Vendere: sveglia il tuo cervello

Vendere, fino a qualche anno fa, era abbastanza facile, e profittevole, per la maggior parte di noi venditori.

Non dovevamo fare molta fatica per scoprire le esigenze dei nostri clienti.

Avevamo un budget per ognuno di loro, li incontravamo, e quasi sempre compravano 

Forse era un po’ meno facile di come ho appena scritto, ma per i più era decisamente facile rispetto a oggi.

È giunto il momento di dare una sveglia al cervello e mostrare, ai nostri clienti, come possiamo aiutarli a risparmiare o a guadagnare di più, piuttosto di come potremmo essere utili per la crescita della loro attività.

Vendere in modo creativo, significa pensare al di fuori della nostra normalità di venditori, significa pensare a come il cliente acquista.

Ognuno di noi, in quest’ultimo periodo, ha avuto i suoi cali e le sue perdite.

È quello che viene definito il “fenomeno dell’onda”, dopo una salita c’è sempre una discesa, a volte morbida, a volte ripida, a volre a strapiombo.

Se ci pensiamo bene “l’onda” caratterizza ogni aspetto della vita, professionale e non.

Per un sano altalenare, quello che conta, è che ogni discesa sia inferiore alla precedente risalita.

Vendere richiede utilizzare i problemi economici, e le difficoltà nelle relazioni con la clientela, come un’opportunità per diventare creativi e rinnovarci nella routine quotidiana.

Una piccola esperienza.

Un venditore di un’azienda di technology era in una fase di stallo nella vendita di un nuovo “sistema” in quanto il compratore aveva seri problemi a giustificarne l’investimento alla proprietà.

Il prospect, che destinava molte (a suo dire troppe) risorse alle attività di marketing, aveva espresso il suo desiderio di ridurle.

Nel momento in cui il venditore ha indirizzato il suo focus argomentativo su come il suo sistema avrebbe permesso di  monitorare l’efficacia delle campagne di marketing, consentendo al cliente di arrestare rapidamente i programmi di scarsa efficienza, per quest’ultimo apparve chiaro che il risparmio che avrebbe ottenuto giustificava ampiamente l’investimento richiesto per l’acquisto del “sistema”.

Per quanto vecchia, per taluni obsoleta, io ritengo più che mai attuale questa affermazione “un cliente non compra un prodotto per ciò che è, ma per ciò che fa per lui”.

Quindi, ogni volta che saremo di fronte a un prospect,  dovremo ascoltare con attenzione, facendo emergere bisogni inizialmente inespressi e non direttamente collegati alla nostra offerta, al fine di presentare “idee creative” che lo aiutino, con il nostro contributo, a risparmiare, guadagnare, sviluppare la propria attività.

In un percorso di vendita professionale vince sempre la concretezza . . .  si apprende da ciò che funziona,e sta già funzionando per altri!

Cosa fa di un venditore un top performer?

Cosa spinge chi compra a scegliere un fornitore piuttosto che un’altro?

Per maggiori informazioni, per un incontro conoscitivo, per definire come l’intervento possa allinearsi alla vostra realtà,  potete chiamare lo 02.498.70.21 chiedendo di Oliviero Castellani o inviare una mail

Manager: chi è quello che tutti vorrebbero?

Quando si parla di management il pensiero corre subito ai grandi manager, persone vincenti, influenti e soddisfatte del proprio status; si potrebbe dire che più una persona è dotata di capacità manageriali, più è probabile che, gestendo prima di tutto se stessa e il proprio sviluppo professionale, possa migliorare in ogni aspetto il suo standard di vita.

L’immagine del manager, si è profondamente modificata nel corso dell’ultimo secolo seguendo, come è naturale, l’evoluzione culturale, tecnologica ed economico-finanziaria della società.

Possiamo considerare la capacità di “management” come un’attitudine insita in ogni essere umano anche, se la maggior parte delle persone, non riesce a esprimerla in tutta la sua potenzialità.

Il manager deve confrontarsi con le proprie capacità, sfruttandole al meglio nella gestione di un’organizzazione, nei rapporti con gli altri e nel proprio personale cammino verso l’autorealizzazione, mantenendo però una particolare attenzione alla qualità generale della vita.

Il “vero manager” deve avere quella particolare sicurezza che poggia le sue radici in una tranquillità personale, che è forza comunicabile, perché assestata su un benessere di fondo che organizza tutta la vita nei suoi vari aspetti.

Essere nevrotici e sconsideratamente rampanti, orientati ai soli risultati di breve periodo, eccessivamente interessati alla carriera e alla rincorsa di risultati personali, al fine di vendersi bene sul mercato delle teste, hanno oggi, a differenza degli anni ’80, meno appeal.

I manager più brillanti, quelli su cui le proprietà fanno affidamento, sono coloro che, nella loro “storia”, hanno saputo realizzare crescite nel breve, non deludendo le aspettative di lungo periodo, lavorando soprattutto per l’azienda, con l’obiettivo di consentirle di reggersi da sola e progredire.

Essi sono in grado di fornire risultati in differenti situazioni di lavoro, anche diversissime tra loro e, se sanno offrire una buona direzione a una determinata azienda, è molto probabile possano fornirne una altrettanto valida a un’altra.

Parliamo di quei manager che hanno una spiccata capacità di leadership, che sanno imporsi grazie alle proprie competenze relazionali, che non hanno bisogno della tutela di rigide gerarchie, e la cui stabilità nel ruolo è legata alla sicurezza morale e materiale che riescono a fornire all’azienda.

Oggi occorre trovare il modo di essere coerenti con quello che si è, e non con quello che si vorrebbe far apparire, un modo che ci migliori, non solo nell’ottica professionale, ma in quella più generale del nostro essere sereni, vincenti, ottimisti, indistruttibili nei confronti della vita.

Tutto il nostro tempo, se ci pensiamo, lo dedichiamo a organizzare e gestire noi stessi, da quando nasciamo, fino alla fine dei nostri giorni.

Da come ci gestiamo possiamo avere una vita più o meno soddisfacente.

Il benessere, nostro e delle persone che ci circondano, dipende principalmente dalla risposta che ognuno di noi vuole dare alla domanda “che manager vorrei essere”?

In un percorso di vendita professionale vince sempre la concretezza . . .  si apprende da ciò che funziona,e sta già funzionando per altri!

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Obiezioni: eliminare il rischio percepito

Obiezioni, perché?

Perchè nessuno ama prendere decisioni sbagliate, l’essere umano non ama l’ignoto, anzi lo teme.

Anche quando sente la necessità di cambiare, se intravede la possibilità di “fallire”, si blocca.

Questi sono i presupposti del cosiddetto “rischio percepito“, sentimento che può rapidamente trasformarsi in un’obiezione di vendita.

Perché un prospect faccia affari con noi, e con la nostra azienda, è necessario generare la percezione che lo faccia sentire in “buone mani”, al fine di ridurne la sensazione di rischio.

Quali elementi ci possono essere d’aiuto?

1. Corretto utilizzo dei dati quantitativi. Più dati significativi supporteranno la nostra proposta, meglio sarà. Le informazioni interne dovrebbero essere integrate con fonti esterne indipendenti; dove ci è possibile, condividiamo rapporti, studi, articoli, ecc.

2. Trasparenza. Evitare zone d’ombra e insincerità. I clienti, nell’età dei social media, comunicano e condividono liberamente le proprie opinioni online, per cui problemi riguardanti l’offerta, il servizio e l’eventuale stabilità finanziaria possono essere facilmente scoperti. Nell’epoca di internet i clienti cercano soprattutto persone vere.

3. Gestire le aspettative. Essere chiari sugli obiettivi, sul budget di spesa, sui risultati, sul timing, ecc. aiuta ad eliminare incertezze e dubbi, mitigando la percezione del rischio.

4. Parlare con tutte le parti interessate. Parlare con le persone coinvolte nel processo decisionale, e avere un loro feed back prima della proposta (presentazione) ufficiale, riduce il rischio che il “contatto-interlocutore principale” possa trovarsi in difficoltà nel momento decisionale a causa di resistenze impreviste.

5. Offrire referenze. Condividere apertamente riferimenti credibili fa una grande differenza con i prospect. Questo toglie incertezza, e togliere incertezza è il primo obiettivo di chi vende.

Quando un prospect sta selezionando la società con cui lavorerà, la certezza è un fattore cruciale.

Se non “sente” che sta prendendo una decisione solida, per sé e per l’azienda, se non crede che il proprio interlocutore possa aiutarlo a raggiungere i propri obiettivi, rimarrà con il fornitore che ha già, perchè – nel dubbio – la routine è più semplice e meno “rischiosa“.

Se siamo tra quelli che ignorano, o evitano di affrontare, i timori del prospect, ricordiamoci che non spariranno solo perchè non sono stati esternati, o abbiamo tentato di sopperirvi con presentazioni e argomentazioni fiume, che servono più a rassicurare noi stessi, che non il nostro interlocutore.

Timori non espressi e paure non esternate rimangono latenti e allontanano irrimediabilmente il “compratore potenziale”.

In un percorso di vendita professionale vince sempre la concretezza . . .  si apprende da ciò che funziona,e sta già funzionando per altri!

Cosa fa di un venditore un top performer?

Cosa spinge chi compra a scegliere un fornitore piuttosto che un’altro?

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