Fare le domande giuste aiuta a vendere?

Porsi e porre le domande giuste è la chiave per ottenere le risposte giuste, ovvero le informazioni utili. 

L’esperienza di trainer e coach mi ha insegnato che gli “addetti alle vendite” (di settori, complessità e professionalità differenti) impegnano la maggior parte del loro tempo, nella trattativa, nel profondersi in informazioni e spiegazioni finalizzate cercando di convincere, e persuadere, chi hanno di fronte, e molto meno nel fare domande al fine di capire e conoscere il  processo decisionale di chi vorrebbero influenzare.

Eppure i clienti sono, nella maggior parte dei casi, persone che devono decidere se dar seguito, o meno, a un “desiderio” d’acquisto, e non sempre quello che il venditore presenta corrisponde alla loro “visione del mondo“, e questo può generare non poche resistenze.

Le persone cambiano quando lo vogliono, o quando sono “costrette” a cambiare, e non in funzione del fatto che, chi vende, valuti favorevolmente i vantaggi che sta offrendo loro; quelli possono aver valore nel momento in cui, chi compra, decide di voler dar risposta a un bisogno, o a una necessità, che, dal suo punto di vista, non può più aspettare.

Per sapere sapere se un cliente (potenziale o attivo) sia veramente orientato al cambiamento, e quindi all’acquisto, è necessario porre le “domande giuste” per poter capire se, quello di cui stiamo parlando, è qualcosa a cui “deve o vuole” far fronte, e se sta prendendo in considerazione eventuali alternative, piuttosto che le conseguenze di una mancata, o inadeguata, soluzione.

Altrettanto importante è il confronto in funzione dell’impegno economico e finanziario; dal budget, alle effettive disponibilità, a quanto il clienta pensa di dover-poter investire per risolvere il problema (che si  tratti di una sofisticata piattaforma tecnologica, o di un piano pensionistico).

Non ultimo comprendere se chi abbiamo davanti è il solo decisore, piuttosto che l’influenzatore o lo sponsor dell’eventuale acquisto; ci sono situazioni complesse che implicano il “convincimento” di più attori del processo negoziale (si pensi alle vendite con più decisori di alto livello, piuttosto che a un’eredità in cui fratelli e sorelle, ognuno con una propria famiglia, devono accordarsi su come dividere, o cosa fare, dei beni ereditati).

Immagino che chi legge sappia già, con ogni probabilità, tutto questo, ecco il perché della domanda “Se tu potessi migliorare qualcosa nel tuo approccio alla vendita,  per portarla più rapidamente a chiusura, e con margini più elevati, cosa vorresti migliorare?”.

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Anche se non lavoreremo insieme, saremo felici di confrontarci e condividere le nostre idee senza impegno.

Motivare i venditori nei momenti difficili

Nei momenti difficili, una cosa che come Responsabili Vendite non dovremmo assolutamente fare, è discriminare le persone del nostro team di vendita, dividendole in “buoni e cattivi” venditori.

In condizioni normali non è difficile essere un leader misurato ed equilibrato, ma in questi tempi difficili, in cui molti responsabili vendite (dal manager, al supervisore) si sentono come sulle montagne russe, quai avessero solo sulle proprie spalle il peso e il carico di “successi e fallimenti”, c’è la tendenza ad essere tesi e stressati, con le inevitabili conseguenze.
Ognuno di noi è ciò che è, ma ciò che siamo può modificarsi in periodi particolarmente stressanti, dando vita anche
 a comportamenti di gestione incoerente agli occhi altrui, il che può essere molto demotivante per alcuni membri della nostra squadra.

Facciamo attenzione alle nostre parole e al linguaggio del corpo, in modo da non palesare le nostre preferenze. 

Ogni team ha venditori A e venditori B.

Anche se il venditore B non contribuisce ai volumi e ai margini come il venditore A, il venditore B sta ancora contribuendo ai nostri risultati. 

Un osservatore neutrale non dovrebbe essere in grado di determinare, dalle nostre parole e dalle nostre azioni, che abbiamo delle preferenze circa i membri del nostro team.

Una parte significativa della motivazione di un venditore deriva dal senso di appartenenza e, finchè fa parte della squadra merita, nonostante tutto, il nostro rispetto.
Ogni componente del team ha esigenze diverse, un venditore può avere bisogno di coaching nella gestione delle obiezioni, un altro potrebbe avere bisogno di un riconoscimento positivo, mentre un terzo potrebbe aver bisogno del nostro aiuto nella definizione degli obiettivi personali. 
L’azione specifica può essere differente, ma ogni azione ha un tema comune …… il nostro impegno per il successo di ogni venditore del team.

Se avete domande circa i metodi,  i sistemi e gli  strumenti per la “sales transformation e la motivazione della rete di vendita” contattateci

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Vuoi vendere velocemente? Rallenta

La priorità di molti venditori è, solitamente, chiudere in fretta, come se di fronte avessero controparti disponibili a un acquisto d’impulso.
E poco importa che a ruoli invertiti, cioè quando sono loro stessi a trovarsi nei panni del compratore, la cosa che detestano di più, è che gli si metta fretta.
Rallentare il processo di vendita, per chi ha paura che il cliente possa cambiare idea o che, peggio ancora, possa rivolgersi a un concorrente, potrebbe sembrare un’idea folle.
Eppure se a queste persone chiediamo “ritieni sia importante, per poter trarre il massimo da una trattativa, capire il processo d’acquisto del cliente?” risponderanno quasi tutti “certamente“!
Kevin Davis nel suo libro “Slow Down, Sell Faster” sostiene che il segreto per vendere più velocemente sta nel rallentare la vendita.

Egli sconsiglia di vendere in base al proprio processo di vendita,  aiutando invece il cliente ad acquistare in base al proprio processo di acquisto.
Ci invita, inoltre, a sviluppare le competenze necessarie, identificando 8 ruoli che il venditore dovrebbe interpretare nelle diverse fasi del processo di acquisto-vendita.

Gli 8 ruoli del venditore:

  1. Lo studente: colui che vuole capire il cliente e l’azienda che rappresenta, e come i propri prodotti o servizi potrebbero andare bene;
  2. Il dottore: così da poter efficacemente diagnosticare le reali esigenze della controparte;
  3. L’architetto: definendo progetti e elaborando soluzioni orientate al cliente;
  4. Il coach: per analizzare la concorrenza e sviluppare una proposta capace di ottenere il favore del cliente;
  5. Il terapeuta: ovvero colui che gestisce il rischio d’acquisto, comprende le “paure” del compratore e lo rassicura;
  6. Il negoziatore: capace di offrire il proprio impegno per ottenere l’impegno del cliente;
  7. Il Maestro: insegna al cliente come ottenere il maggior valore dalla soluzione;
  8. L’agricoltore: coltivare la soddisfazione del cliente, perseguendone la fidelizzazione.

Qualcuno sorriderà dopo aver letto questi “abbinamenti“, qualcun’altro li considererà “le solite americanate“, e altri troveranno il tutto banale.
Questo è possibile, ma a prescindere dal fatto che l’esemplificazione figurata di Davis può avere un suo perchè, è altrettanto vero che, in un mondo che va di corsa, e con le pressioni che le persone dedicate alla vendita devono sopportare, confondere la fretta con la velocità è più facile di quanto si pensi
.
Come abbiamo detto, se, quando da venditori ci trasformiamo in compratori, non ci piace che ci facciano fretta e vogliamo essere sicuri di fare la scelta giusta, perchè dovremmo pensare che gli altri non dovrebbero comportarsi esattamente come noi?

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Diamo i numeri?

Con il mio team, abbiamo avuto l’occasione di incontrare, confrontandoci, venditori di settori differenti (Banche, Assicurazioni, Finanziarie, Energia, Macchine Agricole, Componenti Elettronici, Chimica, Meccanica) e con tipologia di clientela e modalità di vendita altrettanto differenti.

Eppure quando parliamo di prospect, tentatata vendita e presidio del cliente che ci rimanda ad un’altra occasione, alcune abitudini non conoscono barriere.
Ce ne rendiamo conto ogni volta che analizziamo i risultati dei questionari d’ingresso da noi utilizzati per avere un feed back immediato, utile a individuare le aree di maggior debolezza delle persone che ci vengono affidate, al fine di ottimizzare il risultato da perseguire.
Questa analisi (che prende in esame un lasso di tempo di circa 12 mesi), pur nascendo da riscontri di diverse centinaia di venditori,  non pretende di avere valore statistico o scientifico, ma semplicemente far riflettere sul perchè della necessità di una sales transformation se si “vuole essere – mantenersi – tornare ad essere” competitivi.
Sembra incredibile, ma, quando un cliente rimanda la decisione (e quindi non ha espresso rifiuti categorici o out out), 1 trattativa su 2 non ha seguito per decisione del venditore.
Se a quanto appena detto aggiungiamo che solo 1 venditore su 3 ricontatta sistematicamente almeno una volta il cliente, e che sono molti meno (poco più della metà) quelli che approcciano un terzo tentativo, ci possiamo rendere conto di quanto lavoro vada sprecato.

Perchè questi numeri?
Perchè, secondo molti degli intervistati, il cliente, oggi, sa cosa vuole.

Se si hanno il prodotto e il prezzo giusti, se si è capito cosa sta cercando e gli si spiega bene quello che gli stiamo vendendo, e lui non compra, i motivi vanno ricercati quasi sempre nelle sue possibilità di spesa o delle migliori offerte fatte da un altro fornitore“.
Tutti convengono che il cliente è oggi più informato, ma quasi nessuno cerca di avere informazioni da lui, se non quelle strettamente necessarie per capire di cosa potrebbe aver bisogno, salvo poi rimanere basiti, se non addirittura offesi, quando quest’ultimo sceglie proposte differenti dalla nostra.
Quasi tutte le “survey” fatte nei più disparati settori, compresa la vendita al dettaglio, affermano che circa il 70-80% delle vendite vengono effettuate dal terzo contatto in poi; vi è da dire che vi è anche chi dice dal 6° contatto in poi, e chi contesta entrambe le affermazioni.
Resta il fatto che la gran parte delle vendite, soprattutto se finanziariamente importanti, o complesse, non si chiudono al primo tentativo.

Il guaio è che i tre, o più, contatti non sono necessariamente quelli che un venditore ha con un cliente, ma sono, il più delle volte, quelli che un cliente ha con tre venditori, uno dei quali decide, a differenza dei suoi competitor, di non fermarsi al primo tentativo.
Tina Turner in “simply the best” cantava, “Sei semplicemente il migliore, meglio di tutto il resto -. Meglio di chiunque altro, chiunque altro io abbia mai incontrato” .
Tutti i venditori, agenti, funzionari commerciali, rappresentanti, ecc., disponibili sul mercato, vorrebbero poter vendere come nessun altro, essere il migliore ogni giorno.
Tutte le aziende vorrebbero assicurarsi un gruppo di venditori capace di rafforzare i risultati di vendita soprattutto in momenti come questi.
Purtroppo in pochi pensano alla vendita come a un processo che parte da un prospect (se non addirittura da una lead generation)  e che non finisce con la chiusura, o meno, di quella che, il più delle volte, è solo una fase di una trattativa più lunga e sempre meno immediata nelle decisioni che contano.

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