Se non stiamo parlando con la persona che decide, la nostra proposta giungerà a quest’ultima, se mai giungerà, con molte probabilità alterata.
Uno dei maggiori stati di “trance” per un venditore è rappresentato dalla paura di chiedere al proprio interlocutore come vengono prese le decisioni nella sua azienda, questo per il timore di urtarne la suscettibilità.
Sistematicamente, durante corsi e seminari, devo rassicurare i partecipanti sulla “necessità” di tale richiesta, accorgendomi come, anche nei venditori più navigati, vi sia la preoccupazione nel doverla fare.
Eppure, sapere come vengono prese le decisioni, è un bisogno ineluttabile per chi vende.
Io stesso all’inizio della ma attività di vendita, e per alcuni anni devo ammettere, mi affidavo unicamente al mio interlocutore; dapprima perché credevo che fosse lui a decidere, in seguito per le stesse remore che riscontro oggi negli altri . . . poi chiedere è diventata una questione di sopravvivenza, e oggi per me è una “normale e dovuta” informazione da raccogliere durante la conversazione di vendita.
Sapere chi prende le decisioni e come queste vengono prese significa facilitare l’intero processo, al fine di sapere se stiamo parlando e cercando di influenzare le persone giuste, e chi eventualmente dovremmo cercare di coinvolgere.
Per evitare assolutamente lo spreco del nostro tempo e delle nostre energie, dobbiamo cercare di allineare quanto prima il nostro modo di vendere al loro modo di comprare.
E per fare questo abbiamo solo una sola possibilità “fare domande“.
Non vi è nulla di scandaloso o offensivo nel chiedere “come vengono prese queste decisioni in azienda?“, piuttosto che “chi altri è (potrebbe essere) coinvolto in questo tipo di decisione?“.
A volte mi capita di parlare sin dal primo incontro con il decisore, ciononostante gli faccio comunque queste domande e a volte scopro che è sua intenzione coinvolgere altre figure aziendali più adatte a valutare “tecnicamente o socialmente” la mia proposta . . . questo mi permette di poterle incontrare e confrontarmi, anziché sottoporre loro semplicemente un progetto o un’offerta di cui saprò l’esito solo a decisione avvenuta.
Si potrebbe anche fare una domanda indiretta “quante copie della proposta-progetto le devo preparare?“.
Ricordiamoci ci sono interlocutori che detengono il budget, altri che lo spendono, altri ancora che possono essere semplici sponsor o validatori.
Un buon venditore deve avere nel suo “arsenale” più domande alternative per poter uscire dall’impasse che gli potrebbe impedire di conoscere i decisori e il loro processo decisionale.
Ma per i meno coraggiosi cominciare a utilizzare le tre domande di questo post sarebbe già un ottimo inizio.
La formazione alle vendite non è una scorciatoia e non è un palliativo . . . in un corso di vendita professionale si apprende ciò che funziona, e sta già funzionando per altri . . . in un percorso di vendita professionale vince sempre la concretezza.