Team: motivare le nostre persone!

by Oliviero Castellani

Di recente ho ritrovato questo vecchio video (di Weird Al Yankovic – comico e attore statunitense https://www.youtube.com/watch?v=GyV_UG60dD4) che ironizza su quanto siano solitamente poco originali gli statement motivazionali aziendali (“monetizzare le risorse”, “sfruttare le competenze chiave” o “ogni risorsa è fondamentale”) nei confronti delle persone del proprio team.

Dopo aver dato un’occhiata al video, pensiamo alla nostra mission attuale: stiamo cantando la solita vecchia canzone, o siamo pronti a distinguerci dalla massa?

I. chiediamolo ai nostri collaboratori

La maggior parte degli statement motivazionali viene scritta in una sala riunioni dal gruppo dirigente, manager che passano tanto (troppo) tempo a leggere libri di gestione pieni di termini come “sinergia” e “valore aggiunto”, “due diligence” e cose del genere – ed è per questo che gli statement aziendali vengon fuori tutti uguali.
Chiedendo invece ai nostri collaboratori, alle persone reali, cosa le motivi a venire a lavorare ogni giorno, e cosa le mantenga energizzate, ci aiuterà a creare una dichiarazione motivazionale in grado di rispecchiare davvero la cultura e i valori della nostra azienda.

II. cambiamo la domanda

Anziché chiederci e chiedere alle persone del nostro team “Qual è la nostra mission?” proviamo a semplificare la domanda in “Qual è il nostro scopo?” o “Perché siamo in questo business?” o “Cosa ci tira fuori dal letto la mattina, per venire a lavorare?”
Un linguaggio più accessibile, e concreto, fornirà risposte più accessibili e concrete. 

III. lasciamo che pensino da soli

Già, lasciamo che le persone rispondano da sole alla domanda, usando un sondaggio (anche anonimo) o in una sessione di brainstorming collettivo in cui tutti i collaboratori hanno facoltà di iniziare a poi scrivere indipendentemente.
Tentando, come fanno molti, di creare un mission tutti insieme come primo passo, si finisce solitamente per produrre un messaggio che parla un linguaggio comprensibile a tutti, ma generico, che non tiene conto delle idee personali che un individuo potrebbe non esporre perché trasportato dalla corrente generale, che solitamente manca di originalità, creatività e frizzantezza.

IV. decidiamo insieme

A questo punto, potremmo visionare tutte le risposte individuali in una sessione di gruppo, così da scoprire temi spontaneamente comuni e identificare il linguaggio con cui parla il team nel complesso.

Prendiamo in considerazione l’assunzione di un facilitatore per eseguire questa sessione, per assicurarci che tutti siano ascoltati e provare a concordare una bozza che mantenga lo spirito della nostra cultura aziendale e al contempo sia in grado di ispiri il team in maniera personalizzata.
A seconda delle dimensioni della nostra azienda, potremmo aver bisogno di qualche giro di revisioni per poter giungere a qualcosa che possa soddisfare le aspettative di tutti.
Se la conversazione dovesse scaldarsi, non dobbiamo disperare – sarebbe in realtà un segno che le persone si stanno davvero appassionando nel creare qualcosa di eccezionale e che rispecchi veramente il loro ruolo all’interno del team!

Una volta finito, non dovremmo dimenticare di guardare di nuovo il video di cui sopra, per assicuraci che nessuna di quelle “frasi fatte” si intrometta nella nostra formulazione finale.

V. comunichiamo, ispirando

Una dichiarazione di intenti o uno statement motivazionale dovrebbe meritare più di una paginetta obbligata sul nostro sito web o un trafiletto altisonante nel manualetto del dipendente che distribuiamo in azienda.
Se riusciamo a catturare davvero la passione dei nostri dipendenti, la nostra mission può essere utilizzata come strumento per il nostro team attraverso il quale prendere decisioni attraverso momenti difficili.
Alcuni li intonacano sulle pareti, altri li recitano in apertura della riunione del proprio staff altri compongono una canzone che tutti i tuoi dipendenti devono imparare e cantare al picnic aziendale ..ecco, questo magari – tipicamente made in U.S.A. – potrebbe essere un po’ azzardato, visto che ultimamente gli esperimenti italiani in tal senso si sono tramutati in un’arma a doppio taglio, con alcuni video virali che hanno fatto il giro del web in toni tutt’altro che positivi : )

Cosa fa di un venditore un top performer?

Cosa spinge chi compra a scegliere un fornitore piuttosto che un’altro?

In un percorso di vendita professionale vince sempre la concretezza . . . 
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Leadership: la giusta mentalità

by Oliviero Castellani

Le organizzazioni di tutto il mondo spendono centinaia di miliardi di euro per lo sviluppo della leadership, ma una ricerca della Brandon Hall Group ha riscontrato che il 75% delle organizzazioni ha giudicato i propri programmi di sviluppo della leadership non completamente efficaci.

Probabilmente, la maggior parte degli sforzi di sviluppo della leadership trascura un attributo specifico che è fondamentale per il modo in cui i leader pensano, apprendono e si comportano: la loro mentalità, ovvero ciò che ognuno di loro fa o pensa di fare.

Ad esempio, due leader di fronte alla stessa situazione possono elaborala e rispondere alla stessa in modo molto diverso.

Quando gli sforzi di sviluppo della leadership ignorano le mentalità, ignorano il modo in cui i leader vedono e interpretano problemi e opportunità.

Le ricerche nelle scienze sociali identificano quattro distinti set di mentalità utili a influenzare la capacità dei leader di interagire con gli altri, guidare il cambiamento con maggiore successo, ed eseguire i loro ruoli di leadership in modo più efficace.

Mentalità di crescita.

La mentalità di crescita è la convinzione che le persone (tutte, inclusi noi stessi) possano modificare e sviluppare costantemente i propri talenti, le proprie abilità e la propria intelligenza; decenni di ricerche hanno scoperto che chi ha una mentalità di crescita è più preparato ad affrontare le sfide, trarre vantaggio dai feedback ricevuti, adottare le strategie più efficaci per risolvere i problemi, fornire feedback efficaci e perseverare nel cercare di raggiungere gli obiettivi.

Mentalità di apprendimento e prestazione.

Apprendere implica essere motivati ad aumentare la propria competenza e padroneggiare qualcosa di nuovo. Mentalità da prestazione implica l’essere motivati a ottenere giudizi favorevoli (o evitare giudizi negativi) sulla propria competenza. I leader con una mentalità di apprendimento, rispetto a quelli con una mentalità da prestazione, sono più preparati mentalmente per aumentare le loro competenze, impegnarsi in strategie di apprendimento di alto livello, cercare feedback ed esercitare più sforzi. Sono anche persistenti, adattabili, disposti a collaborare e tendono ad esibirsi a un livello superiore.

Mentalità deliberative e attuative.

I leader con una mentalità deliberativa hanno una maggiore ricettività verso tutti i tipi di informazioni così da pensare a agire nel modo più modo ottimale possibile, quelli con una mentalità implementativa sono più concentrati sull’attuazione delle decisioni, il che li chiude nei confronti di idee e informazioni nuove e diverse. I primi  tendono a prendere decisioni migliori perché sono più imparziali, più accurati e meno viziati durante l’intero processo elaborazione.

Mentalità di promozione e prevenzione.

I leader con una mentalità promozionale sono focalizzati su vincite e guadagni. Individuano uno scopo, un obiettivo o una destinazione specifici, e danno la priorità al progresso verso di esso. I leader con una mentalità di prevenzione, invece, si concentrano sull’evitare perdite e prevenire problemi a tutti i costi. Quelli con una mentalità promozionale sono più inclini al pensiero positivo, più aperti al cambiamento, e hanno più probabilità di persistere nonostante le sfide e le battute d’arresto, dimostrando livelli più elevati di prestazione e comportamenti solitamente più innovativi rispetto ai leader con una mentalità di prevenzione.

Se le organizzazioni vogliono che i loro investimenti nello sviluppo della leadership vengano ripagati in modo più completo, è essenziale dare priorità allo sviluppo della mentalità, in particolare mirando a mentalità di crescita, apprendimento, deliberativo e promozione.

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Le abilità di un buon manager

La conoscenza delle nozioni utili al management non consente da sola di costruire un buon manager, occorrono anche l’arte e il mestiere.

Per arte si intende la capacità creativa, ovvero la capacità di trovare idee e soluzioni nuove.

Per mestiere intendiamo il sapersi muovere con intuito, scegliendo quando, se e come, applicare i concetti del management.

Le aziende chiedono a un manager di raggiungere determinati obiettivi, quindi il primo obiettivo di un buon manager è possedere questa abilità.

Ma aldilà di questo, restano basilari alcune capacità che devono far parte del bagaglio personale di ogni manager.

1.      L’attitudine a volersi migliorare costantemente (ovvero al piacere di migliorare il proprio rendimento e le proprie capacità globali), che non va confusa con l’arrivismo (ovvero alla rivendicazione di un posto migliore rispetto a quello che attualmente ci è attribuito).

2.      L’elasticità mentale di veder chiaro laddove per gli altri è difficile orientarsi unita alla capacità di entrare ed uscire dai problemi, frammentandoli o correlandoli, per trovarne la giusta ottica da cui partire per risolverli.

3.      Conoscere tecnicamente il proprio mestiere ed i processi per gestire l’organizzazione.

4.      Essere leader, persona di riferimento e capo; comunicare sicurezza, forza, energia e fiducia.

5.      Essere riconosciuto come affidabile dalla proprietà.

6.      Farsi ascoltare, capire e seguire, esprimendosi con chiarezza e sicurezza.

7.      Programmare per saper ottenere il massimo da se sesso.

8.      Gestire le persone con sicurezza ed autorità riconoscibile e riconosciuta.

9.      Gestire le situazioni conflittuali.

10.  Lavorare in gruppo, lasciandosi permeare dalle idee, ma senza farsene plagiare.

11.  Saper sopportare sentimenti negativi.

12.  Saper distinguere l’adulazione dalla dedizione.

13.  Prendere decisioni, anche rischiose, non condizionato dall’emotività, ma con la razionalità conseguente ad un’oggettiva valutazione.

14.  Tendere sempre ad innovarsi e ad innovare.

Evidentemente è molto difficile che una persona possa avere in sé tutte queste abilità.

E’ importante esaminarsi onestamente, per riconoscere le proprie aree di forza, ma soprattutto quelle in cui siamo in difficoltà.

E’ difficile muoversi in un ruolo manageriale, se non ci si può  poggiare su solide attitudini personali.

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Il manager e la vita

Un manager deve avere particolare attenzione alla qualità generale della vita e non solo alla sua efficienza professionale.

Essere vincenti nella propria carriera, ma avere una serie di ininterrotte sconfitte nella sfera personale, porta, prima o poi, a inevitabili, e talvolta opprimenti, disequilibri; è fondamentale avere quella particolare sicurezza che poggia le sue radici in una tranquillità personale, che è forza comunicabile perché assestata su un benessere di fondo che organizza tutta la vita nei suoi vari aspetti.

Non è più i tempo del manager nevrotico, oggi occorre trovare il modo di essere coerenti con quello che si è, e non con quello che si vorrebbe far apparire.

Per “giocare” la partita della vita occorre sapere chi siamo.

Potrà sembrare molto banale, ma è su queste banalità che ognuno di noi si confronta quotidianamente.

Ognuno di noi gestisce un processo organizzativo per migliorare la propria vita, e il manager deve cercare di migliorare la propria posizione organizzando gli altri.

Il benessere, nostro e di chi ci circonda, dipende principalmente dalla risposta che ognuno di noi vuole dare alla domanda “che manager vorrei essere”?

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Il feed back è un regalo

Incontrare il proprio “responsabile” per ricevere la valutazione delle proprie prestazioni, non è un’occasione di festa. 

In realtà, non tutti i manager sono proprio adatti a condurre questo tipo di incontri, e anche nel caso in cui siano abili, resta il fatto che la maggior parte delle persone si può sentire a disagio, per il solo fatto di essere messa, potenzialmente, sotto esame.

Eppure il feed back è un dono che solo gli altri ci possono dare (capi, partner, figli, amici, ecc.).

Con quale stato d’animo ci predisponiamo a ricevere un feed back?

Come, un ritorno non proprio “piacevole“, influenza le nostre azioni?

Le nostre reazioni possono influenzare in modo positivo, o negativo, la relazione tra donatore e ricevente il feed back, soprattutto in chi non è capace di separare la persona dal problema.

Se pensiamo al feed back come a un regalo, dobbiamo sapere come aprirlo: ci sono persone che esprimono la propria gioia qualunque regalo ricevano, e altre che non riescono a mascherare la propria delusione nel non veder soddisfatte le proprie aspettative, inibendo, di conseguenza, colui che potrebbe, a questo punto, smettere di farci regali.

Se siamo persone che chiedono un feed back, o alle quali gli altri vogliono darlo in dono a prescindere, e anche se non è facile ricevere delle “critiche”, ricordiamoci che, una volta calmato il nostro cuore, avremo la possibilità di conoscere come gli altri, a torto o ragione, ci vivono e, se vogliamo, cominciare a cambiare, modificando quelle “abitudini” e quei “comportamenti” che riteniamo di dover e voler migliorare

Sarò sempre grato a chi mi ha aiutato a comprendere che l’esuberanza, per quanto dimostrazione di energia positiva, potrebbe interferire con la possibilità essere percepiti come veri esperti, così come l’essere troppo diretti, potrebbe imbarazzare la controparte; e questo anche se, devo ammettere, a volte non ho dato soddisfazione immediata al mio donatore.

Certo non è facile sentire ciò che non ci piace sentire, soprattutto se proviene da qualcuno di cui avremmo da dire, e non è facile trattenersi dal replicare.

Ammetto di averlo fatto più volte, rischiando di perdere il dono del feed back, ma fortunatamente la vita è generosa e, pur cambiando interlocutori e circostanze, se non cambiamo noi, certi feed back, ineluttabilmente, ritornano.

Certo abbiamo la possibilità di scegliere se ricevere, o no, un feedback. 

Non dico che si debba essere d’accordo con tutto quello che ci si sente dire, a volte certi interlocutori vanno abbondantemente sopra le righe, ma arrestare il feedback, equivale al rischio di rinunciare a conoscerci per come siamo,  e non per come, a volte erroneamente, pensiamo di essere.

Come fa un responsabile vendite a gestire un team di vendita?

Come fa un responsabile vendite a gestire un team di vendita?

A differenza delle discipline aziendali tradizionali come la finanza, il marketing o il management in generale, le scuole aziendali offrono pochi corsi sulla gestione delle vendite.

Per quanto alcune aziende cercano di sopperire offrendo programmi completi per la gestione delle vendite, la realtà è che la maggior parte dei manager delle vendite sono costretti a imparare attraverso l’esperienza.

Molto spesso i responsabili commerciali sono ex professionisti delle vendite che vengono promossi a manager con poca, o nessuna, formazione su come gestire un team.

Gestire un team di vendita è probabilmente una delle posizioni più difficili in azienda.

Richiede un set di competenze quali il reclutamento e l’inserimento di venditori, la gestione della pipeline di vendita, il coaching e l’affiancamento, previsioni di vendita e analisi delle prestazioni, leadership e motivazione.

In molte organizzazioni i responsabili commerciali sono, peraltro, chiamati a vendere, oltre a dover gestire professionisti della vendita che, per loro natura, sono indipendenti e, quindi, poco propensi a fare gruppo con gli altri venditori e a relazionarsi con il loro manager.

Le aziende, comunque, continuano a pensare che un ottimo venditore possa essere un buon responsabile vendite, ma questo raramente è corretto.

Così come tanti bravissimi calciatori diventano allenatori mediocri, molti grandi venditori hanno difficoltà a gestire con successo un team di vendita, soprattutto se sprovvisti di un’adeguata formazione.

Vendere richiede essenzialmente capacità nella prospezione, nel saper ascoltare – comunicare – gestire le obiezioni, nell’ottenere l’impegno del cliente e costruire una relazione che duri nel tempo.

Gestire un team richiede saper assemblare una squadra e definirne obiettivi e priorità, monitorare le prestazioni e favorire lo sviluppo, gestire opportunamente le attività di management, coaching e leadership.

Purtroppo non tutti i responsabili vendite sono posizionati per avere successo, immersi e oberati soprattutto da attività di reporting e controllo, dal dover gestire le distonie e i conflitti interni al gruppo, e dal dover far di conto con i tassi di rotazione e le scarse prestazioni dei venditori.

E questo è proprio un peccato.

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Il Sales Manager come leva per la crescita del venditore

Un sales manager (direttore vendite, team leader, responsabile di agenzia, coordinatore d’area) ha a che fare con le esigenze dei venditori e del top management.

Deve nutrirsi delle informazioni essenziali, a monte e a valle, e deve saper rispondere il più possibile in tempo reale; per questo necessita di un ruolo strutturato.

È difficile supportare un venditore quando questi è in confusione o demotivato.

Buona parte  dei sales manager  siano essi legati al settore finanziario – assicurativo, piuttosto che all’automotive o ai servizi, attuano perlopiù un coaching indirizzato a risolvere urgenze e problemi immediati, dando vita a conversazioni frettolose, dedicandosi raramente un programma di medio lungo periodo che aiuti le proprie risorse a strutturare quello che dovrebbero fare durante il corso di un giorno, di una settimana, di un mese e di un anno.

Un responsabile commerciale ha bisogno di una formazione che gli permetta di interagire con venditori e management in modo efficace, fornendo quel “valore” che gli altri si aspettano da lui.

Quante volte ha bisogno di incontrare le proprie persone?

Qual è lo scopo di ogni riunione?

Quando affrontare questioni con il singolo piuttosto che col gruppo?

Come strutturare le differenti interazioni (apertura, obiettivi intermedi, chiusura)?

Che lo si creda o no, che lo si accetti o meno, molti responsabili delle vendite avrebbero bisogno di un manuale operativo che li aiuti  a definire il loro lavoro nello specifico (step by step) orientandoli nel raggiungere i risultati desiderati.

Certamente si occupano e sono coinvolti nelle attività dei propri venditori, ma, spesso, non incidono nell’ottenere risultati migliori.

Spronare e sostenere sono attività importanti, proprio come fornire un metodo ripetibile e assistere le proprie persone nel suo apprendimento e nella sua implementazione, pur riconoscendo che non è possibile gestire tutti i fattori.

Se chiedessimo a un sales manager qual è la sua principale responsabilità avremmo quasi sempre una risposta simile a questa “assicurarmi che i miei venditori raggiungano il budget”.

E se gli chiedessimo cosa guarda il venerdì pomeriggio, piuttosto che nel w.e. o il lunedì mattina ci accorgeremmo che “guarderà relazioni e singoli report di vendita”.

È possibile gestire le performance storiche?

Ovviamente no.

In realtà i dati sono necessari come indicatore, ma un sales manager (direttore vendite, team leader, responsabile di agenzia, coordinatore d’area) deve cercare di gestire, e influenzare, i propri venditori affiancandoli, indirizzandoli sul cosa (e come) fare e dire durante una telefonata al cliente o durante una trattativa, aiutandoli costantemente nell’affinare un metodo ripetibile che permetta loro di “colpire” il proprio target e raggiungere il fatturato.

In altre parole un sales manager può gestire unicamente le attività delle proprie persone, non i loro risultati, e questo, per la maggior parte dei responsabili vendite, è un concetto liberatorio.

Ci sono talmente tante complessità, e rumori, nel mondo di un responsabile commerciale, che semplificare è l’unico modo che ha per concentrarsi su ciò che può realmente gestire.

Questo gli permetterà di superare la frustrazione e migliorare la fiducia nelle cose che fa, perché sa che avranno un buon impatto.

Inoltre le sue persone migliorano direzione perché hanno un coach che si concentra sul trasferire loro metodi, e tattiche, che le aiuteranno a raggiungere risultati di vendita migliori.

Una formazione che integri gli schemi tradizionali della leadership e del coaching, ha bisogno di metodi, supporti e concetti semplici, capaci di garantirne la coerenza e il giusto impatto.

La semplicità è quasi sempre il mezzo più efficace per gestire ciò che è possibile gestire.

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I Sales Manager non sono tutti uguali!

Così come esistono diverse tipologie di venditore, non può esserci un solo prototipo di Responsabile Vendite.

Ci sono venditori che gestiscono un piccolo numero di di grandi clienti, altri che supervisionano centinaia di clienti e prospect. 

In genere queste diverse modalità di vendita richiedono strumenti e competenze differenti.

Questa distinzione vale anche per i sales manager (direttori vendite, al team leader, responsabili di agenzia, coordinatori d’area). 

Gestire venditori che hanno a che fare con pochi grandi clienti, significa aiutarli strategicamente, intervenendo anche direttamente, nello sviluppare e dare esecuzione a un piano di lungo termine.

Gestire venditori che hanno circa 200 clienti in un’area estesa, e in cui la priorità è lo sforzo di vendita, potrebbe richiedere un aiuto differente, da appositi cicli di richiamo, a un piano per coprire il territorio.

Anche se molte organizzazioni hanno la propria strategia di segmentazione, spesso vi è una mancanza di follow-up tra i sales manager (direttori vendite, team leader, responsabili di agenzia, coordinatori d’area) e le loro risorse di vendita, con la conseguente difficoltà nel determinare se le attività procedono, o meno, secondo il “modello” desiderato.

Le attività legate al sales management che possono richiedere differenziazione nella gestione, e quindi nella formazione del sales manager, sono sicuramente

  • Account Management (gestione clienti principali – importanti)
  • Gestione del Territorio
  • Gestione delle opportunità
  • Gestione del contatto

Account Management – I grandi Clienti offrono, in genere, molteplici opportunità per un venditore, e richiedono una maggiore pianificazione. Supportare un venditore che ha un numero ristretto di grandi clienti, non necessita di segmentazione, o di cicli di chiamata differenziati. La principale attenzione sarà allineare strategicamente le proprie soluzioni con gli obiettivi del Cliente, cercando di sviluppare il maggior numero di relazioni qualificate con il management la controparte.

Una formazione specifica potrebbe riguardare

  • Interagire con le diverse unità di business;
  • Generare iniziative strategiche per le differenti business unit;
  • Conoscere le controparti qualificate e il “legame-sistema di relazione” tra di loro;
  • Modulare piani d’azione utili a generare opportunità in ogni business unit.

Gestione del Territorio – necessaria quando per il venditore (dato l’elevato numero e la dislocazione) non è possibile trattare nello stesso modo tutti i clienti. 

Metodi di segmentazione e di gestione delle priorità sono elementi formativi manageriali critici e possono riguardare

  • Riconoscere i Clienti ai quali assegnare la priorità;
  • Realizzare script e schemi per il contatto (chiamata, sales letter, ecc.);
  • Controllare l’esecuzione del contatto secondo il format desiderato.

Gestione delle opportunità – necessaria per perseguire offerte che richiedono più interazioni, e quindi più tempo, per chiudere la vendita. 

La gestione delle opportunità non è legata alla transazione, ma al processo di acquisto e al suo impatto con la soluzione offerta.

Gli elementi formativi manageriali critici possono riguardare

  • Allineare il processo di vendita con il processo di acquisto;
  • Definire tappe e attività per ogni fase del processo di vendita;
  • Sviluppare le competenze necessarie per presidiare il cliente nelle diverse fasi.

Gestione del contatto – quando ogni telefonata, mail, contatto è importante per l’esito della trattativa e ogni interazione è sensibilmente diversa da giustificarne una pianificazione. 

A seconda del processo presieduto occorrono competenze e strumenti per poter gestire il team in modo appropriato.

Se una formazione tuttologa non funziona per i venditori, non funzionerà per i vari responsabili commerciali (direttori vendite, al team leader, responsabili di agenzia, coordinatori d’area).

L’obiettivo è offrire ai sales manager una formazione che permetta loro di eseguire al meglio, giorno per giorno, le attività utili a raggiungere i risultati personali, del team e aziendali.

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Management delle vendite leva di sviluppo trascurata?

Per un sales manager la routine è rappresentata dai pesanti sforzi dedicati allo sviluppo dei propri venditori, i migliori dei quali saranno prima o poi promossi al ruolo di team leader e così via.

Dal canto loro molti venditori lottano per avere successo e diventare manager.

Trasformare ottimi venditori in manager mediocri è una bizzarria, e per quanto questo venga quasi sempre confermato dagli addetti ai lavori, la conclusione a cui si giunge, quasi immediatamente, è che non si può fare altrimenti.

Il problema della maggior parte delle aziende è avere “team leader, supervisori e sales manager” nominati, ma trascurati e mal supportati, e la cui formazione è spesso distante dalla realtà quotidiana.

Non è solo una questione concettuale, esiste una “correlazione significativa” tra come i sales manager vengono formati e i risultati di vendita del loro team; in altre parole chi meno investe nello sviluppo e nella formazione dei propri sales manager, ha un ritorno di vendite inferiore, rispetto a chi lo fa.

Per avere di più dalla forza vendita, la soluzione non è solo quella di riqualificare i venditori, ma formare e qualificare i propri responsabili vendite (dal responsabile d’agenzia, al coordinatore d’area, al responsabile di distretto).

La formula è abbastanza semplice: “se si allena un venditore si migliora il venditore, ma se si allenano team leader, supervisori e sales manager è possibile migliorare tutto il team”.

Ma perché il management delle vendite viene trascurato come leva di sviluppo?

Da sempre la strategia è quella di migliorare le prestazioni dei venditori intervenendo sulle competenze legate

  • al fare presentazioni di grande impatto
  • alle soft skills indispensabili
  • al negoziare

Sicuramente, se pensiamo al venditore, la strategia è adeguata.

Tuttavia, i responsabili commerciali (dal direttore vendite, al team leader, dal responsabile di agenzia, al coordinatore d’area) sono il punto di forza, o debolezza, per qualsiasi cambiamento in una forza vendita,  essendo il supporto necessario per motivare e rafforzare le competenze nelle proprie persone.

Se la formazione può predisporre e indirizzare, è con il proprio manager che il venditore deve camminare, applicare, migliorare, realizzare.

Tuttavia, i numeri ci dicono che le aziende che investono nella formazione alle vendite, sono più orientate ad allenare i propri venditori, piuttosto che i sales manager, come se non avessero più nulla da imparare.

A questo aggiungiamo che, nella migliore delle ipotesi, i sales manager frequentano la stessa formazione dei loro team di vendita, anche perché, a quanto pare, sono loro stessi i primi a non chiedere una formazione su misura.

Oggi la maggior parte della formazione legata al sales management rientra essenzialmente  in due categorie: leadership o coaching

Entrambe decisamente importanti (la Leadership può influenzare una visione, e il Coaching può rigenerare venditori sottotono) hanno però poco a che fare con ciò che, quotidianamente,  i manager delle vendite (direttori vendite, al team leader, responsabili di agenzia, coordinatori d’area) devono affrontare per gestire, e spronare, i venditori nel raggiungere i risultati di vendita.

Questo ci può far riflettere che ci possa essere un problema nell’offerta formativa, il che può giustificare, in qualche modo, la mancanza di domanda da parte dei direttori vendite.

Quella che sembra mancare è una proposta di valore che vada oltre le due categorie appena descritte.

Buona parte della formazione indirizzata alla leadership si concentra su come “personalizzare” il rapporto con il singolo (in base all’abilità, alla personalità, ecc.); la leadership situazionale, aiutando i manager nel definire qual è il tipo di coaching più appropriato per ogni componente del team, ne è l’esempio

Questo approccio è senza alcun dubbio molto utile, ma non riguarda specificatamente la vendita e non interviene direttamente nella maggior parte dei “temi di conversazione” che i sales manager hanno, ogni giorno, con le loro persone.

Sales e business coaching sono un valido allenamento che orienta al migliorare la componente interpersonale nelle interazioni capo-collaboratore, offrendo  linee guida pratiche su come responsabilizzare e ottenere un follow-up riguardo alle prestazioni. 

Anche in questo caso non siamo in presenza di un’attività specifica per le vendite, sempre che il coaching non rappresenti una componente aggiuntiva in un più ampio programma di formazione finalizzato ad allenare le abilità specifiche, come le capacità di prospecting, presentazione, cold calling e trattativa.

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Efficacia commerciale

I recenti studi di due gruppi mondiali, il primo specializzato in ricerche di mercato, consulenza e organizzazione, il secondo leader tra le società di advisory, giungono a conclusioni diverse.
Il primo afferma che chi ha cambiato fornitore lo scorso anno (oltre il 60% dei clienti) lo ha fatto a causa di una scarsa relazione col vecchio, ovvero per un miglior rapporto con il nuovo, e tra le sue conclusioni vi è l’invito alle aziende a insegnare ai propri venditori come sviluppare capacità relazionali.
Il secondo afferma invece che le aziende che scommettono sul migliorare il sistema di relazione, per giungere a una maggior conquista e fidelizzazione dei clienti, si sbagliano.
Bello vivere di certezze, soprattutto quando si confondono le competenze di vendita, con le competenze professionali.
Ma allora le aziende non hanno bisogno di sviluppare le competenze relazionali?
Naturalmente si, anche se insieme a queste devono sviluppare anche le qualità di vendita del proprio team, formalizzare e ottimizzare i processi commerciali, sviluppare il proprio management delle vendite coerentemente ai cambiamenti in atto.

Che si tratti di vendita consultiva, o di solution selling, dobbiamo ricordare che approccio e metodologia sono solo una parte della vendita.
Senza un processo e un modello di vendita, nessuna metodologia funzionerà al meglio.
Ecco perchè sono un grande sostenitore del principio che è necessario conoscere se stessi e le persone con cui lavoriamo, per determinare se si hanno le persone giuste per dar vita alle proprie strategie e per vendere con efficacia in questa nuova economia.

Abbiamo maturato esperienze  con reti di vendita in differenti settori (finanziarie, bancarie, assicurative, automotive, manifatturiere, telecomunicazioni, energia, ecc.).

Avete richieste su come “influenzare a una maggiore efficacia la vostra forza vendita“? contattateci