle organizzazioni dichiara di avere un processo di vendita, la maggioranza dei venditori dichiara di non utilizzarlo.
Processo di vendita . . . si o no?
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I venditori sono equiparabili agli incursori. Per operare al meglio devono avere tutte le informazioni possibili, tutto il supporto logistico possibile e la copertura da parte di tutta l'organizzazione e, con tutto questo, una volta varcata la soglia del cliente sarà nelle stesse condizioni di un incursore paracadutato in territorio nemico. Tutti i processi e l'addestramento gli serviranno per sopravvivere ai punti di vista della controparte che, spesso, ha la cattiva abitudine di non comportarsi ne come pensiamo ne, tanto meno come vorremmo. Quindi dovrà usare la sua intelligenza per capire quali pezzi dell'addestramento siano i più adatti a rispondere adeguatamente alle richieste più originali. Il punto è che molto spesso il venditore non ha informazioni sufficienti, non ha l'organizzazione che lo supporta ed è spesso solo lasciato a se stesso nella presunzione che sia esperto a sufficienza per cavarsela da solo (insomma un guascone temerario) oppure carne da macello facilmente sostituibile se fallisce i suoi obiettivi. I processi di vendita da un lato vogliono monitorare l'andamento delle operazioni ma, alla fine, non danno il minimo supporto operativo e, se vuole sopravvivere, il venditore deve vendere la sua proposizione internamente altrimenti una vendita interna anche di qualche milione può andare in fumo per i motivi più inesplicabili anche a commessa acquisita (non è una favola ho visto con i miei occhi una commessa di 8M acquisita con regolare ordine, cancellata per motivi quanto meno pittoreschi). La visione dell'azienda verso il venditore e le condizioni in cui il venditore, molto spesso, si trova (paracadutato in Siberia durante l'inverno, nudo e senza neanche un coltello da cucina per difendersi dai lupi) fanno si che i processi sono un bel disegno del work-flow aziendale cui gli scaldasedie del management si attaccano quando le cose vanno male in modo da trovare facilmente capro espiatorio o vittima sacrificale a scelta. Se l'azienda non è totalmente schierata con i suoi uomini di punta (quelli che stanno sul campo con la faccia esposta al cliente) non ci sono processi che tengano. I processi servono solo a "processare" più facilmente chi ha speso di suo davanti al cliente nella modalità "se avanzo seguitemi" per poi voltarsi e non trovare nessuno dietro.
Credo che sia ragionevole intendersi sul significato della parola processo, che credo sia troppo frequentemente stigmatizzata perchè confusa con una sterile adesione a comportamenti standard con un approccio puramente deterministico. Se per processo si intende la consapevolezza che ci possono essere comportamenti virtuosi e comportamenti meno virtuosi, che cosa li rende tali e perchè …ben vengano i processi che non tolgono nulla a istinto talento esperienza, ma li supportano. Gaetano tocca il tema dell'informazione: è saliente. In un interessante libro "Let’s get real or lets’ not play" di M.Khalsa e R.Illid, gli autori evidenziano l'importanza di un processo di vendita strutturato e in merito all'informazione distinguono tre tipici comportamenti dei venditori che, se prevalenti, possono diventare dannosi. Il TELL, dire e parlare molto, ACCEPT, accettare passivamente senza dimostrare capacità critica, GUESS, dare per scontato o per già noto sulla base della propria esperienza. Ecco : se per processo vuol dire avere degli strumenti per leggere il proprio comportamento ed avere la capacità di modificarlo in maniera più efficace, credo che possa essere utile. Il punto è che qualunque processo e l'adesione allo stesso è un cambiamento e come tale anche riconoscendone la bontà non necessariamente si traduce in comportamenti agiti. Magari le aziende investono molto nella fase formativa o organizzativa di un processo di vendita ma poi si perdono completamente nelle gestione di tutto quello che attiene al cambiamento che il processo porta con sè.
Penso che oramai da molti anni sia stata dimostrata la estrema importanza per le aziende nello strutturare e ottimizzare il processo di vendita. Il tema non è quindi processo si, processo no ma piuttosto "processo come". Come tutte le attività " a volume" anche l'attività di vendita soffre della variabilità e della non misurabilita' legata ad una mancata standardizzazione delle operations. Questo non significa blindare le vendite all'interno di rigidi protocolli ma semplicemente rendere uniformi alcune best practice e consentire la condivisione delle informazioni. Coloro che temono o soffrono l'applicazione di un processo di vendita, in generale temono la misurazione e lo sforzo richiesto per rendere fruibili al team le informazioni acquisite nel corso del proprio lavoro.
Aggiungerei inoltre, argomento che mi interessa in modo particolare in questo periodo in quanto coinvolge proprio la mia azienda, che qualunque processo di vendita l'azienda strutturi (o pensi di aver strutturato), DOVREBBE essere in continuo aggiornamento e rilettura sulla base dei feedback dell'incursore (per parafrasare Gaetano). la mia sensazione sempre più solidificata è che le dinamiche del mercato ed i processi di acquisto siano in continua evoluzione molto più rapidamente del tempo medio che il manager di turno in azienda se ne renda conto; tipicamente abbiamo: fase 1- la trattativa si è persa perché non abbiamo (plurale fasullo) gestito bene il rapporto fase 2- è il mercato non va, non c'è niente di sbagliato nel nostro metodo fase 3- l'unica soluzione è aumentare il numero dei contatti/visite/preventivi qualche volta si arriva alla fase 4 … aspetta un momento … ma forse quel che diceva lo scout dei parà un anno fa non era del tutto inventato in questo periodo ad esempio sono in una situazione paradossale … come Direttore Vendite, verso l'AD ho dovuto 'forzare' delle situazioni contro il suo parere (non prenderai MAI un ordine così) e ci sono voluti tre ordini distinti per far si che cominciasse a ragionarci su (solo che se ne parla da un anno ormai) verso un nuovo agente "rilevato" dalla concorrenza che sto … riprogrammando visto quel che gli avevano insegnato, con la procedura modificata in tre mesi oltre che chiudere siamo in espansione nella sua zona geografica e non abbiamo ancora perso una trattativa, al più si sono congelate
La gestione delle fasi del processo di vendita B2B , secondo il mio parere, vanno customizzate , sopratutto in questo periodo di contrazione , alle esigenze del cliente, fermo restando i dogmi,(vigilia,entrata in scena,diagnosi,soluzione, gestione ostacoli e chiusura), questi vanno gestiti, dinamicamente , secondo la tipologia del cliente . Oggi vedo , alcuni colleghi, soprattutto giovani, che hanno pochissima capacita' di ascolto , e soprattutto, ascolto empatico, che invece e' una leva competitiva strategia , per poter poi acquisire info, che determinino la nostra offerta commerciale. Per quanto riguarda , invece le aziende , posso affermare , per la mia esperienza, che sono poche in questo periodo , ad avere una vision, e soprattutto, a sapere uscire dalla "confort zone", e conseguentemente, a non investire nei processi di formazione e gestione del loro sell out!
Proviamo ad impostare un discorso di processo inteso come flusso operativa che partendo dalla definizione di un target segua tutti gli step: dalla raccolta dei leads alla chiusura contrattuale. C'è una scuola durissima ma assolutamente efficace (anche per esperienza personale) che riassume tutti questi passaggi e che fornisce al "venditore" la visibilità su tutti gli aspetti della vendita, ebbene si: parlo del fantomatico "porta a porta". Lo schema di questa vendita è la base per qualsiasi altro tipo di vendita e non salta nessun passo di ciò che è un flusso operativo completo. Evidenzia la necessità di affinare il primo contatto, conoscere il linguaggio (anche del corpo) di una controparte (che non ha la più pallida idea di cosa sia il demand creation, ma ha un'idea precisa di cosa non vuole), conoscere la concorrenza, offrire, negoziare chiudere il contratto. E' chiaro che vendere una centrale nucleare o un servizio di ingegneria non è la stessa cosa che vendere un'aspirapolvere quindi si differenziano i modi di identificazione del target e della raccolta dei leads ed il linguaggio da adottare, ma non manca nulla. La brillantezza del sales sta nel: saper ascoltare, fare le domande giuste (cosa molto più complicata che dare risposte), coinvolgere in un dialogo il procurement piuttosto che cercare di vendere immediatamente il prodotto (cosa che lo renderà inviso nei prima 15 secondi senza possibilità d'appello. Qualcuno diceva che non c'è la seconda occasione per fare la prima buona impressione). Quindi si, un processo esiste in maniera naturale, sono gli strumenti per il monitoraggio che lo affliggono e lo rendono, spesso, inattuabile nei tempi naturali. Spesso la stortura del monitoraggio porta al fallimento di trattative e, qui, entra in gioco la vendita della proposizione all'interno della struttura aziendale. Questa fase delicatissima mostra immediatamente quali siano i rapporti fra il nostro "incursore" e l'organizzazione che dovrebbe sostenerlo. Per il resto penso che siamo tutti maggiorenni e vaccinati, donne/uomini di mondo con le nostre storie ed esperienze e sappiamo come possono andare le cose in un senso o nell'altro.
Questo thread mi ispira più di una riflessione: – Prima di tutto noto che ancora oggi alcuni piccoli imprenditori non abbiano ben chiara l'importanza di avere alle loro dipendenze dei venditori, oppure non li usano come potrebbero, o peggio ancora si sostituiscono a loro o nel ruolo di direttori vendita di cui non hanno minimamente competenza – La seconda é che alcune qualità del buon venditore (empatia, acume, competenza, visione imprenditoriale) non sono semplici da trovare e che c'è mancanza, soprattutto in Italia, di una "scuola": un tempo ad esempio nel settore IT molti hanno imparato a a fare il venditore alla "scuola dell'IBM" che oggi, come le altre, per vari motivi non esiste piú. Tra l'altro vedo anche utilizzare sempre meno la sana tecnica dell'affiancamento delle risorse junior ai venditori più senior. – Terza riflessione: c'è ampio spazio per fare evolvere i processi di vendita tradizionali con le tecniche di marketing "Inbound". Queste spesso si pensa erroneamente che siano valide solo per il B2C, o addirittura solo per l'ecommerce, invece la grande opportunità secondo me sta proprio nel processo di generazione del funnel di vendita in mercati B2B nei quali, dopo le fasi di lead generation e lead nurturing gestite dal processo inbound e basate su tecniche di web marketing, finalmente può entrare in azione il "commerciale" per portare a conclusione in successo il processo di vendita.
@antonio: "c'è mancanza, soprattutto in Italia, di una scuola": non sono d'accordo, da 40 anni le tecniche di vendita (nel senso di tecnica del colloquio interpersonale) sono un prodotto tipico italiano, tutte le innovazioni hanno avuto origine qui. Quelle che talora latitano sono le aziende che vogliono investire, ma è cosa nota… 🙁
Si Luciano, non intendevo che mancano le competenze di formazione (e anche io sono docente di alcuni corsi di marketing!), ma che queste competenze si sfruttano sempre di meno. Quando citavo l'esempio di IBM volevo dire che 20 anni fa un neoassunto lì veniva mandato per 4 mesi al centro di istruzione di Novedrate (posto bellissimo), poi quei 4 mesi diventarono 2, poi 1, poi… il centro di istruzione di Novedrate é stato venduto al CEPU!
Scusate ma mi sembra che stiamo uscendo fuori dal tema oggetto del post. Che la formazione possa giocare un ruolo rilevante nel costituire una base di conoscenze utili alla gestione ottimale delle vendite non ci sono dubbi ma parla di processi di vendita significa introdurre tematiche quali CRM, indicatori di performance, gestione dei clienti strategici, spostamento dell'obiettivo da massimizzazione del fatturato a massimizzazione del margine di contribuzione, valorizzazione del costo per contatto etx.
Bellissima discussione! Partirei dal"Mentre la maggioranza delle organizzazioni dichiara di avere un processo di vendita, la maggioranza dei venditori dichiara di non utilizzarlo". Verità sconvolgente. Sicuramente a chi ha scritto prima di me sarà capitato di andare in affiancamento a dei venditori che forti dei loro anni di esperienza ti dicono chiaro e tondo che il metodo dell'azienda non funziona, mentre il loro si! Questo capita maggiormente in quelle aziende dove la proprietà è convinta che la forza vendite conta poco rispetto ai plus del prodotto venduto e il venditore ha bisogno di creare forte autostima dicendosi quanto è bravo e facendolo notare a chi è andato in affiancamento con lui. Il problema è che spesso ci si allontana da quelle che sono le best practice aziendali, e quando i numeri non arrivano si fa difficoltà a capire dove sta l'anello debole della catena di vendita. Allacciandomi a quanto appena scritto, non so quanto oggi sia sana l'abitudine dell'affiancamento del senior allo junior. Se faccio finta che sia vera la leggenda che chi non sa fare insegna, sicuramente chi sa fare spesso e volentieri non sa insegnare. Preferisco un affiancamento con un trainer esterno, che conosca le best practice aziendali e che sappia con le tecniche di feedback far comprendere al venditore quali sono le aree di forza e quali quelle di miglioramento, andando poi a creare un action plan magari semplice su pochi punti, ma che dia risultati sicuri.
Io ho avuto , qualche volta dei colleghi in affiancamento agli inizi della loro carriera, e devo dire, che la maggioranza di loro, purtroppo, intraprendevano questa professione, come un "ripiego in attesa che…." quindi poco recettivi, e soprattutto , poco attenti ai dettagli che , nell'attivita' di vendita , e nei vari step di negoziazione, si mettono in campo! ( Insomma le famigerate best pratice). Non credo che un professionista della vendita , (un vero professionista) sminuisca o dichiari apertamente , il mal funzionamento delle strategie e dei metodi dell'azienda che rappresenta, anche perche' passerebbe un messaggio di poca assertivita' dal parte dell'agente, che anzi, io almeno ho sempre fatto cosi' anche scontrandomi con i vertici di aziende da me rappresentate, dovrebbe con i suoi report, dare un contributo forte alle scelte strategiche aziendali, fermo restando gli obbiettivi condivisi, sia che si voglia massimizzare i volumi, sia che sia dia priorita' ai margini operativi! Un saluto e buon lavoro a tutti!
@Claudio. Agenti, Venditori diretti, Sales Manager, Business Development Manager e direttori o coordinatori vendite fanno tutti mestieri diversi e, in una sana organizzazione hanno obiettivi congiunti ma non sovrapponibili. E' compito dei coordinatori portare ai vertici aziendali i segnali che arrivano dal campo ed è sempre compito dei coordinatori raccogliere le esperienze dirette ed i contributi degli agenti e venditori. Se questo non succede ahimè, siamo in presenza di qualcosa che deve essere "allineato".@Francesco. Ho qualche dubbio che sia preferibile un affiancamento condotto da trainer esterni all'azienda e questo per più di un motivo: la conoscenza del prodotto per esempio e dei livelli di servizio offerti che sono peculiarità che a volte solo dopo anni di esperienza all'interno si possiedono con ragionevole competenza. Quello che i trainer esterni possono insegnare è l'applicazione di una metodologia e spesso si tratta di un esercizio sulla carta che necessita di molti aggiustamenti e customizzazioni perchè ogni azienda e ogni mercato ha le proprie regole. In caso contrario si rischia la mancanza di contestualizzazione che, purtroppo, è a mio modesto giudizio la più diffusa patologia che affligge chi oggi offre consulenza e formazione.
Il processo di vendita deve essere semplice e intuitivo. La maggior parte delle aziende pensano che con i CRM complicati cervellotici per gente che non sà cosa vuoldire essere sul terreno.
Alessandro, non posso che trovarmi d'accordo con te visto che sono stato trainer in una multinazionale. Ma mi domando quante organizzazioni possono permettersi una figura interna del genere, che comunque ha costi diretti e indiretti sopra la media.
Alessandro, ma il profilo che tu chiami coordinatore, e che in qualche azienda per cui ho collaborato , esiste, purtroppo, sono delle figure messe in quel ruolo da amici degli amici, e che magari facevano i magazzinieri nella stessa azienda, e puoi quindi dedurre quali siano i loro skills nel merito !
In un mercato globale che soffre la contrazione dell'incrocio fra domanda e offerta, delle congetture macro e micro economiche, secondo me l'analisi sul processo di vendita si o no, su come posto in essere e altro, dovrebbe avere e merita, una osservazione più analitica e vasta. L’accresciuta concorrenza tra i canali offre al consumatore/cliente maggiori opportunità di scelta, trasparenza e potere contrattuale, imponendo uno stimolo alla ridefinizione del vantaggio competitivo sia per le imprese di produzione sia per le imprese di distribuzione. Da qui la conseguenza che la forza di vendita operativa sul territorio, come quella altresì operativa in back office, gioca un ruolo chiave nella formazione di relazioni di fidelizzazione a lungo termine tra cliente e fornitore, condizione che genera un plus in termini contrattuali, poiché, ola fidelizzazione, spesso costituisce il legame primario fra i due soggetti, essa esercita una considerevole influenza sulle percezioni dell’acquirente in merito all’affidabilità e al valore dell’offerta del fornitore e, di conseguenza, sull’interesse del cliente nel perseguire la relazione. I processi di vendita mantengono la loro valenza transazionale ma si stanno progressivamente focalizzando sulla gestione delle relazioni, sulla consulenza e sulla gestione delle partnership, aggiungendo un nuovo valore, soprattutto se gestiti coerentemente con altri canali distributivi. Da parte di tutti gli attori partecipi al business aziendale, si dovrebbe avere la primaria concentrazione sulla progettazione di una organizzazione della forza vendita e del sistema distributivo multicanale.
Come in molti campi, i software migliori , sono quelli realizzati da chi gli utilizza. Personalmente utilizzo un crm che mi sono costruito in excell : non è il massimo ma è molto più efficace ed utile rispetto a quello messo a disposizione della ditta in cui lavoro. Quest'ultimo non è rivolto ad agevolare nel proprio lavoro chi lo utilizza , ma solo un calderone di dati a disposizione del marketing il quale, puntualmente, non si capisce che vantaggio ne tragga. Qualunque software , se non è di facile e rapido utilizzo ed utile anche per chi lo usa, è solo un inutile investimento.
Non è solo una questione di software, vogliamo considerare le modalità dei processi di vendita che spesso vengono impartiti senza avere minimamente la cognizione del fabbisogno o delle condizioni in cui in mercato versa? Della serie, siccome io sono il capo, sono bravo e sono bello, voi fate così, voi vendete così, ecc….. Poi un bel giorno ci si accorge che non si ha riscontro e si cola a picco.
Ahimè Salvatore : purtroppo , figure simili a quella che citi , non sono rare. Si tratta di forme "dittatoriali" che andavano (forse) bene molti anni fa. Oggi, con la professionalità e la cultura molto più diffusa in tutti i settori, è anacronistico "fare il capo" . Il manager deve essere un facilitatore nello stimolare le capacità dei capi area, deve essere il loro punto di riferimento : lui deve lavorare per loro. Ma per fare questo deve avere competenza , capacità comunicativa, deve avere importanti capacità trasversali, essere più bravo di loro……… il che non è comune.
Caro Fulvio, mi trovi pienamente d'accordo, io porto ad esempio sempre la differenza fra un capo e un leader…..il capo sta dietro la scrivania, il leader davanti la scrivania. …sottile differenza ma profonda….
Probabilmente la maggioranza dei venditori non usa la gestione formalizzata del processo di vendita (es. sales pipeline). Questo perché la funzione Vendite tradizionalmente si basa più sulla formazione "on the road " che su una formazione strutturata. Ora l'uso estensivo di internet da parte dei compratori complica maggiormente lo scenario in quanto rende il processo di acquisto frammentato e non lineare.
Di sicuro è una componente importante ma non certo l'unica. La forza sta nell'insieme delle competenze. A mio modesto parere. Cordialmente AntonioDi sicuro è una componente importante ma non certo l'unica. La forza sta nell'insieme delle competenze. A mio modesto parere. Cordialmente Antonio
Il processo di vendita a se stante non è sufficiente a determinare l'efficienza di un'organizzazione di soddisfare le richieste dei propri clienti e di capitalizzare fatturato. Il vero processo è il cosidetto "order-to cash" nel quale il processo di vendita si collega con il processo di Supply Chain, di Produzione, di Spedizione ed infine di Contabilità. Tutta la filiera deve essere in sincrono ed esente da passaggi e processi di approvazione inutili (il cosidetto "waste" del concetto di Lean Manufacturing). Lo scopo ultimo è di rendere il "time-to-market" il più breve possibile in modo da garantire maggiore competitività nei confronti della concorrenza. Quanto sopra può apparire ovvio ma la mia personale esperienza conferma esattamente il contrario, spesso vi sono una miriade di passaggi dei quali a volte neanche gli esecutori ne conoscono l'utilità ed ancora più spesso i processi autorizzativi a più livelli diventano un vero e proprio macigno insormontabile. Le organizzazioni di solito evitano di rivedere il processo nella sua interezza e si focalizzano solamente su alcune parti di esso perdendo il fattore di connessione tra le diverse funzioni coivolte.
Un processo di vendita non può essere visto in maniera autonoma rispetto ai processi gestionali che lo circondano. L'integrazione deve essere posta in stretta connessione con le procedure quelle poste in capo CFO ( che vanno dall'analisi del rischio verso la clientela, alla corretta determinazione del margine di contribuzione del prodotto, al corretto ribaltamento dei costi fissi, alla corretta costruzione di un budget , che si fonda sull'attendibilità dei dati forniti dai commerciali) alle procedure della produzione e correlativamente a quella degli acquisti e della logistica. Un sistema gestionale (non conoscendo il suo, la mia è solo una supposizione sulla base di quello che leggo) sezionale può creare problemi all'intera struttura in quanto le altre funzioni intimamente non lo riconoscono e conseguentemente trasmettono i propri dubbi ai venditori stessi. Se mi è consentito, le consiglio è di cercare di integrare detto sistema con gli altri sistemi, magari nella ricerca della determinazione di una Balanced Scorecard aziendale integrata con un Benchmarking ed un ciclo di Deming. Essendo tutti sistemi basati sulla comunicazione, la motivazione del personale, l'analisi strategica di miglioramento e crescita della società, questo la faciliterà a raggiungere i risultati che si prefigura.
@Luca. Concordo con il tuo punto di vista ma aggiungo anche che prima della comunque doverosa analisi del processo di vendita aziendale sia necessario da parte del direttore responsabile conoscere molto bene la propria rete vendita. E per conoscere intendo essere consapevoli di avere a disposizione "uomini e non caporali", un team di persone che prima di tutto si conoscono, si rispettano e sono quindi in grado di scambiarsi le notizie e gli aggiornamenti che nel mercato di oggi sono fondamentali per concludere positivamente una trattativa. Il nostro lavoro è infatti diventato talmente caotico sia per come ti viene formulata la domanda che per i tempi entro i quali è necessario dare una risposta (possibilmente vincente) che l'importanza delle relazioni e della consulenza, dentro e fuori azienda, supera a mio parere ogni tipo di studio di processo.
Christian mi inserisco nella discussione e quoto pienamente il tuo ragionamento: spesso ci dimentichiamo che un processo di vendita non è solo un trasferimento di servizi o prodotti, ma anche la creazione di un rapporto umano intrinseco al processo commerciale e da cui parzialmente lo stesso può essere influenzato. Questo significa che anche il rapporto tra venditori e responsabile degli stessi, dovrà sempre essere regolamentato da un processo, ma questo non potrà mai prescindere il rapporto umano tra le parti. Pensateci bene, l'era del 3.0 non è arrivata solo sul web, ma anche nelle vendite B2B e B2C.
@Christian/@Massimiliano. Senza dubbio il rapporto umano continua e continuerà ad avere rlevanza a livello commerciale almeno ancora per alcuni anni. Ma, umilmente, metterei tutti i nostri colleghi nella condizione di valutare con attenzione alcuni cambiamenti epocali che la tecnologia e la diffusione della conoscenza stanno imponendo nei confronti dello stesso significato del termine "Transazione/Negoziazione". Possiamo negare che sia nel segmento B2C che B2B si siano fortemente ristretti i cosidetti ambiti di "Asimmetria informativa" all'interno dei quali il nostro comune lavoro commerciale ha ovviamente sempre trovato una fortissima giustificazione? E ancora, possiamo negare che progressivamente, soprattutto nel segmento B2C un crescente volume di transazioni avvengono mediante strumenti di commercio elettronico? Vedere questi due fenomeni come eventi slegati tra loro non fa capire la realtà delle cose; il ruolo del commerciale "umano" continuerà ad avere una rilevanza elevata in contesti nei quali il contenuto di consulenza e di supporto alla vendita di una soluzione sono molto elevati. Perchè in quest casi, la presente asimmetria di conoscenza tra chi compra e chi vende richiede un intervento di medio-lungo periodo che non può essere fornito da un software. Più i prodotti divengono standard, replicabili e uniformabili (come già in tantissimi mercati possiamo già osservare), più la transazione diviene solo ed unicamente basata sul prezzo e, in questo caso il commercio elettronico è di fatto la soluzione più economica ed efficace. Non vedere queste evidenze o fare finta che non esistano non impedirà ai mercati di muoversi sempre più in quella direzione.
@Alessandro confermo che il tuo intervento è assolutamente fondato e corretto, forse però è il caso di fare una differenziazione tra virtual market e real market: il primo avrà una crescita esponenziale ed è un'evidenza, ma il secondo di certo non scomparirà, proprio perchè a suo modo esiste da sempre, fin dai tempi del baratto. Quello che vorrei evidenziare è che tutti siamo venditori, in ogni fase della nostra vita aziendale, chi più, chi meno e che ogni prodotto lanciato sul mercato nasce da molti brainstorming che spesso coinvolgono venditori a vari livelli, sopratutto per dei beta test. L'aspetto umano all'interno del processo commerciale di certo non influenza il product placement o i mercati di vendita, ma in un modo o nell'altro ritorna sempre in sede di post vendita: il cliente finale alle fine sarà anche il nostro principale promoter e credo che un'azienda meno rigida e più aperta al confronto con la rete vendita, traduca anche nel suo processo commerciale una maggiore resa. Fermo restando ovviamente che senza una strategia ed una vision ben identificata, non si vada da nessuna parte.
@Massimiliano. Penso sia ottimistico ma non realistico differenziare troppo virtual market e real market. Quello che dirò non riduce l'importanza o la cosistenza di un rapporto umano in qualche punto del processo di vendita, ma modifica sostanzialmente il "Quando" ed il "Quanto". Esempio pratico vissuto. Società ultradinamica di TLC in UK che da diversi anni commercializza soluzioni per dotare i carrier di "connettività/banca" per la rivendita finale ad ulteriori clienti business (un modello wholesale nella sostanza). Tra i loro clienti non ci sono solo i piccoli operatori telefonici ma anche i giganti delle TLC (Verizon, SingTel, Deutsche Telekom, Vodafone etc). Da almeno un anno hanno lanciato una piattaforma web che, in poche parole, si propone come un libero mercato di scambio di banda/connettività tra operatori/clienti che inseriscono nel portale stesso destinazioni/bande disponibili che vengono negoziate completamente in elettronico senza alcun intervento umano (se non nella fase di inserimento del lato "offerta" e nella fase amministrativa). Pensi che questo modello sia troppo futuristico? dai una
@Massimiliano. Sposo pienamente i tuoi interventi perché hai capito il mio punto di vista. @Alessandro. Concordo con te quando affermi che più i prodotti divengono standard, più la componente prezzo acquisisce importanza e quindi il commercio elettronico diventa la soluzione più economica, non è detto però che sia anche la più efficace. Quante volte ci è capitato nelle nostre esperienze lavorative di acquisire una commessa ad un prezzo più alto rispetto a quello che il cliente aveva in mano? Allora cosa facciamo, queste opportunità adesso le scartiamo? Diamo a Cesare quello che è di Cesare, il nostro lavoro non lo possono fare tutti! Non solo per capacità ma anche e solo per un fattore di educazione e/o di istruzione, e scusatemi ma non c'è CRM che tenga.
E' sopratutto per questo che amo il confronto, portare la discussuone a questo livello e approfondire certe realta' e' motivante. Grazie per l'esempio estremamente interessante, che approfondiro' con grande piacere, ovvio che casi del genere trascendono molte fasi cross che viviamo ogni giorno. Forse la verita' come ben recita la storia sta nel mezzo, bisogna sapere adattarla al giusto contesto ed alle giuste dinamiche evolutive. Da "uomo" spero solo ovviamente che possa distinguersi l'aspetto umano, sempre, come concetto evolutivo, ma qua cambiamo settore e non vorrei divagare.
Ho trovato un piccolo contributo dalla rete, sembra proprio che gli stessi pensieri circolino ovunque. https://www.linkedin.com/today/post/article/20140821194420-9607525–you-re-in-sales-you-re-too-stupid-to-understand?trk=object-title
@ Alessandro: ne avevo già sentito parlare, ma vedere il sito fa tutto un altro effetto! Vedo che la discussione si è spostata dall'importanza dei processi di vendita all'importanza del venditore. Segno dei tempi. La preoccupazione per il proprio lavoro porta a mettere in evidenza se stessi e le proprie competenze. Ma questo è ormai inutile. Chi vale, rimane. Chi dimostra che le proprie competenze possono essere utili anche quando cambiano i tempi e le situazioni(e quindi vuol dire che conosci i processi di vendita), rimane. Gli altri…
@Francesco. Ti ringrazio per il feedback!!!! Infatti in molti si sono concentrati in una area "distante" dal tema della discussione e si sono più preoccupati di raccontare quali sono le "Qualità/Capacità" del buon venditore, a loro giudizio. Siccome questo tipo di discussioni sono diventati frequenti, dico che sempre troppo spesso le reazioni che generano sono di questo tipo; la mia perplessità in tal caso è il capire se si tratti di reazioni guidate dalla paura del cambiamento (in atto, come ho già detto, inevitabilmente) o di difese a spada tratta dello status quo (anche queste, nostro malgrado, sterili). La comprensione di un processo dona l'opportunità di guardare il nostro lavoro dall'alto, di capirlo nelle sue implicazioni operative, nelle sue disfunzioni e di conseguenza agendo propositivamente alla generazione di soluzioni innovative e migliorative. Le nuove soluzioni possono avere impatto sul nostro attuale modo di lavorare? Certo che si e in alcuni casi si tratterà di radicali impatti sul modo di gestire una negoziazione con ricadute anche sul numero di risorse umane in campo. Quello che si osserva a livello di processi produttivi è assolutamente assimilabile ai processi operativi di staff, back office e di servizi. Credo che dovremmo davvero imparare, e rapidamente, a guardarci "A distanza" e a valutare il nostro operato dal punto di vista dei vari stakeholder (azionista, imprenditore, clienti, fornitori, partner, canali di distribuzione etc); solo così potremmo comprendere meglio le dinamiche in atto, prevederne gli sviluppi, agire di conseguenza guidando il cambiamento piuttosto che subirlo.