Feedback e Manager

di Oliviero Castellani

In un approfondimento apparso in Harvard Business Review si sostiene che il feedback, sia positivo che negativo, è essenziale per aiutare i manager a migliorare le loro qualità, e affrontare le loro “debolezze”, in modo che possano eccellere nella leadership, sottolineando che:

Un feedback duro non aiuta le persone a prosperare ed eccellere.

  • In effetti, una critica efficace deve essere espressa con rispetto e attenzione. Commenti frequenti, o esclusivamente negativi, potrebbero innescare reazioni difensive che, offuscando le percezioni, smorzerebbero la motivazione.

Il feedback positivo è fondamentale per l'apprendimento.

  • Le persone spesso notano rapidamente cosa c’è che non va, ma è altrettanto importante prestare attenzione e fornire input su ciò che sta funzionando.

Dire a qualcuno come risolvere un problema è spesso l'approccio sbagliato.

  • Meglio sarebbe promuovere una maggior consapevolezza, ponendo domande che, stimolando la riflessione, indirizzino le persone nell’esplorazione e nella sperimentazione.

Per quanto un feedback fornito da un essere umano non sarà mai “puramente” obiettivo, sapere come gli altri la vedono, e la vivono, è incredibilmente prezioso, poiché le persone prendono decisioni (su chi ascoltare, con chi collaborare, di chi fidarsi, chi supportare e promuovere) in base alle loro percezioni.

Vi è una scuola di pensiero che invita a concentrarsi solo sui “punti di forza” (feedback positivi), perché le critiche (feedback negativi), per quanto costruttive, non aiutano le persone a eccellere, ostacolandone l’apprendimento.

In realtà, concentrarsi solo sui punti di forza, significa indurre a credere che non ci siano aree in cui dover migliorare, con il possibile rischio di compromettere l’efficacia dell’organizzazione.

Quindi, invece di incoraggiare le persone a evitare i feedback negativi, dovremmo concentrarci su come fornire feedback negativi nel modo più neutro possibile.

Descrivere l’accaduto (fatto e comportamento) e le conseguenze (impatto) che si sono registrate.

Ecco un esempio: “Nella riunione di questa mattina,, mentre stavamo discutendo le strategie per promuovere la nuova campagna, hai interrotto Marina mentre parlava e le hai detto: “Questa idea non funzionerà mai”, prima che avesse la possibilità di finire. Da quel momento lei si è zittita, ed anche Franco, solitamente partecipativo, ha scelto di non condividere le proprie idee, preferendo inviarmi una nota con le sue osservazioni”.

Tale feedback non è giudicante, non è generalizzato e non attacca il comportamento.

Evidenziando il fatto, e le sue conseguenze, è possibile che il feedback negativo venga ascoltato e considerato, piuttosto che rifiutato sulla difensiva.

Aiutiamo manager, consulenti e commerciali nel qualificare e rendere personale ogni interazione

Cosa fa di un venditore un top performer?

Cosa spinge chi compra a scegliere un fornitore piuttosto che un’altro?

In un percorso di vendita professionale vince sempre la concretezza . . . 
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Sales Management: lo spreco dei contatti di vendita

di Oliviero Castellani

“Per ogni vendita che manchiamo perché siamo troppo persistenti, ne mancheremo cento perché non lo saremo abbastanza”.

Chi è chiamato a guidare un team di consulenti e commerciali sa che il successo nella conversione di clienti potenziali, soprattutto di lead in entrata, richiede persistenza.

Clienti potenziali e lead in entrata sono come l'oro, ma per la maggior parte dei “professionisti nell’offerta di soluzioni alle imprese” questi contatti vengono considerati "morti" dopo una o due chiamate di follow-up andate a vuoto.

Consideriamo queste statistiche:

1. Il consulente – commerciale medio fa solo 2 tentativi per raggiungere un potenziale cliente.

2. L’80% delle vendite richiede 5 tentativi di follow-up dopo una riunione, incontro con il prospect.

3. Il 44% dei consulenti – commerciali abbandona il lead dopo 1 solo tentativo di follow-up.

Perché le persone si arrendono così facilmente?

Consulenti e professionisti della vendita hanno alti livelli di energia, ma basse soglie di noia.

Passare a qualcosa di nuovo è per certi versi più interessante che chiamare le stesse persone con lo stesso messaggio.

E questo è il problema: fare sempre la stessa cosa.

In PR3 abbiamo 30 anni di esperienza nell'aiutare il sales management e i team di vendita a seguire con successo i lead.

Applichiamo anche ai follow up la Regola del 3:

  1. Variare il tempo – Un direttore vendite raccontò che gli standard aziendali richiedevano di contattare un cliente potenziale 6 volte prima di arrendersi. … tutti nello stesso giorno? tutti alla stessa ora in giorni diversi? E se provassimo a variare giorni e orari?
  2. Fare messaggi diversi – Aguzzare l’ingegno uccide la noia. Perseverare non è ripetere le stesse azioni finché non funzionano con qualcuno, ma modificare e migliorare le proprie azioni perché funzionino con chi ci interessa ingaggiare.
  3. Connettersi con più canali – Non risponde, lasciamo uno o più messaggi vocali nella sua segreteria, ma se è il caso proponiamoci anche per sms, whatsapp, email, linkedin o qualunque alternativa si possa considerare.

Se non permettiamo al nostro interlocutore di abituarsi a noi permetteremo alla frenesia della nostra ansia da prestazione di prendere il sopravvento.

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Team: motivare le nostre persone!

by Oliviero Castellani

Di recente ho ritrovato questo vecchio video (di Weird Al Yankovic – comico e attore statunitense https://www.youtube.com/watch?v=GyV_UG60dD4) che ironizza su quanto siano solitamente poco originali gli statement motivazionali aziendali (“monetizzare le risorse”, “sfruttare le competenze chiave” o “ogni risorsa è fondamentale”) nei confronti delle persone del proprio team.

Dopo aver dato un’occhiata al video, pensiamo alla nostra mission attuale: stiamo cantando la solita vecchia canzone, o siamo pronti a distinguerci dalla massa?

I. chiediamolo ai nostri collaboratori

La maggior parte degli statement motivazionali viene scritta in una sala riunioni dal gruppo dirigente, manager che passano tanto (troppo) tempo a leggere libri di gestione pieni di termini come “sinergia” e “valore aggiunto”, “due diligence” e cose del genere – ed è per questo che gli statement aziendali vengon fuori tutti uguali.
Chiedendo invece ai nostri collaboratori, alle persone reali, cosa le motivi a venire a lavorare ogni giorno, e cosa le mantenga energizzate, ci aiuterà a creare una dichiarazione motivazionale in grado di rispecchiare davvero la cultura e i valori della nostra azienda.

II. cambiamo la domanda

Anziché chiederci e chiedere alle persone del nostro team “Qual è la nostra mission?” proviamo a semplificare la domanda in “Qual è il nostro scopo?” o “Perché siamo in questo business?” o “Cosa ci tira fuori dal letto la mattina, per venire a lavorare?”
Un linguaggio più accessibile, e concreto, fornirà risposte più accessibili e concrete. 

III. lasciamo che pensino da soli

Già, lasciamo che le persone rispondano da sole alla domanda, usando un sondaggio (anche anonimo) o in una sessione di brainstorming collettivo in cui tutti i collaboratori hanno facoltà di iniziare a poi scrivere indipendentemente.
Tentando, come fanno molti, di creare un mission tutti insieme come primo passo, si finisce solitamente per produrre un messaggio che parla un linguaggio comprensibile a tutti, ma generico, che non tiene conto delle idee personali che un individuo potrebbe non esporre perché trasportato dalla corrente generale, che solitamente manca di originalità, creatività e frizzantezza.

IV. decidiamo insieme

A questo punto, potremmo visionare tutte le risposte individuali in una sessione di gruppo, così da scoprire temi spontaneamente comuni e identificare il linguaggio con cui parla il team nel complesso.

Prendiamo in considerazione l’assunzione di un facilitatore per eseguire questa sessione, per assicurarci che tutti siano ascoltati e provare a concordare una bozza che mantenga lo spirito della nostra cultura aziendale e al contempo sia in grado di ispiri il team in maniera personalizzata.
A seconda delle dimensioni della nostra azienda, potremmo aver bisogno di qualche giro di revisioni per poter giungere a qualcosa che possa soddisfare le aspettative di tutti.
Se la conversazione dovesse scaldarsi, non dobbiamo disperare – sarebbe in realtà un segno che le persone si stanno davvero appassionando nel creare qualcosa di eccezionale e che rispecchi veramente il loro ruolo all’interno del team!

Una volta finito, non dovremmo dimenticare di guardare di nuovo il video di cui sopra, per assicuraci che nessuna di quelle “frasi fatte” si intrometta nella nostra formulazione finale.

V. comunichiamo, ispirando

Una dichiarazione di intenti o uno statement motivazionale dovrebbe meritare più di una paginetta obbligata sul nostro sito web o un trafiletto altisonante nel manualetto del dipendente che distribuiamo in azienda.
Se riusciamo a catturare davvero la passione dei nostri dipendenti, la nostra mission può essere utilizzata come strumento per il nostro team attraverso il quale prendere decisioni attraverso momenti difficili.
Alcuni li intonacano sulle pareti, altri li recitano in apertura della riunione del proprio staff altri compongono una canzone che tutti i tuoi dipendenti devono imparare e cantare al picnic aziendale ..ecco, questo magari – tipicamente made in U.S.A. – potrebbe essere un po’ azzardato, visto che ultimamente gli esperimenti italiani in tal senso si sono tramutati in un’arma a doppio taglio, con alcuni video virali che hanno fatto il giro del web in toni tutt’altro che positivi : )

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Qualificare prospect e clienti potenziali

by Oliviero Castellani

QUALIFICARE

Per i professionisti delle vendite, nell’era del COVID-19, qualificare richiede molto più tempo di quello che si sarebbe potuto immaginare. 

Cercare e selezionare clienti potenziali setacciando LinkedIn, siti Web e altri contatti provenienti dall’utilizzo di strumenti digitali, non è semplice come sembra, e l’efficienza nel qualificare i prospect diviene sempre più rilevante.

Questo in PR3 International lo sappiamo bene, e ci concentriamo nell’offrire programmi di formazione alle vendite che indirizzino sia i responsabili che le persone del team nel perfezionare le attività di verifica dei clienti potenziali, così da investire tempo ed energie nel riconoscere e sviluppare le vere opportunità da quelle effimere.

Un processo di qualificazione deve indagare almeno queste caratteristiche:

Consapevolezza del Bisogno

Per essere veramente qualificato, un potenziale cliente deve essere consapevole di avere un bisogno, un problema un’opportunità da conseguire.

Chi vende dovrebbe porsi, e porre, domande che permettano di rivelare se il prospect riconosce l’esigenza e l’intenzione di soddisfarla.

Autorità e Capacità di Impegnarsi

È frustrante spendere tempo e fatica con un contatto che non è in grado di prendere una decisione di acquisto, o di influenzare chi dovrà prenderla.
È indispensabile determinare “immediatamente” se la persona con cui abbiamo a che fare ha l’autorità e il budget per acquistare.
Sin dalle prime conversazioni dovremmo essere in grado di comprendere il processo decisionale dell’azienda cliente, e chi ne è coinvolto oltre al nostro interlocutore.

Senso di Urgenza

Trascorrere molto tempo con clienti potenziali che non hanno “fretta-urgenza” di prendere una decisione, equivale a sprecare le proprie energie.

Prima di tutto occorre comprendere la consapevolezza e la tempistica della necessità del problema e dell’opportunità da cogliere.
Se la tempistica non è chiara o definita, meglio rinviare a un incontro in futuro, mantenendo contatti e presidio nel modo più idoneo.

Approccio Consultivo

Sviluppare fiducia nei nostri confronti sin dall’inizio della relazione è fondamentale, e l’utilizzo di un processo di vendita consultivo è un ottimo modo per farlo.

Investire il Proprio Tempo

Molte persone potrebbero essere disposte ad ascoltarci, ma se non possono acquistare, o non vogliono acquistare, non vale la pena spendere tempo prezioso.

_________

Ricordiamoci inoltre che, non è perché possiamo vendere qualcosa a qualcuno, che dovremmo farlo sempre; dobbiamo considerarne la redditività immediata e nel tempo per capire se ha senso acquisirlo e seguirlo.

La risorsa più importante di ogni team di vendita è il tempo, una risorsa troppo preziosa per essere sprecata con “prospect” non adatti alla nostra azienda e ai suoi prodotti e servizi.

Chi vende può ottenere di più in meno tempo se è in grado di valutare quanto la “controparte” sia qualificata rispetto alle caratteristiche del proprio cliente ideale.

_________

Sei interessato ad aiutare i tuoi professionisti delle vendite?


In PR3 International abbiamo una varietà di
workshop e programmi di formazione alla vendita (virtuali e in presenza) che possono aiutare a mettere sulla strada giusta le persone del tuo team di vendita.

o.castellani@pr3online.it – 335.27.30.73

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Leadership: la giusta mentalità

by Oliviero Castellani

Le organizzazioni di tutto il mondo spendono centinaia di miliardi di euro per lo sviluppo della leadership, ma una ricerca della Brandon Hall Group ha riscontrato che il 75% delle organizzazioni ha giudicato i propri programmi di sviluppo della leadership non completamente efficaci.

Probabilmente, la maggior parte degli sforzi di sviluppo della leadership trascura un attributo specifico che è fondamentale per il modo in cui i leader pensano, apprendono e si comportano: la loro mentalità, ovvero ciò che ognuno di loro fa o pensa di fare.

Ad esempio, due leader di fronte alla stessa situazione possono elaborala e rispondere alla stessa in modo molto diverso.

Quando gli sforzi di sviluppo della leadership ignorano le mentalità, ignorano il modo in cui i leader vedono e interpretano problemi e opportunità.

Le ricerche nelle scienze sociali identificano quattro distinti set di mentalità utili a influenzare la capacità dei leader di interagire con gli altri, guidare il cambiamento con maggiore successo, ed eseguire i loro ruoli di leadership in modo più efficace.

Mentalità di crescita.

La mentalità di crescita è la convinzione che le persone (tutte, inclusi noi stessi) possano modificare e sviluppare costantemente i propri talenti, le proprie abilità e la propria intelligenza; decenni di ricerche hanno scoperto che chi ha una mentalità di crescita è più preparato ad affrontare le sfide, trarre vantaggio dai feedback ricevuti, adottare le strategie più efficaci per risolvere i problemi, fornire feedback efficaci e perseverare nel cercare di raggiungere gli obiettivi.

Mentalità di apprendimento e prestazione.

Apprendere implica essere motivati ad aumentare la propria competenza e padroneggiare qualcosa di nuovo. Mentalità da prestazione implica l’essere motivati a ottenere giudizi favorevoli (o evitare giudizi negativi) sulla propria competenza. I leader con una mentalità di apprendimento, rispetto a quelli con una mentalità da prestazione, sono più preparati mentalmente per aumentare le loro competenze, impegnarsi in strategie di apprendimento di alto livello, cercare feedback ed esercitare più sforzi. Sono anche persistenti, adattabili, disposti a collaborare e tendono ad esibirsi a un livello superiore.

Mentalità deliberative e attuative.

I leader con una mentalità deliberativa hanno una maggiore ricettività verso tutti i tipi di informazioni così da pensare a agire nel modo più modo ottimale possibile, quelli con una mentalità implementativa sono più concentrati sull’attuazione delle decisioni, il che li chiude nei confronti di idee e informazioni nuove e diverse. I primi  tendono a prendere decisioni migliori perché sono più imparziali, più accurati e meno viziati durante l’intero processo elaborazione.

Mentalità di promozione e prevenzione.

I leader con una mentalità promozionale sono focalizzati su vincite e guadagni. Individuano uno scopo, un obiettivo o una destinazione specifici, e danno la priorità al progresso verso di esso. I leader con una mentalità di prevenzione, invece, si concentrano sull’evitare perdite e prevenire problemi a tutti i costi. Quelli con una mentalità promozionale sono più inclini al pensiero positivo, più aperti al cambiamento, e hanno più probabilità di persistere nonostante le sfide e le battute d’arresto, dimostrando livelli più elevati di prestazione e comportamenti solitamente più innovativi rispetto ai leader con una mentalità di prevenzione.

Se le organizzazioni vogliono che i loro investimenti nello sviluppo della leadership vengano ripagati in modo più completo, è essenziale dare priorità allo sviluppo della mentalità, in particolare mirando a mentalità di crescita, apprendimento, deliberativo e promozione.

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Sales_Team: motivare un team di vendita

by Oliviero Castellani

I venditori, soprattutto quelli legati a una commissione per la parte significativa delle loro entrate, hanno nel “guadagnare bene” una componente fondamentale della loro motivazione, e non c’è niente di sbagliato in questo.

I buoni venditori, che sono profondamente fedeli all’azienda per cui lavorano, si impegnano e sono disposti a resistere alle sirene di “migliori offerte”.

Dal confronto con alcuni professionisti delle vendite emerge il loro pensiero sul significato di cosa possa motivare un team di vendita.

Instillare la responsabilità,

..perché se un team di vendita (retail o B2B) non fa il suo lavoro, l’azienda fallisce.

Che il marketing sia efficiente o meno, o che lo sviluppo del prodotto sia ottimale piuttosto che deficitario, spetta ancora alle vendite generare entrate per l’organizzazione.

Un buon venditore si sente responsabile nei confronti di ogni membro dell’organizzazione sempre che venga messo nella condizione di conoscere gli obiettivi e abbia traguardi chiaramente definiti.

Creare un team di vendita con una cultura di fiducia e responsabilità reciproca spesso spinge ogni persona a migliorare e, di riflesso, a lavorare insieme facendo pienamente la sua parte.

Appello All'Individuo,

..perché la motivazione è uno sforzo profondamente personale e saper distinguere tra chi ha una vera motivazione, da chi se la inventa lì per lì, o non ne ha una vera, è fondamentale.

Non possiamo forzare la motivazione, possiamo cercare di influenzare o ispirare qualcuno, ma la motivazione è un bene inalienabile e indisponibile per ogni individuo.

Ci sono responsabili delle vendite che inviano regolarmente al team e-mail prima dell’inizio della settimana, alla fine di un trimestre o la mattina di un giorno importante, offrendo parole di incoraggiamento durante una crisi, o condividendo riferimenti a stimolanti analogie che si adattano a qualsiasi situazione.

Ma questo sforzo dipende sempre dal ricevente; per chi non ha motivazione o non è in grado di motivarsi, queste mail sono generalmente “lettera morta”.

I responsabili delle vendite devono capire profondamente cosa motiva le persone del loro team, strutturando, singolarmente e per ciò che serve, efficaci revisioni delle prestazioni, feedback puntuali, percorsi su nuovi set di abilità, riconoscimenti pubblici.

Praticare ciò che si Predica:

un responsabile delle vendite non dovrebbe mai chiedere alle persone del proprio team di vendita di fare qualcosa che lui non farebbe.

Se i “rappresentanti” viaggiano per visitare potenziali clienti, anche i responsabili delle vendite della loro organizzazione dovrebbero farlo di volta in volta.

Se i responsabili lavorano intensamente e fanno il possibile ogni giorno, possono aspettarsi lo stesso dalla loro squadra.

Coloro che guidano con l’esempio, e nutrono l’energia dell’organizzazione in modo altamente visibile, hanno atteggiamenti contagiosi e possono dare tono al resto della squadra.

Un team di vendita motivato è un differenziatore competitivo.

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Formazione Vendite: i 7 plus del formatore

by Oliviero Castellani

La formazione alla vendita, se fatta correttamente,  consente di sviluppare tutto il potenziale di ogni commerciale.

Tuttavia, non tutti i programmi sono uguali, e non tutti sono guidati da “facilitatori” con una reale, e attuale, esperienza di vendita.

 

Ci sono 7 plus che definiscono un formatore vendite.

1. Ha significative esperienza di vendita

I partecipanti capiscono velocemente se chi hanno di fronte ha “veramente venduto” (meglio se sta vendendo ancora) o no!

Trasferire conoscenze derivanti dall’esperienza professionale è fondamentale per guadagnare fiducia, costruire credibilità e “invitare” i partecipanti all’azione.

Quando riceve delle domande il formatore dovrebbe essere in grado di rispondere grazie anche al proprio vissuto, indirizzando a best practices che funzionino non solo nei libri.

2. Ha leadership

La leadership aumenta la fiducia in chi dimostra di avere un solido background nella vendita professionale, perché permette al formatore di essere un buon coach e di comprendere gli stati d’animo e le esigenze del gruppo di lavoro, offrendo, di conseguenza, un’esperienza di apprendimento coinvolgente e di successo.

3. È curioso

Investe tutto il tempo che ritiene necessario per imparare a conoscere:

  • Le persone che deve formare
  • Il settore in cui operano
  • I loro prodotti e servizi
  • I rispettivi obiettivi e strategie di vendita
  • Le sfide che devono affrontare
  • Le best practices

4. È umile

Trattiene e domina il suo ego perché sa che, per facilitare un’eccellente esperienza di apprendimento, l’attenzione deve rimanere concentrata sui partecipanti.

5. Facilita la discussione

Coinvolge e interessa i partecipanti con domande mirate e che portino ad esprimere opinioni, esperienze, riflessioni.

6. È altruista

Vuole incidere affinché le persone che ha di fronte possano avere successo, nella professione, come nella vita.

7. È un comunicatore

Un eccellente formatore di vendita padroneggia la capacità di comunicare idee complesse in concetti facili da assimilare.

Un facilitatore di qualità è fondamentale e può fare un’enorme differenza nel successo complessivo di un programma di formazione alle vendite.

Ogni Manager dovrebbe offrire al proprio team di vendita le migliori possibilità di successo selezionando un fornitore che abbia un team di facilitatori di formazione di grande livello.

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Feedback: dare e ricevere il feedback

by Oliviero Castellani

Feedback la domanda: Sono un manager e, come ogni anno, è giunto il momento in cui devo rivedere le valutazioni dei miei collaboratori. Il problema è che alcuni membri del team non reagiscono bene al feedback ricevuto: c’è chi piange, chi si arrabbia e chi si difende. Come posso gestire queste emozioni per avere un incontro produttivo?

Saperlo dare è l’abilità di chi crea i presupposti per mettere colui che deve riceverne uno non “gradevole”  nella condizione di accettarlo, affinché possa riflettere serenamente, porre domande di approfondimento, ed  interiorizzarlo come un’opportunità di crescita.

Saper accettare qualunque tipo di “messaggio di ritorno”  è un modo per migliorare efficacemente se stessi, e questo anche quando non ci viene dato nel migliore dei modi; bisogna saper guardare oltre per vedere il nocciolo della questione e delle opportunità di sviluppo in esso contenute.

Le aziende spesso forniscono una formazione su come fornirlo, ma essere in grado di riceverlo è altrettanto importante.

Percepirlo come “feedback sullo sviluppo”, anziché quale “messaggio negativo”, indirizzando alla “critica costruttiva”, può aiutare a ridurre le resistenze.

Il feedback dovrebbe essere considerato come una conversazione bidirezionale, finalizzata sia all'apprendimento dalle esperienze recenti, che allo sviluppo di nuove abilità, ovvero al miglioramento di quelle in essere.

Queste conversazioni sono importanti, e le persone hanno bisogno di sapere come partecipare in modo efficace al processo.

Se però viene dato solo una volta all’anno, perlopiù in sede di valutazione, questo può cogliere le persone di sorpresa e  alla sprovvista.

Se poi quello che ricevono è un feedback negativo, aumentano le probabilità di avere reazioni emotive,oltre alla domanda “perché non mi è stato detto prima?”

I manager efficaci hanno conversazioni aperte e periodiche con le proprie persone, verificano cosa sta andando bene, cosa no, e su cosa occorre prestare un po 'più di attenzione.

In questo modo “costruiscono” la tolleranza a quel feedback utile allo sviluppo, ma che può spesso sembrare una critica, soprattutto quando viene dato solo una volta all’anno.

Dato regolarmente il feedback diventa più simile al coaching e consente di fornire una guida migliore.

Un feedback regolare consente a chi lo riceve di apportare piccole modifiche in itinere, rendendo il cambiamento atteso più probabile e più sostenibile.

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Coach: ispiratore e motivatore del proprio team

by Oliviero Castellani

Sempre più, l’efficacia del responsabile delle vendite sarà in gran parte misurata dalla capacità di essere coach, ovvero di motivare e ispirare ogni venditore a produrre a livelli più alti.

Per coinvolgere e riunire rapidamente un team attorno ad un obiettivo, occorre una vera leadership. 

Per un coach concordare e condividere gli obiettivi comuni del team significa permettere alle persone del “gruppo” di superare le loro differenze, e di riconoscere i diversi contributi che ogni individuo porta alla squadra.

Se la squadra non ha, o non è in grado di raggiungere un obiettivo comune, anche i team più collaborativi rischiano di rimanere bloccati e, alla lunga, perdere la loro coesione.

Oggi  le persone si sentono spesso sole o abbandonate, come può un sales coach ispirarle e motivarle attorno ad un obiettivo?

Il segreto per essere un buon coach è rappresentato dal voler costruire un rapporto basato sull’ascolto dell’altro, sviluppando una vera e propria capacità di accoglienza.

Il sentirsi ascoltati permette di poter avere un rapporto in equilibrio sia con la propria vita, che con gli altri.

Purtroppo la maggior parte delle persone rimane intrappolata in facili meccanismi di pregiudizio, che non consentono la messa a tacere della propria fretta interiore, ampliando così il proprio tempo per il vero interesse verso gli altri.

Secondo le più principali scuole di coaching il coach, per costruire una relazione facilitante, deve focalizzarsi sull’altro, applicando la tecnica delle 4A (Accoglienza, Ascolto, Alleanza, Autenticità).

Alcune scuole identificano in 7 le A aggiungendo alle prime quattro Agilità, Accettazione, Allineamento.

Ci limiteremo ad analizzare le prime quattro.

ACCOGLIENZA

significa fare spazio all’altro e si caratterizza con l’assenza di giudizio (e pregiudizio), con la serena gestione del tempo (nessuna fretta di trovare la soluzione) e con l’empatia (comprendere senza somatizzare).

ASCOLTO

significa sapersi calare nel punto di vista dell’altro, senza perdere però la visione d’insieme e il controllo sul processo; richiede empatia e capacità di non interrompere il flusso del racconto, accogliendo con pazienza e interesse, senza pregiudizi, la narrazione dell’altro. L’ascolto si articola e si compone in: domande (per mostrare autentico interesse), silenzi (per non interrompere la comunicazione) e feedback (per verificare la reciproca comprensione).

ALLEANZA

significa fiducia nell’altra persona, ed è un attivatore di circuiti positivi e di apertura da parte del proprio interlocutore, che gli permette di raccontarsi con più disponibilità e facilità, fino al punto di giungere ad assumersi le sue responsabilità, scoprendo se stesso e le proprie potenzialità.  

AUTENTICITÀ

Creare un piano di esecuzione, realizzare una leadership continua, esaminare le metriche e confrontarsi sistematicamente su come mantenere la propria posizione.

Per dirla come farebbe una persona innamorata della vita:

"le persone hanno tante cose belle da mostrare e,
se imparassimo a cogliere gli aspetti migliori degli altri,
potremmo cominciare a vivere in un mondo migliore"

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Telemarketing: pre call parte 2

telemarketing:
precall parte II

by Oliviero Castellani

Telemarketing pre-call. 
Nella prima parte abbiamo definito l’importanza della ricerca, della qualificazione e del definire i propri obiettivi nella pianificazione e nella preparazione della telefonata, o nel preparare un “approccio con un cliente marginale, piuttosto che nuovo da conquistare”.

Vediamo ora l’importanza di come predisporci all’approccio e come gestire l’azione.

innanzi tutto occorre
"strutturare le domande"

In base ai passaggi precedenti ora siamo in grado pianificare e strutturare le domande chiave da porre al cliente.

Devono essere domande che ci possono aiutare a scoprire e verificare informazioni rilevanti, non solo legate ai possibili bisogni, ma anche ai criteri decisionali del nostro interlocutore.

Buone domande ci permettono di «raggiungere» gli obiettivi del potenziale cliente e, di conseguenza, i nostri.

La capacità di aprire con domande ben strutturate, unita a quella di saper approfondire le risposte del cliente, ci rende efficienti, e quindi “vantaggiosi”, per chi si sta relazionando, e confrontando, con noi.

Un altro modo per distinguersi è avvisare il cliente che lo stiamo per chiamare

 Una mail o un sms che lo avvisi che lo chiameremo e quando, magari con due parole sul motivo del perché lo contatteremo, viene apprezzata dalla maggior parte dei prospect, perché sapere il motivo, e quando saranno chiamati, permette loro di «essere già sul pezzo».

Infine impariamo a respirare.

Correre da una telefonata all’altra o agitarsi con una pianificazione ossessiva sono comportamenti controproducenti.

Respirare, concentrarsi, visualizzare il percorso utile per indirizzarsi al risultato voluto, sono momenti fondamentali prima di alzare il telefono o prima di incontrare un cliente.

Questo ci permetterà di far percepire agli altri la nostra calma e la fiducia che abbiamo in noi stessi.

Per un manager offrire la propria disponibilità nell’assistere, controllare, ma soprattutto supportare, i propri collaboratori nel recuperare efficienza in questi sei 6 passaggi focali, porta a migliorare l’efficacia di ogni approccio e, di conseguenza, porta a migliorare i risultati.

Per maggiori informazioni, per un incontro conoscitivo, per definire come l’intervento possa allinearsi alla vostra realtà,  potete chiamare lo 02.498.70.21
chiedendo di Oliviero Castellani
o inviare una mail