La vendita è un’arte, come lo sono la musica, la danza, il teatro; un’ora di qualità può essere più importante di una settimana di “normale lavoro”.
Fino alla metà degli anni 90 internet doveva ancora prendere piede, e le persone, per quanto occupate, avevano ancora tempo per le riunioni, e le presentazioni formali rientravano nelle normali aspettative.
Oggi i prospect hanno il tempo limitato, sono intasati da innumerevoli mail, e il farsi delle impressioni prende spesso il posto dello scambio di informazioni.
Probabilmente “non riuscite a vendere” perché il cliente è fidelizzato all’attuale fornitore, o siete più costosi della concorrenza.
Potreste anche imputare la mancata vendita alla debolezza del vostro brand, o del vostro servizio post vendita.
Ma potreste anche rendervi conto che, a volte, state vendendo ciò che il cliente non vuole, o che non riesce a percepire “la bontà” di ciò che gli state offrendo.
Parlare di ascolto efficace può apparire scontato e banale, ma quanti di coloro che stanno leggendo sono veramente capaci di mettere il cliente al centro, anziché se stessi?
Durante un training non trovo mai nessuno che obietti quando affermo “vendere è aiutare il cliente a comprare, guidandolo verso la decisione più utile per entrambi“, e nessuno obietta quando aggiungo “ma non è possibile fare questo se mettiamo noi stessi al centro pensando – cosa potrei vendergli?”.
Sulla teoria siamo sempre d’accordo, poi i laboratori esperienziali, piuttosto che gli affiancamenti sul campo, dimostrano che le abitudini conducono altrove, anche coloro che sono convinti di essere “buoni ascoltatori“.
Se siamo tutti d’accordo che i clienti comprano da chi definiscono migliore degli altri, perché in grado di differenziarsi facendo percepire loro il valore della propria offerta, e se quasi tutte le maggiori aziende investono nel “sales training“, in alcuni casi anche utilizzando i cosiddetti “guru“, perché in molti casi questi investimenti non danno i ritorni voluti?
Per quanto ben confezionati, perché non incidono nel cambiamento di atteggiamenti e abitudini, e nel miglioramento di abilità e competenze?
- Per cambiare il modo di vendere non sono sufficienti nuovi modelli, il venditore deve toccare con mano il proprio gap e avere immediatamente gli strumenti per colmare il divario;
- Molte metodologie di vendita, fedeli a se stesse, non si adattano alle differenti verticalità del business e, in molti casi, sono ancora ferme allo stile “venditore centrico“, altre ancora, puntano sul coinvolgimento emotivo, per la serie “volere è potere“, generando un entusiasmo effimero, al quale non sanno dare un seguito pragmatico;
- Molti formatori, pur bravissimi teoricamente, non si mettono in gioco o in discussione, per cui non sono in grado di “dimostrare” che quel che dicono può veramente funzionare;
- Le capacità di vendita non si sviluppano in aula, ma sul campo, per cui il trainer deve essere in grado di offrire assistenza (anche a distanza – al singolo, piuttosto che alla struttura di vendita) per un efficace supporto nel momento in cui si chiede alla persona di cambiare abitudini, offrendo così un reale supporto nel percorso di miglioramento.
Come disse il saggio “sapere, ma non fare, è come non sapere“, perciò è unendo il saper far sapere al saper far fare, che ci permette di aiutare la persona nel cambiamento.
Nei processi di training legati alla sales transformation e alla vendita strategica, è fondamentale saper aiutare “chi vende” nel perseguire il successo in un mondo in costante cambiamento, in cui diviene sempre più importante sapere cosa si sta facendo e perché.
L’abilità non risiede negli effetti speciali, ma nel saper scegliere la modalità più coerente e opportuna per accompagnare il management e la forza vendita . . .
. . . nei quattro passi fondamentali:
– Saper analizzare la propria posizione in funzione degli obiettivi di vendita
– Pensare a eventuali posizioni alternative
– Creare un piano d’azione utile al raggiungere l’obiettivo
– Attuare il piano d’azione
. . . nell’interpretare le situazioni
1: Identificare i cambiamenti rilevanti
2: Valutare i cambiamenti come minacce o opportunità
3: Definire gli obiettivi di vendita
4: Verificare la situazione (posizione) di partenza
5: Esaminare eventuali situazioni (posizioni) alternative
. . . nell’allineare gli elementi chiave di una vendita strategica
a: identificare decisori e influenzatori
b: identificare le informazioni differenziali mancanti (capaci di migliorare la posizione corrente)
c: prevedere reazioni e distanze del compratore rispetto alla proposta e come colmare il divario
d: raggiungere il risultato aziendale rispettando il cliente (reciproca soddisfazione)
e: creare un profilo del cliente ideale (a chi si vuole vendere)
f: definire le priorità (sales funnel) per gestire i tempi di vendita (efficienza)
. . . nelle scelte operative
A: Affidarsi alle migliori pratiche (piuttosto che a singole metodologie)
B: Sapersi adeguare alle specifiche situazioni, alla cultura e alla maturità dell’organizzazione
C: Approcciarsi in modo corretto
D: Value proposition mirata
Realizzare un training in grado di aiutare “chi vende” ad accorciare il ciclo di vendita, e ad aumentare il tasso di conversione, richiede innanzitutto buon senso e umiltà; se per vendere in un sistema “cliente centrico” chiediamo al venditore di saper personalizzare al fine di comprendere il processo decisionale del cliente, come può il trainer non fare la stessa cosa con lui?
Cambiare e stravolgere sono due cose differenti; aiutare nel cambiamento richiede di incidere sulle abitudini, e per fare questo occorre la disponibilità del “camminare insieme”.
Abbiamo maturato esperienze con reti di vendita in differenti settori (finanziarie, bancarie, assicurative, automotive, manifatturiere, telecomunicazioni, energia, ecc.).
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