Feedback: dare e ricevere il feedback

by Oliviero Castellani

Feedback la domanda: Sono un manager e, come ogni anno, è giunto il momento in cui devo rivedere le valutazioni dei miei collaboratori. Il problema è che alcuni membri del team non reagiscono bene al feedback ricevuto: c’è chi piange, chi si arrabbia e chi si difende. Come posso gestire queste emozioni per avere un incontro produttivo?

Saperlo dare è l’abilità di chi crea i presupposti per mettere colui che deve riceverne uno non “gradevole”  nella condizione di accettarlo, affinché possa riflettere serenamente, porre domande di approfondimento, ed  interiorizzarlo come un’opportunità di crescita.

Saper accettare qualunque tipo di “messaggio di ritorno”  è un modo per migliorare efficacemente se stessi, e questo anche quando non ci viene dato nel migliore dei modi; bisogna saper guardare oltre per vedere il nocciolo della questione e delle opportunità di sviluppo in esso contenute.

Le aziende spesso forniscono una formazione su come fornirlo, ma essere in grado di riceverlo è altrettanto importante.

Percepirlo come “feedback sullo sviluppo”, anziché quale “messaggio negativo”, indirizzando alla “critica costruttiva”, può aiutare a ridurre le resistenze.

Il feedback dovrebbe essere considerato come una conversazione bidirezionale, finalizzata sia all'apprendimento dalle esperienze recenti, che allo sviluppo di nuove abilità, ovvero al miglioramento di quelle in essere.

Queste conversazioni sono importanti, e le persone hanno bisogno di sapere come partecipare in modo efficace al processo.

Se però viene dato solo una volta all’anno, perlopiù in sede di valutazione, questo può cogliere le persone di sorpresa e  alla sprovvista.

Se poi quello che ricevono è un feedback negativo, aumentano le probabilità di avere reazioni emotive,oltre alla domanda “perché non mi è stato detto prima?”

I manager efficaci hanno conversazioni aperte e periodiche con le proprie persone, verificano cosa sta andando bene, cosa no, e su cosa occorre prestare un po 'più di attenzione.

In questo modo “costruiscono” la tolleranza a quel feedback utile allo sviluppo, ma che può spesso sembrare una critica, soprattutto quando viene dato solo una volta all’anno.

Dato regolarmente il feedback diventa più simile al coaching e consente di fornire una guida migliore.

Un feedback regolare consente a chi lo riceve di apportare piccole modifiche in itinere, rendendo il cambiamento atteso più probabile e più sostenibile.

Cosa fa di un venditore un top performer?

Cosa spinge chi compra a scegliere un fornitore piuttosto che un’altro?

In un percorso di vendita professionale vince sempre la concretezza . . . 
si apprende da ciò che funziona, e sta già funzionando per altri!

 

Per maggiori informazioni, per un incontro conoscitivo, per definire come l’intervento possa allinearsi alla vostra realtà,  potete chiamare lo 02.498.70.21
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Coach: ispiratore e motivatore del proprio team

by Oliviero Castellani

Sempre più, l’efficacia del responsabile delle vendite sarà in gran parte misurata dalla capacità di essere coach, ovvero di motivare e ispirare ogni venditore a produrre a livelli più alti.

Per coinvolgere e riunire rapidamente un team attorno ad un obiettivo, occorre una vera leadership. 

Per un coach concordare e condividere gli obiettivi comuni del team significa permettere alle persone del “gruppo” di superare le loro differenze, e di riconoscere i diversi contributi che ogni individuo porta alla squadra.

Se la squadra non ha, o non è in grado di raggiungere un obiettivo comune, anche i team più collaborativi rischiano di rimanere bloccati e, alla lunga, perdere la loro coesione.

Oggi  le persone si sentono spesso sole o abbandonate, come può un sales coach ispirarle e motivarle attorno ad un obiettivo?

Il segreto per essere un buon coach è rappresentato dal voler costruire un rapporto basato sull’ascolto dell’altro, sviluppando una vera e propria capacità di accoglienza.

Il sentirsi ascoltati permette di poter avere un rapporto in equilibrio sia con la propria vita, che con gli altri.

Purtroppo la maggior parte delle persone rimane intrappolata in facili meccanismi di pregiudizio, che non consentono la messa a tacere della propria fretta interiore, ampliando così il proprio tempo per il vero interesse verso gli altri.

Secondo le più principali scuole di coaching il coach, per costruire una relazione facilitante, deve focalizzarsi sull’altro, applicando la tecnica delle 4A (Accoglienza, Ascolto, Alleanza, Autenticità).

Alcune scuole identificano in 7 le A aggiungendo alle prime quattro Agilità, Accettazione, Allineamento.

Ci limiteremo ad analizzare le prime quattro.

ACCOGLIENZA

significa fare spazio all’altro e si caratterizza con l’assenza di giudizio (e pregiudizio), con la serena gestione del tempo (nessuna fretta di trovare la soluzione) e con l’empatia (comprendere senza somatizzare).

ASCOLTO

significa sapersi calare nel punto di vista dell’altro, senza perdere però la visione d’insieme e il controllo sul processo; richiede empatia e capacità di non interrompere il flusso del racconto, accogliendo con pazienza e interesse, senza pregiudizi, la narrazione dell’altro. L’ascolto si articola e si compone in: domande (per mostrare autentico interesse), silenzi (per non interrompere la comunicazione) e feedback (per verificare la reciproca comprensione).

ALLEANZA

significa fiducia nell’altra persona, ed è un attivatore di circuiti positivi e di apertura da parte del proprio interlocutore, che gli permette di raccontarsi con più disponibilità e facilità, fino al punto di giungere ad assumersi le sue responsabilità, scoprendo se stesso e le proprie potenzialità.  

AUTENTICITÀ

Creare un piano di esecuzione, realizzare una leadership continua, esaminare le metriche e confrontarsi sistematicamente su come mantenere la propria posizione.

Per dirla come farebbe una persona innamorata della vita:

"le persone hanno tante cose belle da mostrare e,
se imparassimo a cogliere gli aspetti migliori degli altri,
potremmo cominciare a vivere in un mondo migliore"

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4 suggerimenti per un buon sales coaching

by Oliviero Castellani

Coaching delle vendite: tra i tanti suggerimenti utili per condurre il proprio team verso i risultati desiderati, ce ne sono 4 semplici ed efficaci.

Dare l’esempio, aver cura delle proprie persone, lodarle pubblicamente e non lasciar loro questioni “negative” irrisolte.

dare l'esempio

I comportamenti devono essere coerenti.

Il “fate come dico, non come faccio” non funziona con chi guarda al proprio “responsabile” per trarre esempio e cercare di dare il proprio meglio.

Chiunque in una posizione di supervisione deve sostenere il proprio team, deve essere in grado di saper trasferire un’esperienza pratica, tangibile e di successo nella vendita di soluzioni, prodotti e servizi.

Si è molto più credibili quando dimostriamo di saper realizzare, ciò che chiediamo loro di fare.

In poche parole: saper fare, per saper far fare

avere cura delle proprie persone

Letteralmente.

Ogni manager dovrebbe aver cura, e preoccuparsi del “benessere”, di tutti coloro che sono sotto il suo controllo e supervisione, e questo anche se alla fine, nel mondo del “business”, tutto si riduce, quasi sempre, a questioni di “soldi”.

Le persone danno il massimo quando credono che la propria Azienda si preoccupi veramente di loro.

lodare pubblicamente

Se un membro del team lo merita, e se abbiamo qualcosa di buono che riteniamo di dover far sapere, diamo “riconoscimenti pubblici”, non solo lodi private; il riconoscimento è un ingrediente fondamentale per una “mentalità” di successo, sempre che non sia ostentazione, e quindi distorsione, per chi ci ascolta e osserva.

Naturalmente, le comunicazioni negative personali, devono essere sempre “private” e mai di pubblico dominio.

Purtroppo in alcuni ambienti succede proprio il contrario.

Mai lasciare le persone con questioni negative irrisolte

I vecchi dicevano “la notte porta consiglio”, ma anche “moglie e marito non dovrebbero mai andare a letto con problemi irrisolti”.

Di conseguenza un commerciale non dovrebbe mai terminare la giornata con un problema irrisolto, o una situazione negativa.

Che siano un brutto giorno o un brutto mese, vendite perse o errori fatti, e a seconda dei casi, un coach si assicura di dare sempre alla persona qualcosa di positivo: una parola, un incoraggiamento, un suggerimento, un’offerta di aiuto.

Dopotutto si raccoglie ciò che si semina

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Coach eccellente: le 3 chiavi

Coach eccellente:
le 3 chiavi

by Oliviero Castellani

Un buon “responsabile” deve essere prima di tutto un eccellente coach e per fare questo possono risultare utili 3 fattori chiave.

primo

Concludere ogni giornata facendo coaching Formare e far crescere le proprie persone dovrebbe essere la primissima priorità, ma il problema è che spesso i nostri impegni, o i problemi inaspettati, non ci fanno trovare il tempo per farlo.

Dobbiamo porci una domanda fondamentale: 

“condurre efficacemente e con impegno le attività impellenti, ci porterà ad avere un incremento sui risultati delle persone di vendita?”

La risposta, purtroppo, è no!

Definire le priorità significa avere più tempo da dedicare all’attività di coaching sia all’inizio, che alla fine della giornata di lavoro.

secondo

Capire se i problemi di risultati sono la conseguenza di una mancanza di capacità o di una mancanza di volontà.
La mancanza di capacità è facile da correggere, la mancanza di volontà – di attitudine e approccio mentale – è più difficili da risolvere.

Questa è una differenza spesso trascurata, ma un atteggiamento sbagliato può influenzare negativamente gli altri membri del team.
Quando si ha a che fare con problemi di volontà o atteggiamento, i passi da compiere devono essere pensati, e pesati, per ogni specifico caso.

Possiamo chiedere al venditore come mai sta ottenendo risultati meno positivi, evitando atteggiamenti accusatori, regolandoci in base alla risposta.

terzo

Dedicare attenzione al coaching anche alle prime fasi del processo di vendita.

Il successo della vendita è largamente determinato soprattutto dalle prime fasi. Per portare a compimento un processo di vendita che sta partendo occorre migliorarsi soprattutto nell’identificazione delle molte e diverse esigenze del cliente, nell’individuazione delle persone che hanno potere decisionale, capire con chi si è in competizione e legare la soluzione a ciò che per il cliente rappresenta una priorità.

Lavorare con i venditori quando il loro contatto con i clienti è appena iniziato permette all’attività di coaching di portare i migliori risultati.

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3 idee per un coaching di vendita di successo

by Oliviero Castellani

Un efficace coaching di vendita accelera la crescita delle prestazioni delle persone del team, migliorandone le conoscenze, le esperienze, le abilità, la saggezza e il talento.
Il coaching di vendita consente di definire gli obiettivi di business, delineare il flusso di lavoro e lavorare per ottenere i risultati desiderati.
Ecco 3 semplici, ma utili, suggerimenti.

1. Definire le aspettative

Ovvero “cosa speriamo di ottenere entro il . . .?” [definire il timing e gli obiettivi]. Quando impostiamo gli obiettivi in modo chiaro e semplice, crei un ambiente invitante e trasparente.

2. Creare un ambiente aperto

Un buon coaching di vendita deve essere attento e coinvolgente, motivante e istruttivo.
I collaboratori non dovrebbero aver timore di fare domande e venire a parlare con noi; facciamo domande, ascoltiamo ciò hanno da dire, offriamo la nostra guida e i nostri consigli.

3. Siamo pazienti e coerenti

Il cambiamento richiede tempo, e le sessioni una tantum non sono il miglior strumento per aiutare i propri collaboratori. Dovremmo organizzare un coaching settimanale, o almeno bisettimanale.

concludendo

Quando si parla di coaching di vendita, sia l’approccio che i risultati possono essere irregolari, ecco perché è essenziale un time to coach che ci permetta di essere nel tempo stimolanti e pazienti.

Cosa fa di un venditore un top performer?

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Telemarketing: pre call parte 2

telemarketing:
precall parte II

by Oliviero Castellani

Telemarketing pre-call. 
Nella prima parte abbiamo definito l’importanza della ricerca, della qualificazione e del definire i propri obiettivi nella pianificazione e nella preparazione della telefonata, o nel preparare un “approccio con un cliente marginale, piuttosto che nuovo da conquistare”.

Vediamo ora l’importanza di come predisporci all’approccio e come gestire l’azione.

innanzi tutto occorre
"strutturare le domande"

In base ai passaggi precedenti ora siamo in grado pianificare e strutturare le domande chiave da porre al cliente.

Devono essere domande che ci possono aiutare a scoprire e verificare informazioni rilevanti, non solo legate ai possibili bisogni, ma anche ai criteri decisionali del nostro interlocutore.

Buone domande ci permettono di «raggiungere» gli obiettivi del potenziale cliente e, di conseguenza, i nostri.

La capacità di aprire con domande ben strutturate, unita a quella di saper approfondire le risposte del cliente, ci rende efficienti, e quindi “vantaggiosi”, per chi si sta relazionando, e confrontando, con noi.

Un altro modo per distinguersi è avvisare il cliente che lo stiamo per chiamare

 Una mail o un sms che lo avvisi che lo chiameremo e quando, magari con due parole sul motivo del perché lo contatteremo, viene apprezzata dalla maggior parte dei prospect, perché sapere il motivo, e quando saranno chiamati, permette loro di «essere già sul pezzo».

Infine impariamo a respirare.

Correre da una telefonata all’altra o agitarsi con una pianificazione ossessiva sono comportamenti controproducenti.

Respirare, concentrarsi, visualizzare il percorso utile per indirizzarsi al risultato voluto, sono momenti fondamentali prima di alzare il telefono o prima di incontrare un cliente.

Questo ci permetterà di far percepire agli altri la nostra calma e la fiducia che abbiamo in noi stessi.

Per un manager offrire la propria disponibilità nell’assistere, controllare, ma soprattutto supportare, i propri collaboratori nel recuperare efficienza in questi sei 6 passaggi focali, porta a migliorare l’efficacia di ogni approccio e, di conseguenza, porta a migliorare i risultati.

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Telemarketing: pre call parte 1

telemarketing:
precall part i

by Oliviero Castellani

Come possiamo realizzare numeri di vendita soddisfacenti nel 2018?

Troppe aziende dedicano un tempo irrisorio all’execution strategy. 
L’esecuzione richiede disciplina e significa individuare le cose più importanti da fare, e pensare a farle molto bene!

Ci sono 3 passi per un’execution strategy indirizzata all’ottenere un vero vantaggio competitivo.

Nel telemarketing l’attività di pre-call è fondamentale, eppure molti addetti al contatto con la clientela non pianificano, o preparano, bene la telefonata e, per estensione, potremmo dire «l’approccio» con un cliente marginale o con cui non si ha particolare confidenza, piuttosto che un cliente nuovo da conquistare.

Per aiutarli basterebbe trasferire loro poche semplici regole, assistendoli nel cambiamento di abitudini, controllandone i risultati e supportandone le aree di miglioramento.

In questa prima parte parleremo di ricerca, qualificazione e obiettivi, nella prossima di approccio e gestione dell’azione.

Ricercare significa innanzitutto partire dalle informazioni in proprio possesso per decidere, cosa dire e come dirlo.

Se dobbiamo chiamare un imprenditore, artigiano, commerciante, professionista, dare un’occhiata al sito web non sarebbe male, eppure il più delle volte questo banale controllo, vuoi per fretta o per superficialità, non viene eseguito.

Questo significa non fare bene i compiti a casa e a volte ha, come ineluttabile conseguenza, il fare brutte figure.

Inoltre la maggior parte di coloro che fanno business sono sui business social, dove postano informazioni che potrebbero essere preziose per un nostro primo approccio, o per un follow up.

Più saremo informati, meglio ci posizioneremo, più possibilità avremo di essere percepiti come risorsa dal nostro interlocutore.

Pre-qualificare è attività differente a seconda che si stia parlando di un primo contatto, o di un follow up a una precedente proposta, e significa pensare a cosa chiedere e verificare con il cliente potenziale per decidere a che punto è la relazione commerciale e se vale la pena investirvi.

Significa capire se ha la necessità e l’interesse a cambiare, o quantomeno migliorare, il proprio status quo grazie alla soluzione che vorremmo proporgli, se ha opzioni e alternative, anche a livello di competitor.

Gli obiettivi della chiamata rappresentano il «perché chiamiamo», e chi si prende il tempo di identificarli prima della chiamata potrà posizionarsi al meglio, argomentando con maggior efficacia.

basterebbe chiedersi..

«di quali informazioni ho bisogno dal cliente, ovvero cosa non so che mi serve assolutamente sapere»

«quali informazioni voglio che siano chiare per lui al termine della nostra conversazione»

«quale risultato mi prefiggo»

«come posso generare un contatto in grado di coinvolgere e impegnare il cliente»

«quale dovrebbe essere il passo successivo alla mia telefonata per raggiungere verso il risultato che mi sono prefissato»

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Coaching: team – cambiamento e transizione

coaching:

team - cambiamento & transizione

 

Coaching: ecco 3 chiavi per allenare la propria squadra nelle fasi di cambiamento e transizione.

Abbiamo visto più cambiamenti negli ultimi dieci anni rispetto a quelli che i nostri nonni hanno visto nell’arco della loro vita. 

Il mondo sta cambiando, la tecnologia sta cambiando, le abitudini di consumo dei clienti stanno cambiando, le organizzazioni stanno cambiando, ma la persone, in quanto tali, molto-molto meno e con grande fatica.

Ecco perché le situazioni di stress sono molto alte: la necessità di cambiare alza la tensione. 

Non c’è dubbio che è più facile pianificare il cambiamento, che gestire le persone nel corso della sua attuazione. 

Il cambiamento è necessario, in un mondo che cambia costantemente, ma, se gestito male, può generare un sensibile calo nella produttività.

La crescita sostenibile richiede una costante innovazione.

Per questo, manager e leader, quando pongono in essere un’attività di coaching, non possono dimenticare che:

1) Le persone non cambiano, vivono delle transizioni a cui si devono adattare. Ecco perché chi esercita un’attività di coaching, soprattutto in fasi di forte cambiamento, deve prendersi il tempo per allenare, e accompagnare, i colleghi, anziché semplicemente aspettarsi che si allineino al cambiamento solo perché vien detto loro di farlo. Chi fa coaching sa che la transizione è un processo psicologico che si sviluppa in 3 fasi:

  1. Uscita – in cui si abbandona la precedente prospettiva e modo di fare
  2. Sospensione – una sorta di “terra di nessuno” tra la vecchia realtà e quello che riserverà il futuro
  3. Nuovo inizio – ricominciare da capo con passione, come se si trattasse di avere una nuova identità

 

2) Interessi “diversi” per persone “diverse”. In una team in cui ci sono differenti modi di comportarsi, ci saranno sicuramente differenti modalità d’approccio. Fare coaching richiede di comprendere le diverse esigenze legate ai differenti comportamenti, al fine di aiutare al meglio le persone nella fase di transizione. Può capitare che un membro del team, alla luce del cambiamento, ritenga di non essere più adeguato a ricoprire il ruolo. Fare coaching richiede al manager di essere aperto e aiutare il collega ad avere successo altrove (all’interno dell’organizzazione o meno). Meglio aver un membro del team ingaggiato altrove, piuttosto che demotivato e “improduttivo”.

3) Cultura di coaching. Il cambiamento continuo richiede apprendimento continuo. Le organizzazioni hanno bisogno di incorporare una cultura di coaching che dia ai propri manager le competenze utili  ad evolvere, praticando l’apprendimento continuo, abbracciarndo le nuove idee e l’innovazione per servire le mutevoli esigenze dei clienti. Andare oltre la propria zona di comfort (non solo dirigere, ma sostenere) è la sfida utile a bilanciare l’urgenza del cambiamento con il coaching strategico delle persone in fase di transizione, al fine di dar vita a una trasformazione organizzativa efficace. 

 

Allenare il proprio team, allineandoci con un coaching che corrisponde alla natura delle persone che vi fanno parte, significa aiutare il team nel mettersi a proprio agio con la trasformazione in corso.

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